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Documento Ministero della Salute 28.10.2021

Linee di Indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica.

A. INTRODUZIONE

L'esigenza di facilitare, sin dall'infanzia, l'adozione di idonee abitudini alimentari per la promozione della salute e la prevenzione delle patologie cronico-degenerative di cui l'alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio, ha spinto il Ministero della salute ad elaborare documenti di indirizzo [1] relativi alla ristorazione collettiva:

Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica, Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale, Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera pediatrica.

Il decreto legislativo n.50 del 18 aprile 2016: Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, all'articolo 144, comma 2, prevede che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, definisca e aggiorni le sopracitate linee di indirizzo.

 

Il presente documento quindi:

- aggiorna le precedenti versioni;

- si occupa al contempo della ristorazione scolastica e di quella ospedaliera e assistenziale che presentano problematiche comuni ed un'omogeneità operativa significativa;

- si articola in 5 principali capitoli, al fine di seguire un criterio di praticità e immediato utilizzo, ognuno dei quali è suddiviso in domande e risposte estremamente sintetiche, rimandando agli allegati gli ulteriori approfondimenti e il supporto scientifico;

- evidenzia le criticità ed i concetti ritenuti strategici per una corretta gestione del servizio di ristorazione.

 

Il razionale di partenza è costituito:

- dal ruolo occupato dalla ristorazione collettiva nell'attuale organizzazione della società italiana, considerato che rappresenta circa il 50% dell'intero comparto alimentare;

- dalle particolari criticità nello stato di nutrizione della popolazione scolastica e dei soggetti ospedalizzati o istituzionalizzati, rappresentate dalla prevalenza di malnutrizione per eccesso e/o per difetto particolarmente elevata;

- dal giudizio degli utenti sulla ristorazione collettiva, quasi sempre centrato sull'aspetto "alberghiero". Ciò ha fatto sì che, sia nell'utenza, sia nel management delle strutture di ristorazione collettiva e delle stazioni appaltanti, prevalessero considerazioni e convinzioni che prescindevano in buona parte dallo stato di salute dell'utente.

 

Sulla base di queste premesse, le linee di indirizzo sottolineano:

- il ruolo sanitario della ristorazione collettiva che, pur dovendo rispettare i gusti e le aspettative degli utenti, ha come scopo primario il miglioramento dello stato di salute della popolazione;

- l'importanza di far riferimento a modelli alimentari la cui validità è acclarata, respingendo con decisione mode del momento e convinzioni non adeguatamente supportate dalla letteratura scientifica qualificata.

 

B. RUOLO E FINALITÀ DELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA

 

BOX RIASSUNTIVO

Aspetti prioritari relativi a "RUOLO E FINALITÀ DELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA"

- la ristorazione collettiva ha un ruolo importante in ambito sanitario: rappresenta infatti uno strumento indispensabile nella prevenzione e nella cura delle malattie correlate con un alterato stato di nutrizione sia in ambito ospedaliero/assistenziale, sia in ambito scolastico;

- il servizio di ristorazione collettiva deve raggiungere un ottimale livello sia in termini di qualità nutrizionale, che di qualità sensoriale, unitamente alla progettazione di un'organizzazione efficiente del servizio;

- le trasformazioni sociali sempre più condizionano, fortemente e spesso negativamente, i comportamenti alimentari e le scelte fatte a tavola. I pasti erogati dal servizio di ristorazione collettiva possono invece costituire una grande opportunità, potendo assumere un ruolo educativo importante per incidere sulle scelte alimentari individuali e collettive, con effetti positivi nei confronti degli orientamenti, delle pratiche e della sostenibilità dei sistemi eco-agro- alimentari;

- i pasti erogati devono garantire prioritariamente i requisiti di food safety (sicurezza igienico- microbiologica) e di food security (apporto di energia e nutrienti adeguato alle esigenze dell'utente), adeguando al contesto le definizioni stesse, considerandole un insostituibile completamento dei percorsi di prevenzione e cura;

- la dieta mediterranea, così come emerso dalla concordanza delle evidenze scientifiche, risulta essere il modello alimentare più efficace e certamente più studiato nella prevenzione dell'obesità e delle malattie croniche non trasmissibili (malattie cardiovascolari e aterosclerosi, cancro, malattie dismetaboliche, depressione, deterioramento cognitivo);

- oltre alla ristorazione scolastica, ospedaliera e assistenziale, direttamente coinvolte in queste linee di indirizzo, è auspicabile che anche la ristorazione aziendale e commerciale adotti, per quanto possibile, le indicazioni contenute in questo documento;

- la scuola e in particolare la ristorazione scolastica assumono un ruolo fondamentale nel favorire l'inclusione e l'adozione di scelte salutari, riducendo i rischi e le disuguaglianze.

 

B1. Quale è il ruolo della ristorazione collettiva?

Prevalente, in quanto rappresenta uno strumento indispensabile nella prevenzione e nella cura delle malattie che oggi affliggono maggiormente la comunità.

In ambito ospedaliero (comprendendo anche le strutture di riabilitazione e le nursing home), come già segnalato anche nelle Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale e nel documento Food and nutritional care in hospitals: how to prevent undernutrition--report and recommendations of the commitee of experts on nutrition, food safety and consumer protection [2], la malnutrizione per difetto o per eccesso ha un'elevata prevalenza nei pazienti ricoverati. Tale prevalenza tende oltre tutto a peggiorare durante il ricovero. Ciò comporta:

- maggiori complicanze, tempi più lunghi di ricovero, impossibilità di ottenere risultati soddisfacenti;

- peggioramento della qualità di vita dei pazienti;

- ricorso ad interventi nutrizionali con integratori o nutrizione artificiale;

- giudizio negativo sulla qualità globale dell'assistenza da parte degli utenti;

- aumento dei costi assistenziali.

Nelle residenze assistenziali per anziani (RSA) le conseguenze della malnutrizione ed in particolare la sarcopenia, peggiorano la ripresa di autonomia e il recupero in salute, aumentano il rischio di complicanze (lesioni da pressione, infezioni, cadute con conseguenti fratture, peggioramento di preesistenti patologie cronico-degenerative, comparsa o peggioramento di depressione e apatia), la complessità gestionale, i costi sanitari e socio-assistenziali, mentre riducono le probabilità di rientro al domicilio. [3]

 

In ambito scolastico, la popolazione infantile è destinataria di un'offerta alimentare talvolta ricca e disordinata, che favorisce un rapporto casuale e distratto col cibo, nonché l'assunzione di tendenze e gusti sempre più omologati ed un incremento di rischio delle condizioni associate all'eccedenza ponderale. È pertanto cruciale che il servizio di ristorazione sia indirizzato non solo a fornire energia e nutrienti nelle giuste quantità e nelle giuste proporzioni, ma anche ad una corretta educazione alimentare indirizzata alla socialità, all'uguaglianza, all'integrazione, al consumo consapevole e sostenibile.

In ambedue i casi, il servizio di ristorazione collettiva, deve tendere al raggiungimento di un ottimale livello sia in termini di qualità nutrizionale, che di qualità sensoriale, unitamente alla progettazione di un'organizzazione efficiente del servizio. (Allegato 1)

 

Qualità nutrizionale

Il comportamento alimentare condiziona lo stato di salute. L'atto alimentare è un bisogno primario il cui fine è quello di permettere all'organismo di funzionare. La qualità di questo funzionamento è in relazione all'apporto calorico dei macro e micronutrienti e delle molecole bioattive contenute nei cibi. Priorità della ristorazione collettiva di qualsivoglia tipologia (ospedaliera, assistenziale, scolastica, aziendale, ecc.) è la sicurezza alimentare nel breve (prevenzione di avvelenamenti e tossinfezioni) e medio-lungo termine (prevenzione/trattamento di patologie croniche).

Ruolo di un servizio di ristorazione è anche quello di indirizzare i comportamenti alimentari degli utenti attraverso un'attenta strutturazione dei menu, di informare sulle scelte alimentari più idonee anche nel rispetto della stagionalità, di promuovere un corretto ed equilibrato completamento della giornata alimentare.

 

Qualità sensoriale

La proposta alimentare e le preparazioni culinarie dovrebbero essere strutturate in maniera tale da assicurare un'ottimale qualità sensoriale, prevedendo a tal fine come prioritaria la misurazione del livello di soddisfazione dell'utente. Ciò anche al fine di facilitare un adeguato introito alimentare e ridurre gli sprechi. La capacità degli operatori di elaborare e presentare le pietanze in modo gradevole diventa essenziale, insieme con la sensibilità di proporle in modo differenziato a seconda della fascia di popolazione cui sono rivolte.

 

Qualità globale

La ricerca della qualità globale del servizio, che contempli sia la qualità nutrizionale, sia la qualità sensoriale, necessita di:

- informazione degli utenti sulla distribuzione nell'arco della giornata e della settimana delle singole pietanze, sulle strategie di selezione delle derrate alimentari, sui controlli della qualità dei prodotti, sulle tecniche di cottura e di trasformazione delle derrate alimentari;

- formazione continua del personale che collabora a qualsiasi livello con il servizio di ristorazione: addetti alla produzione e alla somministrazione/distribuzione, personale che a vario titolo e nei diversi contesti interagisce con l'utenza (insegnanti, educatori, personale di assistenza, medici curanti, personale amministrativo). La conoscenza delle finalità del servizio, dei vincoli strutturali-organizzativi-economici e della sua organizzazione, è essenziale per ottenere una consapevole ed efficace collaborazione;

- efficienza organizzativa relativamente a:

- scelta del legame produttivo e distributivo da impiegare;

- aspetti merceologici degli alimenti e tecnologie usate per la trasformazione e lavorazione;

- verifica della coerenza tra menu e ricette, la resa gastronomica e la realizzabilità con la struttura operativa dedicata;

- scelta delle ricette in relazione al modello di trasporto e distribuzione delle portate;

- adeguatezza degli ambienti, delle tempistiche, del contesto organizzativo e relazionale in cui si consumano i pasti.

