La sfida di Maria Chiara [Carrozza]

Giancarlo Cerini



Nello scenario di Ischia

Apparentemente fragile, ma decisa; forse neofita, ma già “navigata” tra i meandri dell'alta burocrazia dell’ammiragliato del MIUR… così è apparsa il Ministro dell’Istruzione (…e dell’Università e Ricerca, e la precisazione non è di poco conto) Maria Chiara Carrozza, intervenendo nell’ultima sessione della quattro giorni di “summer school” (24-27 luglio 2013) organizzata ad Ischia da Tecnodid/formazione.

Già gli autorevoli interventi dei giorni precedenti (dal vice di Confindustria Ivanhoe Lo Bello al segretario generale di Cisl Scuola “Ciccio Scrima”, dal neo Capo-Dipartimento Istruzione Luciano Chiappetta al vice-procuratore della Corte dei Conti Sergio Auriemma) avevano elevato il tono politico-istituzionale del meeting che, comunque, ha mantenuto il suo classico profilo culturale e formativo. Si è ragionato, infatti, attorno a questioni cruciali, quali:

  • gli scenari istituzionali in cui collocare una scuola che vuole recuperare la sua vocazione di comunità,
  • l'apprendimento e la didattica (alla ricerca di una definizione sostenibile e non bizantina di competenza),
  • le nuove tecnologie e l'insegnamento (al di la delle mode di stagione),
  • la valutazione (in ottica di miglioramento e di rendicontazione sociale).

La novità è che di questi temi hanno parlato certamente accademici autorevoli, ma soprattutto i rappresentanti di sette reti di scuole, che in ben 9 workshop hanno fatto toccare con mano l’innovazione possibile. Di qui il titolo non supponente di “L'innovazione siamo noi”. Si è visto che nella scuola reale già ci sono le buone pratiche (...utili fughe in avanti…le ha definite il Ministro…) che possono far da traino a tutto il sistema.

Questo spirito di riforme “bottom up” (dal basso verso l’alto) è stato colto con molto interesse dal neo-ministro Carrozza, che è intervenuto dopo le sintesi del convegno curate dal coordinatore della sessione Giancarlo Cerini e poi attraverso un fitto dialogo con i “costruttori di rete”[1] presenti al seminario.

 

La “vision” del Ministro

Ma quali sono stati i punti forti ripresi dal Ministro nel suo Report ischitano sullo stato di salute della scuola italiana? Per la sua ideale scaletta Maria Chiara Carrozza ha scelto tre concetti di sfondo (tecnologia/digitale, valutazione/risultati, istruzione/lavoro) e quattro obiettivi di medio termine (edilizia, precariato, formazione dei docenti, risorse). Vediamoli un po’ più nel dettaglio, attraverso una versione dell’intervento che non è strettamente letterale, perché contiene qualche elemento “romanzato”, di cui chiedo in anticipo venia ai lettori e soprattutto al Ministro (i fraintendimenti sono solo miei).

 

Il “nuovo mondo” digitale

Il punto d’avvio è stato il digital divide, il ritardo enorme della nostra scuola (ma anche del nostro paese) nei confronti delle nuove tecnologie. È un distacco –ora certificato anche dal recente Report dell’Ocse- nei confronti dei nostri competitor europei (li raggiungeremo mai, con i nostri ritmi?), ma soprattutto rispetto ai nostri ragazzi che vivono immersi nella galassia post-gutemberghiana.[2]

Ma le tecnologie sono solo uno strumento –ha ricordato il ministro/ricercatore di micro-robotica – che possono certamente amplificare le capacità cognitive di ragazzi e adulti, facilitare l’accesso a nuove conoscenze, consentire relazioni e connessioni in più direzioni, ma resta fondamentale la dimensione culturale della scuola e dell’istruzione. L’incontro con i contenuti e i saperi del mondo riconferma il ruolo dell’istruzione pubblica, con i suoi valori di emancipazione e di equità. A Condorcet e alla rivoluzione francese è andata la citazione d’apertura del Ministro, quasi a ricordare gli obblighi di una istruzione “repubblicana” per garantire pari opportunità, ma anche scoperta dei talenti, eccellenza insieme a inclusione. Dunque il baricentro non è l’inseguimento degli ultimi gadget tecnologici, ma il progetto culturale della scuola, reso semmai più solido anche con il superamento dei ritardi nel digitale.

