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01/02/2019

Amministratori locali (ed eletti al Parlamento)

Mario Rossi

Analisi sistematica delle fonti

Per un corretto approccio al presente argomento, è bene partire dall'attenta lettura dell'art. 51 della Costituzione che testualmente stabilisce: "Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge... Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro .".

Il precetto costituzionale assume il valore di norma programmatica, che il legislatore si è fatto carico a più riprese di rendere operante ed effettiva. Gli interventi legislativi al riguardo vanno valutati con estremo rispetto ed applicati con grande scrupolo e senso di responsabilità, perché spesso il prezzo che si deve pagare nel mondo della scuola è tale che la letterale applicazione delle norme in materia, a favore del personale, specie docente, eletto a cariche pubbliche, facilmente si può tradurre, in un vero e proprio svuotamento dell'attività didattica con sacrificio di un altro diritto, pur esso sancito dall'art. 34 della Costituzione e che è il diritto all'istruzione. Sul punto è perciò intervenuto opportunamente l'art. 38 del CCNL 2007.

Prima di affrontare l'argomento, vale la pena analizzare il sistema delle fonti in materia.

La legge 12.12.1966 n. 1078, per i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici eletti a cariche pubbliche, aveva previsto a seconda del tipo di funzioni elettive a cui erano chiamati, la possibilità di essere collocati in aspettativa o di fruire di permessi retribuiti per l'esercizio del mandato. Gli artt. 31 e 32 della legge 20.5.1970, n. 300, validi per i dipendenti privati ma resi applicabili ai pubblici dipendenti già dall'art. 9 della legge 26.4.1974 n. 169, prevedevano in via generale, rispettivamente aspettative non retribuite e permessi non retribuiti in larg

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