 

B2. Quali gli obiettivi prioritari e realizzabili da perseguire?

Gli obiettivi della ristorazione collettiva riguardano l'igiene degli alimenti, gli aspetti nutrizionali, le problematiche organizzativo/gestionali, la qualità certificata dei prodotti, la provenienza e l'origine del prodotto a dimostrazione del legame con il territorio (Tabella 1).

Nella pratica si riscontra una scarsa attenzione per tali obiettivi, che porta spesso a relegare il servizio di ristorazione in una posizione secondaria, al di fuori del "core business" aziendale/pubblico istituzionale, alla pari di quei servizi ritenuti "dovuti/obbligati", nei confronti dei quali si investe in maniera limitata, nonostante la proclamata centralità dello stato di salute/nutrizione dell'utente.

La lista delle priorità (per le quali nella Tabella 1sono fornite anche indicazioni sul peso relativo di ogni singolo item e un ordine d'importanza), consente la costruzione di strategie di ristorazione collettiva e la definizione di capitolati d'appalto, con effetti facilmente ed oggettivamente confrontabili.

È importante considerare che le priorità devono essere tutte rispettate e che, in particolare, gli aspetti economico/finanziari non possono incidere in maniera prioritaria sugli aspetti sostanziali pena la perdita del significato della ristorazione collettiva. Quello che può essere un vincolo (l'aspetto economico/finanziario) non può diventare l'obiettivo della ristorazione collettiva.

Gli obiettivi prioritari perseguiti dal servizio di ristorazione dovrebbero essere chiaramente esplicitati all'utenza ed all'opinione pubblica con specifiche, e facilmente reperibili, modalità comunicative (carta del servizio, dépliant, capitolati, siti web, ecc.).

Lo stato nutrizionale della popolazione (non solo scolastica o ospedalizzata/istituzionalizzata) è abbastanza critico (elevata prevalenza di malnutrizione per eccesso o per difetto) e ciò comporta importanti conseguenze sul piano clinico, funzionale e della qualità di vita. Oltre alla ristorazione scolastica, ospedaliera e assistenziale, direttamente coinvolte in queste linee di indirizzo, è quindi auspicabile che anche la ristorazione aziendale e commerciale adottino, per quanto possibile, le indicazioni contenute in questo documento, tenendo conto delle specifiche esigenze delle singole categorie lavorative.

 

B3. Come trasformare il momento pasto in un momento di educazione alimentare?

Il servizio di ristorazione eroga giornate alimentari complete (ricoveri ospedalieri ordinari) o parziali (scuola: pranzo e talvolta spuntino di metà mattina e merenda pomeridiana; day hospital: colazione talvolta e pranzo). Il comportamento alimentare degli utenti si muove tra quanto proposto dal servizio e alimenti portati da casa o acquistati in loco. Sia il rifiuto di quanto offerto, sia l'assunzione di cibi non integrati nella corretta programmazione del servizio o di doppie porzioni, portano a risultati spesso nutrizionalmente non adeguati, con notevole incidenza di sprechi e di potenziali rischi igienici. D'altro canto, le trasformazioni sociali e culturali condizionano sempre più e, spesso negativamente, i comportamenti alimentari e le scelte fatte a tavola. A tale riguardo, ad esempio, vanno considerate:

- velocizzazione della preparazione dei pasti e impiego di convenience food, che si manifesta nella ricerca e nel consumo di alimenti ready to cook e ready to eat (es. prodotti di quarta e quinta gamma pronti al consumo). In quest'ottica, la scelta alimentare privilegia quei prodotti ad un alto contenuto di servizio perché adatti ad essere consumati istantaneamente rispetto agli alimenti freschi, che però necessitano di una preparazione;

- destrutturazione della giornata alimentare, che si manifesta frantumando il ritmo tradizionale tipico della dieta mediterranea. Si moltiplicano così le occasioni di consumo istantaneo (snacking) e sregolato di alimenti reperibili in ogni ora del giorno, in ogni stagione, in ogni situazione e con un impatto ambientale negativo;

- diffusione dei pasti fuori casa, con la ristorazione sociale e commerciale, che delega alle aziende di gestione pubbliche e private il compito di scegliere e proporre qualità, abbinamenti e porzionature dei cibi di tutti i giorni, accentuando nei fruitori un'inevitabile riferimento a modelli di consumo e di stili alimentari diversi dal modello mediterraneo (che include oltre ad aspetti dietetici, fattori socio-ambientali come il clima, la stagionalità dei cibi, la convivialità, ecc.)[4]

Si moltiplicano pertanto le occasioni e i contesti di vita nei quali il cibo fa il suo ingresso e tutto ciò rende difficile conciliare le regole di una corretta alimentazione con la quotidianità.

I pasti erogati dal servizio di ristorazione possono costituire una grande opportunità potendo assumere un ruolo educativo di fondamentale importanza (Allegato 2)

Il consumo dei pasti da parte degli alunni a scuola si realizza nel corso di diversi anni scolastici e costituisce, pertanto, una condizione particolarmente favorevole per promuovere, con continuità, interventi di educazione alimentare. La strategia da adottare è quella dell'educazione ad una sana alimentazione integrata con il curricolo di istituto, come aspetto trasversale alle competenze disciplinari e di cittadinanza.

Anche la ristorazione ospedaliera può assumere un ruolo educativo utile alla prevenzione delle malattie cronico-degenerative e al trattamento delle diverse forme di malnutrizione. Questa sensibilizzazione può aver luogo anche nei pochi giorni della degenza ospedaliera.

Il confronto con gli operatori sanitari ed in particolare con professionisti competenti in ambito nutrizionale, così come la comprensione delle regole per una corretta alimentazione, possono avere un ruolo importante nell'informazione ai pazienti ed eventualmente ai loro familiari.

La ristorazione collettiva può svolgere un importante ruolo educativo coinvolgendo gli utenti e le loro famiglie anche in un'azione di contrasto alle tante notizie fantasiose e fuorvianti che circolano sul web[5]. Gli utenti debbono essere a tal fine informati sull'importanza della ristorazione collettiva come momento di educazione alla corretta alimentazione (entità delle porzioni, frequenza di consumo), al valore del cibo, all'uguaglianza e allo scambio.

 

Il personale docente della scuola e quello sanitario ospedaliero possono utilizzare l'organizzazione dei pasti e le scelte alimentari dei menu proposti per:

- stimolare la curiosità verso cibi o preparazioni culinarie innovative;

- favorire il consumo di alimenti non abitualmente presenti sulla tavola dell'utente;

- ridurre il ricorso a cibi troppo frequentemente consumati e favorire l'accettazione di piatti e sapori alternativi, stimolando il ricorso a menu il più possibile variati;

- abituare gli utenti a porzioni adeguate alle proprie esigenze.

Tutto ciò al fine di facilitare l'acquisizione di un comportamento alimentare corretto ed equilibrato. (Allegato 3)

In allegato, vengono riportati alcuni aspetti ai quali è necessario prestare particolare attenzione per trasformare il momento del pasto in un momento di educazione alimentare (Tabella 2) e una proposta operativa da sviluppare in ambito scolastico [6] (Tabella 3 e Tabella 4) che possono essere applicati anche al contesto ospedaliero (Tabella 5).

 

B4. Che pasti fornire e a chi?

Il pasto in ospedale e nelle strutture assistenziali deve prioritariamente garantire i requisiti di food safety (sicurezza igienico-microbiologica) e di food security (apporto di energia e nutrienti adeguato alle esigenze dell'utente), adeguando al contesto le definizioni stesse, considerandole un insostituibile completamento dei percorsi di prevenzione e cura.

In particolare il vitto per i degenti e gli ospiti delle strutture deve:

- garantire gli apporti consigliati dai Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN)[7], considerando gli aumentati fabbisogni (soprattutto proteici) legati alla malattia e all'ospedalizzazione;

- proporre un'offerta strutturata in tre pasti principali e, per raggiungere gli apporti necessari, 1 o 2 spuntini;

- ruotare i menu in relazione alla durata media della degenza, differenziando le strutture per acuti (rotazione su 2 settimane), da quelle riabilitative/lungo degenza (rotazione su 4 settimane);

- rispondere alle richieste e alle necessità della popolazione ricoverata, così da ridurre al minimo le rielaborazioni, che devono comunque essere possibili in presenza di necessità cliniche o istanze culturali;

- prevedere un vitto comune ispirato alla stagionalità e alle tradizioni locali, con scelta tra almeno due alternative per portata e piatti fissi, tale da garantire apporti medi giornalieri di 2000 kcal e 80 grammi di proteine (+ 10%);

- comprendere diete standardizzate a composizione bromatologica nota;

- fornire almeno le seguenti diete standard: iposodica, ipocalorica, ipoproteica, senza glutine, a ridotto apporto di fibre e lattosio, ad alta densità nutrizionale, di rialimentazione. Non è peraltro opportuno eccedere nel numero di diete standardizzate spesso non giustificate scientificamente che rendono inutilmente complicato il lavoro per la cucina;

- prevedere la possibilità di prescrivere, da parte di personale esperto (dietista, medico specialista), diete ad personam, che prevedano grammature e/o alimenti e/o modalità di allestimento specifiche.