 

I tormenti della valutazione (e non solo)

Il secondo scenario si lega al tema caldo della valutazione, oggetto di discordanti punti di vista tra gli insegnanti, i dirigenti, le organizzazioni sindacali, l’amministrazione. Il timore di un “grande fratello docimologico” che tutto misura e tutto giudica è stato evocato, ma decisamente accantonato dal Ministro, in favore di una etica del render conto che deve valere per tutti (dagli allievi agli insegnanti, dalla scuoletta più periferica al Ministero/Ministro in prima persona).

La valutazione non deve avere una logica premiale (quella che porta a graduatorie, per premiare i migliori), ma deve consentire a tutti (insegnanti, allievi, scuole, decisori politici e amministrativi) di disporre di dati e informazioni utili per capire, per confrontarsi, per migliorarsi se necessario, per rendere un buon servizio al cittadino/contribuente.

Quanto mi costi, quanto mi rendi? È una domanda “dura”, ma che vale anche per la scuola,  a patto di non dimenticare i tagli di questi anni, dovuti anche all’erronea considerazione di calcolare i costi dell’istruzione come spesa e non come investimento. Su questo ribaltamento di prospettiva ha insistito molto il neo-ministro, ma già ce lo immaginiamo di fronte agli occhiuti guardiani dei conti pubblici del Ministero del Tesoro!

I fondi all’istruzione non arrivano per grazia ricevuta, perciò un efficace sistema di valutazione può essere di aiuto alle buone ragioni della scuola. Gli indicatori, però, si devono allargare ad aspetti rilevanti del funzionamento della scuola, ben oltre la misurazione degli apprendimenti in alcune discipline. E qui rimane del tutto aperta l'agenda della valutazione, con il ruolo dell'INVALSI, con le sue prove standardizzate: sono utili – ha ribadito il Ministro, citando la parallela esperienza ANVUR dell'Università – se consentono a ciascuno di capire gli effetti del proprio lavoro, di autovalutarsi, di retroagire sull'efficacia della propria didattica. E un indice di “successo” per la scuola è senz'altro rappresentato dalla raggiunta capacità di un ragazzo di misurarsi/inserirsi nel mondo del lavoro.

 

La chimera del lavoro (e della crescita)

Dalla scuola al lavoro (che non c'è) è stato il terzo vettore delle preoccupazioni espresse dal Ministro. Era un tema rimbalzato più volte nella scuola estiva, a partire dalle “cortesi” sferzate del vice di Confindustria (Lo Bello), che ha ricordato come la locomotiva tedesca sia capace di attrarre quasi un milione di giovani da tutta Europa, nonostante il tanto bistrattato modello duale tedesco dell'apprendistato formativo (metà tempo a scuola, metà tempo nel lavoro).

Secondo il Ministro è tutto il sistema dell'istruzione superiore italiana (e non solo dell'Università, perché ci devono essere altre filiere) a doversi mettere in movimento, a partire da una migliore connessione tra istruzione, università e ricerca (non a caso il Ministero è unico), da un più efficace orientamento “formativo”, che deve accompagnare tutto il percorso di crescita dei giovani, per stimolare empowerment, spirito di iniziativa, curiosità, creatività (“start up”, appunto, come il titolo del convegno).

Le competenze da promuovere nei ragazzi, analizzate di fino da autorevoli pedagogisti in molti work-shop, possono diventare l'anello di congiunzione tra la cittadinanza (concetto da non intendere in astratto) e il lavoro (che dà sostanza vera e dignità a quel concetto). Ma allora bisogna vederle nella loro componente di intelligenza, comprensione delle situazioni, applicazione consapevole. Insomma, la scuola deve promuovere abilità cognitive e sociali non routinarie e questo diventa un passaggio obbligato per l'innovazione della didattica e dell'organizzazione scolastica.

