L’ora di religione non vale come credito formativo

L’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti o dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato Italiano non assicura identicamente la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni (islamica, ebrea, cristiane, di altro rito) ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione.

L’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti o dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato Italiano non assicura identicamente la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni (islamica, ebrea, cristiane, di altro rito) ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione. Pertanto, le Ordinanze Ministeriali nn. 26/07 (“Istruzioni e modalità per lo svolgimento degli Esami di stato nelle scuole statali e non statali - a.s. 2006/07”) e 30/08 prot. 2724 (“Istruzioni e Modalità per lo svolgimento degli Esami di Stato”) si pongono in radicale contrasto con la lettera c) dell'articolo 9 della legge 121 del 1985, per il quale l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non può "dar luogo ad alcuna forma di discriminazione".

Lo ha stabilito il Tar del Lazio, con la sentenza n. 7076 del 17 luglio 2009, con la quale i ricorrenti hanno ottenuto l’annullamento delle suddette ordinanze nella parte in cui si prevede che i docenti che svolgono insegnamento della religione cattolica partecipino a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernente l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento.

L'insegnante di religione ha certamente pari dignità rispetto agli altri docenti, ma partecipa a medesimo titolo degli altri alla determinazione complessiva della valutazione degli studenti, solo ed esclusivamente nel caso in cui il suo parere sia necessario (e quindi determinante) per la decisione circa la promozione o la bocciatura dello studente”.

La disciplina legislativa (in particolare il decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297) e la costante prassi amministrativa stabiliscono che l'insegnamento della religione cattolica non deve comparire sulla scheda di valutazione, bensì sulla speciale nota in luogo dei voti; è, quindi, evidente che le disposizioni impugnate, nel prevedere che gli insegnanti di religione cattolica “partecipino a pieno titolo” alla decisione sul credito scolastico, si pongono in evidente contrasto con le suddette fonti normative.