Il pasto per i dipendenti, redatto sulla base del vitto comune per i degenti, può prevedere integrazioni che aumentino la fruibilità in termini di varietà e sensorialità ma deve comunque essere strutturato tenendo conto della valenza educazionale: promozione di sani stili di vita, sostenibilità cibo correlata.

 

Il pasto a scuola, rappresenta una parte importante della giornata alimentare dei bambini e dei ragazzi, e garantisce circa il 35% del fabbisogno giornaliero degli apporti consigliati dai LARN.

In particolare, il servizio di ristorazione scolastica deve:

- differenziare per quanto possibile le porzioni in relazione all'effettiva età del commensale;

- proporre anche piatti "unici" (cereali e legumi, patate e carne, cereali e pesce con contorno e frutta) e non solo pasti divisi nelle portate principali (primo, secondo, contorno, frutta);

- incentivare il consumo di ortaggi (verdura), meglio se freschi, proponendoli sia come contorno, sia come ingredienti all'interno di primi e secondi piatti, crudi e/o da sgranocchiare come "entrée" o tra le due portate principali;

- incentivare il consumo di legumi, in particolare come parte di un piatto unico;

- incentivare il consumo di frutta fresca come snack a merenda (mattutina e pomeridiana);

- consentire agli alunni l'espressione dei propri "gusti" in relazione ai condimenti, evitando rigidità nel proporre spezie o aromi eventualmente non graditi;

- far ricorso all'olio d'oliva, preferibilmente extra-vergine, quale condimento e nelle preparazioni culinarie;

- contingentare l'uso del sale, preferendo comunque quello iodato;

- evitare il "bis" dei primi e secondi piatti, con un adeguata formazione del personale mensa e degli insegnanti che accompagnano gli alunni alla mensa;

- fornire pasti che tengano anche conto delle abitudini e tradizioni locali e della stagionalità con rotazione dei menu su base mensile;

- prevedere la possibilità di pasti specifici per determinate condizioni cliniche (allergie/intolleranze) o esigenze etiche/culturali/religiose;

- prevedere un minimo di alternative/varianti ai vari piatti con equivalenti caratteristiche nutrizionali.

In tutti i casi, sia in ospedale che a scuola, la partecipazione dell'utente alle scelte proposte dal servizio di ristorazione può rappresentare un utile contributo al miglioramento della qualità e, se opportunamente guidato, un efficace strumento di educazione alimentare per tutta la famiglia.

 

B5. È il modello mediterraneo il riferimento per la ristorazione collettiva in Italia?

La dieta mediterranea, che comprende sia il regime alimentare che lo stile di vita, è, come emerso dalla concordanza delle evidenze scientifiche, il modello più efficace, oltre che più studiato, nella prevenzione dell'obesità e delle malattie croniche non trasmissibili (malattie cardiovascolari e aterosclerosi, cancro, malattie dismetaboliche, depressione, deterioramento cognitivo).

Il modello mediterraneo è caratterizzato, per quanto riguarda gli alimenti, dalla grande prevalenza di prodotti d'origine vegetale (cereali o tuberi, frutta, ortaggi, legumi, oli) e dal ponderato, equilibrato e indispensabile apporto di prodotti di origine animale (latticini, pesce, uova e carni prevalentemente bianche) a necessario complemento ed integrazione.

L'elevato apporto di prodotti d'origine vegetale contribuisce ad abbassare la densità energetica della dieta, assicurando al contempo un adeguato apporto di nutrienti, quali acidi grassi mono e polinsaturi, carboidrati complessi, molecole bioattive.

La tendenza, in particolare tra i più giovani, ad abbandonare la dieta mediterranea ha coinciso, non a caso, con l'aumento della prevalenza di malattie cronico-degenerative, anche in età pediatrica, collegate in particolare alla malnutrizione per eccesso.

L'adozione del modello mediterraneo nella ristorazione collettiva può pertanto svolgere un duplice ruolo: da un lato può aiutare a migliorare lo stato nutrizionale degli studenti, dei pazienti e dei dipendenti; dall'altro, può risultare strategica per promuovere, nella popolazione, la dieta mediterranea stessa, contrastando in tal modo il progressivo allontanamento da questo modello.

 

B6. Il cibo può diventare occasione di integrazione nel rispetto dell'identità culturale?

Le classi del sistema scolastico italiano sono sempre più multiculturali, plurietniche, emblemi delle diversità di volti, di lingue e di culture. Nella scuola che promuove il confronto e lo scambio tra culture ed opinioni diverse, sedersi alla stessa tavola e consumare assieme il pasto favorisce la conversazione, incoraggia il dialogo e crea collegamenti positivi fra le storie e le visioni di ciascuno. Il potere aggregante del cibo facilita la comunicazione e il riconoscimento e l'accoglienza dell'identità di ciascuno.

I rapporti interculturali e transculturali rappresentano una delle principali tematiche da affrontare nella società e in particolare nella scuola, quale ambiente ideale dove poter realizzare un'efficace inclusione e promuovere l'educazione alimentare.

La difficoltà ad armonizzare tradizioni e culture alimentari diverse, può condizionare negativamente il rapporto col cibo e favorire l'assunzione di abitudini alimentari scorrette e di stili di vita non salutari. Questo può comportare un rischio di malnutrizione sia per difetto sia per eccesso anche a causa del tentativo di coniugare il modello alimentare di appartenenza con le proposte autoctone, nonché in particolari situazioni di disagio, per la tendenza a consumare cibi a basso costo, ad alta densità calorica e di bassa qualità nutrizionale.

In questo contesto, la scuola, e in particolare la ristorazione scolastica, assumono un ruolo fondamentale nel favorire l'inclusione e l'adozione di scelte salutari, riducendo i rischi e le disuguaglianze. Abitudini alimentari incongrue si possono correggere attraverso un servizio di ristorazione in grado, con proposte adeguate ed accattivanti, di coinvolgere l'alunno e, di conseguenza, la sua famiglia.

Adottare la prospettiva interculturale e transculturale, cioè di incontro, scambio e confronto tra culture, significa non soltanto limitarsi a misure compensatorie, quali le diete richieste per motivazioni culturali e religiose, ma organizzare una strategia di reale crescita della qualità fondata anche su criteri di salute e prevenzione.

Mangiare in questa prospettiva può voler dire assumere la varietà come paradigma dell'identità stessa della ristorazione, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze e di comprensione delle molteplici dimensioni culturali che il cibo può assumere.

 

C. ASPETTI ORGANIZZATIVI E GESTIONALI

BOX RIASSUNTIVO

Priorità relative ad "ASPETTI ORGANIZZATIVI E GESTIONALI"

- l recupero del ruolo sanitario della ristorazione collettiva passa attraverso il coinvolgimento (in tutte le fasi: stesura del capitolato di appalto, organizzazione, gestione e controllo) di personale qualificato (medici, specialisti in scienza dell'alimentazione, laureati in dietistica o in scienza della nutrizione) attraverso i servizi di Dietetica e Nutrizione Clinica ospedalieri o territoriali;

- ai fini del miglioramento continuo della qualità, è auspicabile che i soggetti "gestori" di mense

dispongano nell'organico di tecnologi alimentari (per gli aspetti merceologici, tecnologici, impiantistici e logistici) e cuochi formati nella ristorazione collettiva.

- una politica di qualità del sistema di ristorazione collettiva richiede una formazione in servizio che promuova lo sviluppo delle competenze degli operatori dei diversi ambiti operativi, lungo l'intera filiera della progettazione, produzione, gestione e controllo del servizio;

- qualsiasi sia la tipologia di produzione e distribuzione, definita in capitolato (preparato il loco o in altro centro di cottura, distribuito con le modalità idonee alla organizzazione definita) il pasto deve rispondere a requisiti di qualità nutrizionale e sensoriale;

- la scelta del legame produttivo è strettamente correlata alle disponibilità economiche, alle strutture e agli impianti dedicati, alla logistica e al personale previsto;

- nell'ambito delle strategie di contenimento degli sprechi nella ristorazione collettiva è necessario intervenire lungo tutta la filiera, partendo da un'attenta pianificazione dei pasti e dell'approvvigionamento delle derrate necessarie, rilevando sistematicamente le eccedenze e i residui e predisponendo una procedura di monitoraggio standardizzata.

 

C1. Quali le figure professionali da coinvolgere?