 

L'agenda di settembre

Le grandi visioni indicano la strada del futuro. Dietro le parole del Ministro si scorge un'idea di scuola che deve saper coniugare la tensione verso il nuovo, anzi l'ignoto (il virtuale, l'immateriale, i saperi diffusi) con la solidità della terra, della nostra identità, delle radici della nostra cultura. Cibo, arte, paesaggio sono “virtù” ancora spendibili per un futuro dal volto umano. Dove la nuvola (il cloud) dialoga con la terra, come ha ricordato Marco Orsi.

È giusto che ogni ministro esponga la sua vision, cercando di farsi portavoce di un bisogno condiviso di senso dell'istruzione. Già avevamo avuto modo di ascoltare lo scorso anno ad Ischia quella del Ministro Profumo.[3] Il problema, però, è la traduzione di una vision, più che rispettabile, in una concreta agenda di scelte politiche, di impegno di risorse, di buona gestione di quello che abbiamo, oltre che di contrasto alle emergenze. È qui che nascono le difficoltà, i passaggi stretti.

Per questo abbiamo parlato di “sfida di Maria Chiara”, quasi a ricordare l'impossibilità di questa sfida di fronte ai poteri forti (Golia) dell'Europa, delle corporazioni interne, degli apparati, di una certa insensibilità sociale verso il valore dell'istruzione pubblica. Riuscirà Davide (Maria Chiara) ad invertire la rotta di un sistema educativo che sembra farsi sempre più piccolo e povero (anche nei confronti internazionali) e con insegnanti sempre più sfiduciati?

Il nuovo Ministro si è presentato con alcuni sassolini per la sua fionda di settembre (se vogliamo continuare nella metafora):

a) un gruzzolo di milioni per rilanciare l'edilizia scolastica, mettere in sicurezza edifici ed anche - aggiungiamo noi – per tornare a costruire nuove scuole e rendere più belle quelle esistenti;

b) stabilizzare una quota di personale precario, a partire dall'incredibile vicenda dei posti di sostegno (dove però i giochi si potrebbero riaprire alla luce dello scenario più ampio dei BES-bisogni educativi speciali), ma provando a concretizzare l'organico funzionale di scuola e di rete...;

c) immaginare sistemi efficaci di formazione del personale (in un fuorionda il Ministro ha manifestato la sua perplessità verso forme logore di aggiornamento basato su formatori, piattaforme, schemi ripetitivi). E dalla “summer school” sono arrivate molte suggestioni per muoversi diversamente;

d) trovare forme gestionali capaci di attirare nuove risorse verso la scuola, attraverso fondazioni, fundraising, rapporti credibili con l'utenza, supporto degli enti locali... [ed è sembrato questo il nodo più grosso da sciogliere, perché rimanda ad un diverso rapporto tra cittadini e istituzioni, tra peso della fiscalità e qualità dei “beni pubblici”, tra sussidiarietà del sociale ed indispensabile ruolo della Repubblica].

La sfida è complessa, quasi impari, ma vale la pena di essere combattuta. E' per questo che si diventa Ministri, è per questo che non si dorme la notte (come ha confessato il Ministro). Ci vogliono coraggio, resilienza, tempo, ostinazione. Nonostante (o grazie alle) larghe intese. C'è comunque un “fare” da onorare, anche per la scuola. In bocca la lupo, signor Ministro!

 

P.S. In genere quando si vuole augurare lunga durata ad un membro del Governo si evoca il “panettone di Natale” (e così si guadagnano un po' di altri mesi di operatività). Ci permettiamo di augurare al ministro un buon “coniglio all'ischitana” (con bucatini annessi), così da rivederla, in perfetta forma, alla Summer School di Ischia 2014.

Giancarlo Cerini


[1] Il senso della partecipazione delle reti alla Summer School ed una prima radiografia del fenomeno “reti” si trova in G.Cerini, Beati i costruttori di rete, in www.notiziedellascuola.it (Tecnodid, luglio 2013).

[2] In occasione del convegno di Ischia 2013 è stato presentato il fascicolo III/2013 di “Voci della Scuola” (Tecnodid, luglio 2013, “A scuola con il digitale”), interamente dedicato ai risvolti educativi, didattici, gestionali della presenza delle nuove tecnologie nella vita della scuola.

[3] G.Cerini, La preview di Profumo, in www.notiziedellascuola.it (Tecnodid, luglio 2012).