Un efficace servizio di ristorazione collettiva, sanitaria in particolare, non può prescindere dall'identificazione di un nucleo di controllo interno in grado di monitorare le varie fasi: stesura del capitolato di appalto, organizzazione, gestione e controllo. Le figure professionali minime che andrebbero ufficialmente incaricate sono un economo-provveditore per gli aspetti normativo- gestionali, un medico specialista in scienza dell'alimentazione per la supervisione clinico- nutrizionale (auspicabile l'appartenenza ad una struttura pubblica: Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica o ad un Servizio Igiene degli Alimenti e Nutrizione -SIAN). Laddove tale competenza risulta assente, si dovrebbe provvedere ad una consulenza specifica o all'identificazione di un medico interno con interessi nel settore, un laureato in dietistica o in scienza della nutrizione. Accanto al ruolo di supervisione sanitaria risulta importante, ai fini del miglioramento continuo della qualità, la condivisione degli obiettivi con i soggetti "gestori" del servizio cucina/mensa, sia per le specifiche competenze richieste dal ruolo, sia per la sempre maggiore assunzione di "responsabilità sociale d'impresa" alla quale sono chiamati. A tale scopo, è auspicabile che gli stessi dispongano nell'organico di tecnologi alimentari (per gli aspetti merceologici, tecnologici, impiantistici e logistici) e cuochi formati nella ristorazione collettiva (per gli aspetti gastronomici e per garantire il rispetto delle caratteristiche nutrizionali e sensoriali delle pietanze).

 

C2. Aggiornamento professionale: chi deve aggiornarsi, come e con quale frequenza?

Una politica di qualità del sistema di ristorazione collettiva richiede una formazione in servizio che promuova lo sviluppo delle competenze degli operatori dei diversi ambiti operativi, lungo l'intera filiera della progettazione, produzione, gestione e controllo del servizio. Anche il recente codice degli appalti (decreto legislativo 50/2016) evidenzia la necessità che la stazione appaltante inserisca la qualità della formazione degli operatori nei criteri di valutazione.

Sul piano delle responsabilità è compito dell'ente appaltante e/o dell'impresa di ristorazione da esso designata di formare gli operatori che producono e distribuiscono i pasti nelle scuole e nelle strutture sanitarie e assistenziali; fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, compete alla dirigenza dell'istituto scolastico la formazione dei docenti e degli addetti scolastici che assistono gli alunni nel momento del consumo del pasto.

La formazione deve rispondere in modo puntuale alle esigenze di ogni figura professionale e alla necessità di orientare il lavoro verso quegli obiettivi comuni che consentono una continuità operativa e di progetto tra le diverse fasi di realizzazione del servizio. Oltre a fornire pasti buoni, sani e sicuri l'obiettivo è quello di realizzare una ristorazione con una precisa identità, percepita dagli stakeholders come capace di fare della sicurezza nutrizionale, oltre quella alimentare, un prerequisito e un'occasione per una valida educazione alla sana alimentazione.

La frequenza e l'impegno orario della formazione dipendono dal contenuto dei progetti e dalla natura dei problemi da affrontare, tenendo conto delle prescrizioni riportate nei contratti di lavoro che rappresentano la condizione di base da cui partire per programmare ed incentivare gli interventi.

I contenuti della formazione debbono riguardare in particolare:

- la promozione della salute e l'educazione alimentare con particolare riferimento al modello mediterraneo;

- l'impiego delle metodologie di comunicazione e delle modalità di relazione idonee a sostenere gli utenti nell'acquisizione di corrette abitudini alimentari;

- le procedure per definire i requisiti nutrizionali della giornata alimentare o del singolo pasto;

- la corretta porzionatura degli alimenti;

- le modalità per la preparazione ed il consumo in sicurezza delle diete speciali;

- la verifica della qualità del servizio offerto e dell'adeguatezza dell'ambiente nel quale vengono consumati i pasti;

- la valutazione del consumo, degli scarti, delle eccedenze di produzione, allo scopo di ridurre gli sprechi.

Alcuni di questi ed ulteriori contenuti della formazione del personale riguardanti le misure per la riduzione degli sprechi alimentari, per la sanificazione a minori impatti ambientali di superfici dure, stoviglie e tessuti, per la gestione dei rifiuti e la minimizzazione dei consumi di acqua ed energia, sono indicati nel documento dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per il servizio di ristorazione collettiva, definito nel 2018.

La formazione, che si realizza nell'azienda di ristorazione o a scuola, è un prerequisito indispensabile ad un miglioramento della qualità del servizio in quanto ha la capacità di dar valore alle persone, mettendole in condizione di trovare le giuste soluzioni, con la consapevolezza di costituire, con la loro partecipazione e il loro know-how, la risorsa principale per realizzare un servizio di qualità.

 

C3. Quale tipologia di pasto?

Qualunque sia la tipologia di produzione e distribuzione del pasto definita in capitolato (preparato in loco o in altro centro di cottura, distribuito con le modalità idonee alla organizzazione definita), il pasto deve rispondere a requisiti di qualità (come definito al punto B1). La scelta del legame produttivo è strettamente correlata alle disponibilità economiche, alle strutture e agli impianti dedicati, alla logistica necessaria, al personale previsto. Tale scelta comporta che menu, ricette, ingredienti, rispondano in modo ottimale agli standard qualitativi definiti per ogni tipologia del legame stesso. In Allegato 4 sono descritti i legami produttivi comunemente utilizzati nella ristorazione collettiva. La scelta tra le diverse tipologie di produzione/distribuzione del pasto andrà fatta, tenendo conto delle condizioni operative, e con l'intento di tutelare la sicurezza, l'efficienza e la sostenibilità del sistema. A tale riguardo, sono preferibili quelle a legame espresso (cook&serve) e a legame fresco caldo (cook&hold&serve).

In Allegato 5 sono riportate considerazioni operative relative a food safety /food security, alla struttura del menu di base e del dietetico.

 

C4. Quali strategie per contenere gli sprechi alimentari?

Nell'ambito delle strategie di contenimento degli sprechi nella ristorazione collettiva, come riportato nelle Linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti[8], previste dalla legge 19 agosto 2016, n. 166 , ed in sintonia con quanto riportato nel documento dei CAM per il servizio di ristorazione collettiva, è necessario intervenire lungo tutta la filiera, partendo da un'attenta pianificazione dei pasti e dell'approvvigionamento delle derrate necessarie, rilevando sistematicamente le eccedenze e i residui e predisponendo una procedura di monitoraggio standardizzata.

Risulta particolarmente rilevante:

- prevedere, all'interno dei capitolati, elementi di flessibilità con l'obiettivo di tener conto dell'offerta del mercato e di permettere un adeguamento dei processi produttivi in funzione delle informazioni che possono derivare dal rilevamento e dall'analisi puntuale delle dinamiche del servizio di ristorazione;

- formare gli operatori del settore sul tema degli sprechi alimentari, per renderli parte integrante ed attiva nello sviluppare un comportamento corretto e propositivo anche durante il momento del pasto, attivando percorsi educativi e di sensibilizzazione sugli impatti ambientali, economici e sociali;

- preferire, in particolare nella ristorazione scolastica, soluzioni che consentano di avvicinare il punto/centro cottura a quello di somministrazione;

- recuperare le eccedenze per attuare in rete, procedure igienico sanitarie di riutilizzazione e ridistribuzione in sicurezza dei pasti non consumati a soggetti bisognosi, anche attraverso l'incentivazione dell'uso degli abbattitori;

- attivare, in ambito ospedaliero, una procedura di prenotazione pasti individuale, semplificata e flessibile che, sulla base di specifiche necessità e delle scelte individuali, garantisca la corrispondenza tra pasto prenotato e servito e consenta la possibilità di una variazione dell'ordinazione anche a breve distanza di tempo dalla distribuzione.

 

D. VERIFICA E RICERCA DELLA QUALITÀ (VRQ)

BOX RIASSUNTIVO

Aspetti prioritari relativi a "VERIFICA E RICERCA DELLA QUALITÀ (VRQ)"

- la ricerca e la verifica della qualità del servizio e della soddisfazione dell'utenza sono diventati strumenti di lavoro indispensabili nell'attività di ristorazione sia a scopo conoscitivo, sia per l'individuazione delle eventuali carenze offerte dal servizio erogatore;

- accanto al rilevamento delle valutazioni soggettive (customer satisfaction) dovranno essere effettuati controlli a campione sull'efficienza e sulla qualità del servizio di ristorazione attraverso la misurazione di parametri oggettivi (peso delle porzioni, temperatura degli alimenti al momento della distribuzione, giusto grado di maturazione dei principali prodotti vegetali, quota di alimenti scartati, rispetto delle procedure igieniche, corrispondenza degli ordini, tempi di distribuzione del vitto);

- l'identificazione dei responsabili e l'esplicitazione delle modalità di controllo devono essere previste nella stesura dei capitolati come riportato nel documento "Valutazione delle criticità nazionali in ambito nutrizionale e strategie d'intervento 2016-19";

- nelle esperienze più qualificate di ristorazione scolastica, agli elementi che fanno la qualità del servizio vengono assegnati non meno dei due terzi dei punteggi a disposizione per l'aggiudicazione: tale misura è auspicabile anche per gli appalti relativi alla ristorazione ospedaliera;

- la ristorazione scolastica viene considerata un'importante infrastruttura urbana per l'accesso al cibo sano, per l'educazione a stili alimentari e di vita sostenibili, a partire dai primi anni di vita, anche attraverso il coinvolgimento diretto degli alunni (Team di nutrizione);

- la certificazione di qualità costituisce un atto dell'azienda (o dell'ente) rivolto verso l'esterno, verso il mercato ed i clienti, per dimostrare le proprie capacità di produrre in modo conforme alle normative e in modo qualitativamente apprezzabile;

- tra le strategie di informazione/comunicazione finalizzate a porre il cittadino al centro dell'attenzione del servizio di ristorazione, rendendolo più competente e autonomo sotto l'aspetto decisionale, svolge un ruolo importante la Carta dei servizi che deve essere resa disponibile agli utenti prima dell'avvio del servizio a loro rivolto e per tutta la durata dello stesso e dovrebbe rientrare nel "core business" aziendale;

 

D1. Quale è l'oggetto del controllo di qualità?

Il rapporto tra i servizi di ristorazione e l'utenza rappresenta un intreccio relazionale complesso all'interno del quale è possibile individuare una serie di processi e contesti di studio. La ricerca e la verifica della qualità dei servizi (VRQ) e della soddisfazione dell'utenza sono diventati strumenti di lavoro indispensabili nell'attività di ristorazione sia a scopo conoscitivo, sia per l'individuazione delle eventuali carenze offerte dal servizio erogatore.

Misurare la qualità di un servizio significa attivare un sistema informativo diffuso ed efficiente, da parte sia del gestore sia del committente, che eroghi un flusso continuo di dati riguardanti le caratteristiche oggettive e la percezione del servizio erogato.

In genere però si tende a giudicare la qualità di un servizio di ristorazione sulla base unicamente dell'opinione degli utenti (customer satisfaction: qualità percepita basata su presentazione, variabilità e sapore, adeguatezza delle informazioni sui menu, temperatura e cottura delle pietanze, ecc.).

Tale percezione non è necessariamente coincidente con la qualità oggettiva (nutrizionale in particolare) che è determinata dal rispetto di numerosi altri parametri; paradossalmente, può esistere un servizio altamente qualitativo che non soddisfa l'utenza perché non corrisponde alle sue aspettative.

Queste, in particolare laddove riguarderanno soggetti con abitudini alimentari nutrizionalmente non corrette (eccessivo o scarso consumo di alcuni alimenti e inadeguato apporto di alcuni nutrienti) per mode o false convinzioni, andranno adeguatamente valutate e dovranno portare inevitabilmente ad interventi di tipo educazionale piuttosto che alla modifica di procedure di preparazione dei pasti oggettivamente corrette.

 

D2. Cosa controllare?

Accanto al rilevamento delle valutazioni soggettive (customer satisfaction) dovranno essere effettuati controlli a campione sull'efficienza e sulla qualità del servizio di ristorazione, attraverso la misurazione di parametri oggettivi (provenienza e qualità delle materie prime, giusto grado di maturazione dei principali prodotti vegetali, rispetto delle procedure igieniche, corrispondenza degli ordini, peso delle porzioni, tempi di distribuzione del vitto, temperatura degli alimenti al momento della distribuzione, quota di alimenti scartati).[9]

Oggetto di monitoraggio dovrebbero essere:

- filiera di approvvigionamento e conservazione (congruenza tra forniture previste e realmente effettuate, frequenza di consegna, rispetto delle scadenze, stagionalità, modalità e luoghi di conservazione, ecc.);

- procedure e modalità di allestimento e cottura sia per quanto riguarda il menu standard, sia per le attività di cucina dietetica e diete ad personam; deve essere incluso l'assaggio e la valutazione sensoriale del pasto;

- allestimento, trasporto e distribuzione dei pasti, sia per quanto destinato agli utenti, sia per i dipendenti;

- gestione del ritiro e della ridistribuzione di eventuali eccedenze, del ritiro dei pasti non consumati, della gestione dei rifiuti, della sanificazione di ambienti e stoviglie.

Il controllo, per essere efficace, deve prevedere pertanto il monitoraggio di parametri relativi a tutte le fasi del ciclo alimentare come proposto nella Tabella 6.

Tutti i percorsi verranno valutati congiuntamente dalle figure previste, per i rispettivi ambiti di competenza anche attraverso l'utilizzo di schede predisposte ad hoc e validate a livello di direzione aziendale/scolastica.

 

D3. Come controllare?

Nella stesura dei capitolati, specie in relazione alle caratteristiche delle materie prime, oltre ai parametri obbligatori rispondenti ai dettami normativi d'igiene e merceologia e dei Criteri Ambientali Minimi, è opportuno precisare quali parametri saranno oggetto di controllo, quali procedure di controllo andranno adottate e quali sono i valori soglia al di sotto dei quali la qualità del servizio non può essere considerata accettabile.

Deve emergere con chiarezza come il rispetto dei requisiti igienici non costituisca un parametro di qualità e di valutazione, ma un prerequisito per l'ammissibilità del servizio. Pertanto si deve intendere come controllo una valutazione, anche in contraddittorio, in presenza di controllore e controllato, che abbia il fine di individuare non conformità e la loro risoluzione.

 

D4. Quali i ruoli e le responsabilità nell'assicurazione della qualità e nella verifica dell'efficacia?

Per essere adeguatamente gestito e controllato, il processo di ristorazione necessita di responsabili dell'intero processo e dei sotto-processi (igienico-nutrizionale e di sviluppo sostenibile) che devono essere identificati e chiaramente esplicitati (con nome, titolo di studio e unità operative di appartenenza) dall'ente/azienda che fornisce il servizio di ristorazione. L'identificazione dei responsabili e l'esplicitazione delle modalità di controllo devono essere previste nella stesura dei capitolati come riportato nel documento Valutazione delle criticità nazionali in ambito nutrizionale e strategie d'intervento 2016-19.[10]

Tra le competenze del responsabile figura l'elaborazione delle modalità di controllo con relativi indicatori (in particolare la definizione del prezzo minimo del pasto, differenziato nelle varie voci:

materie prime, trasporto, personale, altre spese); tale controllo risulta fondamentale quando il servizio è dato in appalto (outsourcing). Ciò comporterà una maggiore attenzione anche da parte dell'appaltatore.

Il monitoraggio ed il controllo del servizio di ristorazione richiedono la collaborazione tra più figure professionali che devono operare sotto il coordinamento della direzione sanitaria, applicando differenti modalità organizzative in relazione ai criteri di pianificazione (percorso completamente o solo parzialmente esternalizzato, contenuti del capitolato speciale d'appalto, ecc.).

 

In ambito ospedaliero e assistenziale, le figure professionali minime previste sono:

- rappresentanti di direzione sanitaria: medico igienista e/o infermiere addetto al controllo delle infezioni (ICI) o altra figura competente in questo ambito designata dalla direzione, per il controllo complessivo del servizio, dei percorsi e degli aspetti igienico-sanitari inclusa la sanificazione;

- gruppo dedicato o persona di riferimento designata dalla struttura di dietetica, ove presente o, in alternativa, personale designato dalla direzione sanitaria (necessaria la presenza almeno del dietista) per le verifiche di ambito dietetico-nutrizionale;

- operatore tecnico di area economale designato dalla struttura competente per le valutazioni merceologiche;

- eventuali consulenti (es. camera di commercio, esperti/consulenti per ambiti di HACCP - Hazard Analysis and Critical Control Point e processo tecnologico) che possono essere coinvolti anche su base periodica per attività di audit.

 

In ambito scolastico, il Comune predispone la gara di appalto e redige il capitolato con il quale manifesta le proprie richieste e le proprie volontà, nonché l'ammontare economico di servizi e forniture che intende acquisire e/o appaltare.

Pertanto, è auspicabile che il capitolato venga redatto da un team di progetto che preveda competenze professionali nei rispettivi ambiti di responsabilità amministrativa, tecnica, scientifica. Le strutture sanitarie e scolastiche del territorio, gli esperti di riferimento, le commissioni di utenti e di consumatori dovrebbero concorrere alla strutturazione ed alla condivisione del capitolato di appalto.

La norma che regolamenta i contratti pubblici prevede che possano essere effettuate consultazioni preliminari di mercato, cioè un complesso di attività esperite dal committente in fase di progettazione e redazione di una gara di appalto, mediante la quale lo stesso può ottenere da operatori economici, esperti, autorità indipendenti o da qualsiasi altro soggetto operativo nel mercato di riferimento, dati e informazioni relativi ai requisiti di natura tecnica, economica ed esecutiva, necessari per lo svolgimento del servizio di ristorazione collettiva, con la finalità di adeguare i contenuti della documentazione di gara (bando, disciplinare, capitolato) e migliorare il servizio in fase di esecuzione. Ogni aspetto qualitativo richiesto in capitolato d'appalto va verificato con la periodicità necessaria, seguendo procedure documentali definite, riportando all'utenza i risultati delle indagini e della qualità verificata.

 

D5. Quale peso attribuire alla qualità nei capitolati d'appalto?

L'affidamento del servizio di ristorazione collettiva deve essere effettuato in conformità alle disposizioni del già citato d.lgs. n. 50/2016 "Codice dei contratti pubblici", così come novellato dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, recante "Disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 50/2016" che prevede l'aggiudicazione dei contratti relativi ai servizi di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, tenendo conto dei criteri premianti contenuti nei CAM e dell'introduzione nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali ai sensi dell' art. 34 del d.lgs. 50/2016, sui Criteri di sostenibilità energetica ed ambientale.

 

Nelle esperienze più qualificate di ristorazione scolastica, agli elementi che fanno la qualità del servizio vengono assegnati non meno dei due terzi dei punteggi a disposizione per l'aggiudicazione. Tale misura è auspicabile anche per gli appalti relativi alla ristorazione ospedaliera. Ciò risponde all'esigenza di assicurare agli utenti un servizio di qualità che educhi alla salute e ai corretti stili alimentari e che svolga un ruolo promozionale nell'orientare al consumo consapevole gli utenti, le famiglie e la collettività. È importante che l'attribuzione dei punteggi in sede di analisi delle offerte sia tale che tra l'offerta qualitativa migliore e quella peggiore ci sia lo stesso scarto che ci sarà tra la migliore e la peggiore offerta economica. Ciò al fine di evitare che l'offerta economica finisca per prevalere su quella qualitativa.

Il capitolato tecnico del bando di gara deve prevedere criteri premianti per i seguenti fattori:

- proposte strategiche per la diffusione di corretti comportamenti alimentari;

- certificazioni di qualità in possesso del fornitore del servizio;

- caratteristiche delle derrate alimentari quali: alimenti tipici e tradizionali (Allegato 6), agricoltura integrata certificata, coltivazione biologica (Allegato 7), agricoltura sociale, mercato equo e solidale, privilegiando i prodotti con specifiche caratteristiche di freschezza a filiera corta per contenere gli impatti ambientali e sostenere l'economia locale;

- rispetto delle disposizioni in materia di green economy;

- fattori di riduzione degli sprechi alimentari;

- livello della formazione professionale degli operatori e delle proposte di educazione alimentare rivolte all'utenza;

- piani per la risoluzione delle emergenze e, più in generale, gli interventi migliorativi rispetto a determinati standard organizzativi e gestionali indicati nel capitolato;

- adozione di percorsi di VRQ basati sulla rilevazione/correzione di parametri soggettivi e oggettivi.

 

Peraltro, parte di tali elementi qualitativi sono inclusi nel documento dei già citati CAM per il servizio di ristorazione collettiva. In Allegato 8 viene riportata una griglia che indica alcuni elementi qualitativi del servizio di ristorazione collettiva divisi per le diverse aree di competenza (ambienti ed attrezzature, approvvigionamenti, impatto ambientale, processi di produzione, formazione del personale, standard nutrizionali, customer satisfaction, verifica e ricerca della qualità).

 

D6. Come considerare le certificazioni di qualità nella ristorazione collettiva?

Il concetto di qualità deve essere estensivo e declinabile per tutti gli aspetti che costituiscono il sistema ristorazione. Pur non essendovi un'obbligatorietà, la prevalenza delle aziende di ristorazione hanno, negli anni, conseguito certificazioni di qualità. Allo stesso modo, molte amministrazioni comunali hanno certificato il proprio servizio di ristorazione scolastica e le amministrazioni sanitarie hanno obbligatoriamente certificato il proprio sistema qualità. La certificazione di qualità costituisce un atto dell'azienda (o dell'ente) rivolto verso l'esterno, verso il mercato ed i clienti, per dimostrare le proprie capacità di produrre, in modo conforme alle normative, qualitativamente in modo apprezzabile e affidabile nel tempo. La necessità di una certificazione della qualità per distinguersi in un mercato complesso ed ottenere vantaggi competitivi, ha prodotto un grande aumento dei processi certificati (ad es. qualità, ambiente, sicurezza, energia) e di nuovi standard volontari (ad.es Norma Uni 11584 "Requisiti minimi per la progettazione di menu") [11-12], approvati da enti riconosciuti, che forniscono le regole, le linee guida o le specifiche tecniche per lo svolgimento di alcune attività.

È certamente un significativo cambiamento culturale nella logica dell'assicurazione e della verifica;

il concetto di qualità infatti non è statico, ma si evolve con il tempo, le tecnologie, gli stili di vita e muta con le esigenze del mercato e dei clienti. Il possesso della certificazione di qualità da parte di una ditta di outsourcing non esonera l'ente appaltante dai controlli.

I criteri per le certificazioni di qualità vengono riportati in Allegato 9.

 

D7. Basta la Carta dei Servizi per una ristorazione di qualità?

Informazione e comunicazione sono fondamentali nell'ottimizzare un servizio di ristorazione. Secondo quanto riportato nella Direttiva del Consiglio d'Europa 97/17 - Il sistema qualità nell'assistenza sanitaria europea - una comunicazione efficace è la chiave per attuare con successo i cambiamenti a condizione che sia identificato, precocemente, chi ha bisogno di sapere, che cosa e a quale livello di approfondimento.

Tra le strategie di informazione/comunicazione finalizzate a porre il cittadino al centro dell'azione, rendendolo sempre più informato e autonomo sotto l'aspetto decisionale, svolge un ruolo importante la Carta dei servizi. Tale documento (schema generale di riferimento della "Carta dei servizi pubblici sanitari", G.U. n°125 del 31 maggio 1995) ha l'obiettivo di portare a conoscenza gli utenti dei servizi/prestazioni offerti, con il fine di innescare il miglioramento continuo della qualità, attivando un dialogo/patto tra le parti. Di fatto, si configura come "patto di trasparenza" tra chi eroga il servizio e chi ne usufruisce. Affinché si concretizzi, è fondamentale che l'ente/azienda erogatrice disponga di specifici indicatori di monitoraggio, resi pubblici anche con questo strumento.

 

La Carta dei Servizi deve consentire un'adeguata informazione specie in relazione:

- al razionale nutrizionale e alla tipologia dei menu comuni e speciali;

- alla disponibilità a visionare il menu con anticipo, con possibilità di scelta delle portate;

- alla scheda pasto presente sul vassoio (es.: composizione bromatologica, presenza di allergeni) e ai menu per ristorazioni non sanitarie, finalizzate ad aumentare il livello di conoscenza sul pasto;

- alle misure adottate nei confronti delle famiglie degli alunni e, con gli opportuni accorgimenti, nei confronti degli alunni stessi, per renderli partecipi con funzioni consultive, propositive e di verifica, al miglioramento della qualità del servizio di ristorazione. A tale riguardo, è auspicabile, nell'ambito dell'autonomia scolastica, l'istituzione nelle scuole di un vero e proprio "Team di nutrizione" per coinvolgere gli alunni sulle problematiche legate al servizio di ristorazione;

- a progetti migliorativi del servizio che si intendono perseguire, con la specificazione degli obiettivi e delle modalità di valutazione;

- alle modalità specifiche di verifica e ricerca della qualità, dell'efficienza ed efficacia delle prestazioni e dei servizi forniti;

- ai termini e alle modalità di erogazione del servizio e di pagamento (incluse le qualifiche professionali di chi eroga), e alle eventuali condizioni di recesso e di rinnovo;

- alle modalità per ricevere assistenza, per presentare reclami, per ottenere indennizzi riconosciuti in caso di inadempimento da parte del gestore;

- alla tipologia dei controlli effettuati dall'ente appaltante e alle figure professionali di riferimento.

La Carta dei servizi deve essere resa disponibile agli utenti prima dell'avvio del servizio a loro rivolto e per tutta la durata dello stesso e dovrebbe rientrare nel "core business" aziendale.

 

E. NUTRIZIONE E CLINICA

BOX RIASSUNTIVO

Aspetti prioritari relativi a "NUTRIZIONE E CLINICA"

- la valutazione precoce del rischio nutrizionale del paziente, effettuata al momento del ricovero e i successivi monitoraggi, consentono di contrastare l'instaurarsi di stati di malnutrizione ospedaliera e/o di correggere situazioni di malnutrizione precedenti;

- i risultati dello screening nutrizionale devono essere finalizzati ad una richiesta appropriata di intervento nutrizionale per la valutazione e il trattamento;

- l'alimentazione nei primi tre anni di vita rappresenta un momento fondamentale per il bambino sia nel processo di crescita sia in relazione allo sviluppo metabolico futuro;

- nel primo anno di vita l'alimento fondamentale ed insostituibile rimane il latte materno, per le sue qualità nutrizionali e per l'ottimale sviluppo psicofisico del lattante, tale da essere definito un sistema biologico; il bambino va accompagnato verso un'alimentazione varia, completa e corretta, promossa e sostenuta in un ambiente educativo che gli consenta di sentirsi a suo agio e di vivere una condizione favorevole alla scoperta e al consumo dei cibi, di partecipare e imparare ad autoregolarsi nella quantità degli alimenti da assumere, condividendo con l'adulto e i coetanei il piacere del momento;

- un aspetto emergente, derivante dai cambiamenti in atto nella popolazione e dall'incremento progressivo di scelte alimentari, è rappresentato dalla necessità di programmare diete che rispondano alle specifiche esigenze etiche/culturali/religiose di differenti gruppi, e che contemporaneamente siano adeguate dal punto di vista nutrizionale per gli utenti delle mense scolastiche o per soggetti ricoverati in ospedale, e quindi potenzialmente a rischio di malnutrizione;

- modelli alimentari che escludono interi gruppi alimentari sono di più difficile gestione per assicurare un adeguato apporto di energia, nutrienti e micronutrienti;

- la prescrizione di diete di esclusione (in cui singoli alimenti o interi gruppi alimentari sono esclusi) deve essere fatta unicamente sulla base di indicazioni specifiche ed a seguito di un percorso diagnostico ad hoc, validato e documentato;

- un aspetto che pone non pochi interrogativi è rappresentato dal ricorso ad alimenti portati da casa sia a scuola che in ospedale. Tali pasti difficilmente sono in grado di coprire le esigenze nutrizionali degli utenti nel rispetto di vincoli igienico-sanitari;

- la struttura classica del pasto adottata dopo la seconda guerra mondiale (primo e secondo piatto, pane, contorno e frutta) non risponde più alle esigenze della nuova organizzazione della vita. Di fatto oggi la struttura del pasto prevede un unico piatto (primo o secondo che sia) accompagnato da contorno e/o frutta;

- è opportuno utilizzare il servizio di ristorazione scolastica anche come mezzo di comunicazione con le famiglie per indicare come completare la giornata/settimana alimentare nel rispetto della corretta frequenza dei gruppi di alimenti nell'arco della settimana;

- ogni servizio di ristorazione ospedaliero/residenziale che prevede utenti con problematiche cliniche deve ufficializzare un dietetico ospedaliero rappresentato da un vitto comune e diete specifiche per patologie;

- nell'organizzazione del servizio di ristorazione ospedaliera, la standardizzazione delle procedure e dei vitti per coprire il più ampio spettro di quadri clinici, apporta indubbi benefici in termini di compliance del degente e di contenimento dei costi di gestione economali (acquisti di derrate e materiale di consumo) e professionali (personale di cucina, dietisti, specialisti in scienza dell'alimentazione);

- il dietetico ospedaliero pediatrico dovrà comprendere menu che siano adeguati per fascia di età, apporto equilibrato di nutrienti, copertura dei fabbisogni, varietà e gradevolezza degli alimenti;

- la necessità di integrare le esigenze nutrizionali di ogni bambino ricoverato con le patologie di cui è affetto pone l'esigenza di avere a disposizione un elenco di diete standard con composizione bromatologica, adatta a specifiche patologie;

- I soggetti che vengono categorizzati a medio o ad elevato rischio di malnutrizione devono essere immessi in un programma di valutazione, trattamento e monitoraggio nutrizionale;

- nel caso in cui il paziente non si alimenti in modo sufficiente con la dieta prescritta, possono essere utilizzate diverse strategie per ottimizzare gli apporti (dieta personalizzata, frazionamento dei pasti, modificazione della consistenza degli alimenti e utilizzazione di diete ad elevata densità calorico/proteica). Nel caso in cui, nonostante l'ottimizzazione dell'offerta di alimenti da consumare, il paziente non riesca a nutrirsi in modo sufficiente, possono essere attuate differenti integrazioni/variazioni del programma nutrizionale: la supplementazione dell'alimentazione per via orale o la nutrizione artificiale per via enterale o per via parenterale;

- all'ammissione in reparto deve essere valutata la possibilità/capacità del paziente di alimentarsi

adeguatamente e nel caso in cui ciò non sia possibile, dovranno essere predisposti percorsi di assistenza al pasto che coinvolgano il personale di reparto, volontari e familiari opportunamente formati.

 

E1. È necessario lo screening del rischio nutrizionale nei reparti ospedalieri e nelle strutture assistenziali?

La valutazione precoce del rischio nutrizionale del paziente, effettuata al momento del ricovero e i successivi monitoraggi, consentono di contrastare l'instaurarsi di stati di malnutrizione ospedaliera e/o di correggere situazioni di malnutrizione precedenti. Dal momento che il frequente fallimento nel riconoscere e nel trattare la malnutrizione, specie nei contesti in cui essa è più probabile, risulta inaccettabile, lo screening del rischio nutrizionale deve essere previsto da specifiche procedure locali (comunque accreditate scientificamente), che stabiliscano anche il personale sanitario incaricato della sua attuazione (infermieri, dietisti, ...) e l'attivazione delle azioni conseguenti ai risultati ottenuti. I soggetti che vengono categorizzati a medio o a elevato rischio di malnutrizione devono essere immessi in un iter di monitoraggio e trattamento nutrizionale.

La prima valutazione del rischio nutrizionale deve pertanto costituire la prassi ed essere effettuata tempestivamente da personale appositamente identificato in ciascuna struttura sanitaria.

I risultati dello screening nutrizionale devono essere finalizzati ad una richiesta appropriata di intervento nutrizionale per la valutazione e il trattamento. Le metodiche a cui fare riferimento per la valutazione dello stato nutrizionale sono molteplici, tuttavia è possibile ricorrere a protocolli semplificati, applicabili in tutti gli ospedali e strutture assistenziali.

Richiamando i criteri espressi da diverse società scientifiche, la procedura per la valutazione dovrebbe comprendere: rilevazione di peso e statura, calcolo dell'Indice di Massa Corporea (IMC), rilevazione e valutazione del calo/incremento ponderale negli ultimi 3-6 mesi, valutazione della gravità della malattia, rilevazione e valutazione dell'introito alimentare.

Lo screening del rischio nutrizionale, procedura che può essere utilizzata da infermieri, dietisti, medici al primo contatto con il soggetto e caregiver opportunamente formati permette di evidenziare una condizione altrimenti non riconoscibile e solitamente sensibile al trattamento nutrizionale. Esso permette di definire il paziente:

- non a rischio, ma che deve essere controllato a specifici intervalli di tempo (es. settimanalmente durante la degenza ospedaliera);

- a rischio che necessiti di un piano nutrizionale;

- a rischio con complicanze metaboliche o funzionali che impediscono di portare avanti il piano di cura nutrizionale;

- probabilmente malnutrito, che necessita immediatamente di una valutazione approfondita dello stata di nutrizione e probabilmente di un intervento nutrizionale tempestivo.

Lo screening del rischio nutrizionale dovrebbe essere effettuato su tutti i pazienti, che vengono ricoverati presso tutte le divisioni ospedaliere con una previsione di ricovero superiore a 5 giorni.

La procedura va eseguita da parte del personale sanitario del reparto di degenza entro le 48 ore dall'accettazione e ripetuta ogni 7 giorni, anche nei pazienti senza rischio di malnutrizione all'ingresso in ospedale.

Esistono diversi strumenti di screening nutrizionale validati: nel 2002 l'Education and Clinical Pratice Committee dell'ESPEN (European Society of Parenteral and Enteral Nutrition) ha elaborato il documento Guidelines for Nutrition Screening 2002 [13] con lo scopo di fornire linee guida in merito allo screening del rischio nutrizionale, attraverso strumenti applicabili a diversi contesti (comunità, ospedale, popolazione anziana) e basati su evidenze validate (Allegato 10).

Per quanto riguarda la popolazione anziana residente in RSA lo strumento di screening ampiamente validato a livello internazionale è il Mini Nutritional Assessment (MNA) [13]; consente sia di inquadrare rapidamente e precocemente l'anziano al momento dell'ingresso in RSA sia di monitorarlo regolarmente nel tempo. Il Minimum Data Set (MDS) è lo strumento specificatamente certificato per valutare numerosi aspetti clinici di soggetti ospiti di RSA. La parte relativa alla valutazione dello stato nutrizionale è costituita da quattro item relativi a: peso e altezza, perdita di peso, aumento di peso, "approcci nutrizionali" (nutrizione parenterale; tramite sondino nasogastrico o addominale; somministrazione di dieta a consistenza modificata meccanicamente; dieta terapeutica/dieta speciale per patologia) [14].

Sulla base del risultato di tali test, nel caso in cui risulti un rischio di malnutrizione, dovranno essere adottati specifici interventi quali la compilazione di un diario alimentare ed il suo monitoraggio, la modifica e l'integrazione dell'alimentazione attraverso l'inserimento di particolari alimenti e/o supporti nutrizionali, il monitoraggio periodico del rischio nutrizionale o un approfondimento clinico. In età pediatrica, pur basandoci sull'IMC per l'identificazione del rischio nutrizionale, nei bambini sopra i 2 anni è necessario fare riferimento a tavole di centili come riportato nelle Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera pediatrica.

 

E2. Come può la ristorazione scolastica contribuire all'equilibrio globale della giornata alimentare?

- La ristorazione scolastica nella scuola dell'infanzia e primaria

A differenza della ristorazione ospedaliera, nella quale viene coperta dal servizio l'intera giornata alimentare, nella ristorazione scolastica sono consumati a scuola fino a 5 pasti a settimana. Il pasto scolastico è stato pensato ed elaborato per coprire il 35% del fabbisogno energetico medio. E' quindi opportuno utilizzare il servizio di ristorazione anche come mezzo di comunicazione con le famiglie per indicare le opportune scelte per il pasto serale (al fine di completare la giornata/settimana alimentare nel rispetto della corretta frequenza dei gruppi alimentari) e per una prima colazione adeguata come apporto di nutrienti.

 

- L'alimentazione nella scuola secondaria

L'adolescenza è una fase molto delicata di crescita, caratterizzata da importanti e rapidi cambiamenti fisici, psicologici e sociali, in cui l'alimentazione riveste un ruolo fondamentale. Una corretta alimentazione, infatti, permetterà di completare in modo adeguato lo sviluppo psicofisico, consentirà di evitare l'instaurarsi di abitudini alimentari scorrette, nonché la comparsa di alcune possibili carenze di micronutrienti (ad es. calcio e ferro). La ricerca di affermazione della propria autonomia e la vulnerabilità psicologica proprie dell'età adolescenziale possono determinare da un lato il rifiuto, anche nell'alimentazione, di ogni genere di regolamentazione e controllo, dall'altro aumentare il rischio di sviluppare un disturbo alimentare (Eating and Feeding Disorders come codificati nel DSM- 5; Am Psych Association 2013, ISBN 978-0-89042-554-1).

Nell'adolescente le irregolarità dei pasti (consumati spesso fuori casa sotto forma di spuntini numerosi) o l'eccessiva preoccupazione per l'immagine corporea e per il peso possono portare ad un'alimentazione sbilanciata. Nel contesto della scuola secondaria, dove non è sempre prevista la ristorazione scolastica, assumono particolare importanza gli interventi di promozione di corretti stili alimentari e l'adeguatezza degli apporti nutrizionali di alimenti e bevande offerti tramite distributori automatici, che spesso rappresentano la sola offerta alimentare in queste strutture.

È opportuno, quindi, che nella definizione dei bandi per l'installazione dei distributori sia prevista, accanto ai requisiti di sicurezza, anche la descrizione delle specifiche tecniche dei prodotti e delle bevande, in termini sia di tipologia degli stessi, sia di porzioni e/o di calorie, privilegiando alimenti a bassa densità energetica (es. frutta o verdura di IV gamma, preferenza dell'acqua tra le bevande offerte e indicazione delle caratteristiche delle altre bevande ammesse, indicazione della porzione massima e delle calorie massime degli snack, preferenza di cibi a basso contenuto di zuccheri, grassi saturi e sale). Ciò al fine di sostenere l'adozione di corretti stili di vita, prevenire il consumo eccessivo di alcune sostanze ed evitare, a lungo termine, l'insorgenza di malattie croniche che si sono dimostrate correlate anche ad apporti squilibrati di nutrienti protratti nel tempo. L'offerta dei prodotti non è fine a sé stessa, ma deve essere accompagnata dalle attività di promozione della salute basate su peer education e life skill che rinforzino nei ragazzi la capacità di valutazione critica e di scelta autonoma verso l'adozione di comportamenti salutari. Analoga attenzione dovrebbe essere dedicata all'offerta tramite distributori automatici nei luoghi pubblici abitualmente frequentati dai minori (es. piscine pubbliche, altre strutture sportive, ecc).

In alcuni istituti della scuola secondaria di secondo grado, inoltre, è talvolta previsto l'affidamento in concessione del servizio di ristoro o bar/buffet caldo/freddo interno. Anche in tali strutture dovrà essere considerata l'esigenza di conciliare gusto e salute, sfruttando l'opportunità di fare scelte alimentari sane, prevedendo l'offerta di alimenti (piatti, panini, insalate, ecc.) preparati seguendo i principi della sana alimentazione e raccomandando preparazioni semplici e di qualità, con disponibilità di verdura e frutta di stagione e attenzione ai contenuti di grassi saturi, zuccheri e sale.

 

E3. Quali specificità della ristorazione al nido d'infanzia?

L'alimentazione nei primi tre anni di vita rappresenta un momento fondamentale per il bambino sia nel processo di crescita sia in relazione allo sviluppo metabolico futuro. In questo senso, l'elaborazione di un piano alimentare per i bambini al di sotto dei 3 anni deve essere basato sul rispetto delle indicazioni nutrizionali previste dai LARN. Nel primo anno di vita l'alimento fondamentale ed insostituibile rimane il latte materno, per le sue qualità nutrizionali e per l'ottimale sviluppo psicofisico del lattante, tale da essere definito un sistema biologico; il bambino va accompagnato verso un'alimentazione varia, completa e corretta, promossa e sostenuta in un ambiente educativo che gli consenta di sentirsi a suo agio e di vivere una condizione favorevole alla scoperta e al consumo dei cibi, di partecipare e imparare ad autoregolarsi nella quantità degli alimenti da assumere, condividendo con l'adulto e i coetanei il piacere del momento. Al riguardo, indicazioni utili sono fornite nel documento Corretta alimentazione ed educazione nutrizionale nella prima infanzia, elaborato dal Ministero della salute allo scopo di migliorare lo stato di nutrizione della popolazione infantile fino a 3 anni. [15]

Gli aspetti essenziali dell'alimentazione al nido d'infanzia sono:

- apporto calorico nel pasto consumato a scuola adeguato al fabbisogno energetico giornaliero e in relazione all'età. Il fabbisogno energetico giornaliero e dei singoli macro e micronutrienti, dei bambini di età compresa tra 6 mesi e 3 anni, è riportato in Tabella 7. La ripartizione calorica durante la giornata prevede:

- 20% delle calorie totali giornaliere per la colazione;

- 5% delle calorie totali giornaliere per la merenda mattutina;

- 35% delle calorie totali giornaliere per il pranzo;

- 10% delle calorie totali giornaliere per la merenda pomeridiana;

- 30% delle calorie totali giornaliere per la cena;

- ridotto apporto di sale: l'utilizzo del sale da cucina è possibile dopo i 2 anni di età. In seguito, è comunque opportuno che l'uso sia moderato ed attuato mediante sale iodato;

- alimentazione varia: per stimolare il consumo di alimenti nuovi nei bambini fino a tre anni di età, è necessario alternare le offerte gastronomiche sia per non incorrere in scelte monotone, sia per garantire una costante varietà nell'apporto di principi nutritivi;

- consumo di frutta e verdura, allo scopo di favorire la sana abitudine di un consumo giornaliero; a tale riguardo, occorre fornire quotidianamente almeno una porzione di frutta e una di verdura. È opportuno preferire l'offerta stagionale e offrire sempre la frutta a metà mattina, in veste di spuntino, ben lavata, frullata o tagliata a piccoli pezzi.

- adeguare all'età del paziente le preparazioni di cucina (piccoli pezzi di alimenti e pasta di piccolo formato per le prime fasce d'età, ad esempio), come indicato nelle Linee di indirizzo per la prevenzione del soffocamento da cibo in età pediatrica, elaborate dal Ministero della salute;[16]

- metodi di cottura: il personale addetto alla preparazione dei piatti deve essere adeguatamente formato ad utilizzare metodi di cottura idonei ai bambini di età inferiore ai 3 anni. Impianti, macchine, attrezzature ed utensili devono consentire una cucina varia, adeguata e salutare, nonché il raggiungimento delle idonee caratteristiche sensoriali;

- presentazione del piatto: i colori degli alimenti sono importanti al fine di stimolare le capacità sensoriali, la curiosità e il gradimento del cibo. Ciò allo scopo anche di superare le naturali "neofobie" che il bambino presenta dopo i due anni di età.

- definizione operativa della routine del pasto come momento educativo che richiede agli educatori una cura attenta dell'ambiente, delle relazioni, dei dettagli organizzativi e una pratica dell'osservazione orientata a riconoscere il bambino nei suoi bisogni e nei suoi ritmi, per dimostrargli attenzione ed apprezzamento per la sua iniziativa, valorizzando il suo desiderio di essere attivo e di imparare a mangiare in modo più autonomo, in un contesto relazionale attendibile che gli facilita l'acquisizione di sane abitudini alimentari e delle regole di comportamento a tavola;

- realizzazione di una proficua collaborazione con le famiglie, particolarmente attente e sensibili, nei primi anni di vita dei figli, alle problematiche della salute e dell'alimentazione dei loro piccoli, per condividere coi genitori le scelte dietetiche e di educazione alimentare attuate al nido e per costruire una coerenza tra esse e quanto proposto nel contesto domestico;

Il modello alimentare della ristorazione al nido d'infanzia propone:

- per i piccoli non ancora divezzi, nel primo semestre di vita, fondamentale creare le condizioni ottimali per consentire al bambino di assumere latte materno; qualora non vi sia la possibilità del latte materno, dovrà essere prevista una formula start, secondo le esigenze del bambino; per i piccoli che abbiano iniziato il percorso dell'alimentazione complementare dovrà prevedersi l'offerta di una pappa frullata, con alimenti semplici secondo le abitudini del bambino medesimo;

- per i bambini appena divezzati (6-12 mesi): pappe preparate con alimenti frullati e con sapori diversificati, utilizzando anche singoli ingredienti (ad esempio: preparare un brodo vegetale utilizzando solo carote oppure il frullato di un solo frutto);

- per i bambini delle fasce di età 12-24 mesi e 24-36 mesi: alimenti non necessariamente frullati, che comunque tengano in considerazione le difficoltà di masticazione; l'aspetto del piatto e degli alimenti forniti sono fondamentali.

 

E4. Quali le problematiche emergenti in ambito ospedaliero e scolastico?

Un aspetto emergente è rappresentato dal ricorso ad alimenti portati da casa. I pasti della ristorazione collettiva sono studiati per coprire le esigenze nutrizionali degli utenti nel rispetto dei vincoli igienico- sanitari. È, pertanto, opportuno dissuadere il ricorso al pasto da casa, che può provocare un discostamento dalle condizioni ottimali di varietà alimentare ed equilibrio nutrizionale, ponendo problemi dal punto di vista igienico e interferendo con il processo educativo e, nel caso della ristorazione collettiva scolastica, con l'appartenenza dell'alunno al gruppo classe. Ciò è altrettanto importante nella ristorazione ospedaliera dove la definizione del pasto è correlata alla specifica condizione clinica del paziente, per il quale gli alimenti portati da casa potrebbero essere non adeguati.

Un altro aspetto emergente, derivante dai cambiamenti in atto nella popolazione e dall'incremento progressivo di scelte alimentari, è rappresentata dalla necessità di programmare diete che rispondano alle specifiche esigenze etiche/culturali/religiose di differenti gruppi, e che contemporaneamente siano adeguate dal punto di vista nutrizionale per gli utenti delle mense scolastiche o a soggetti ricoverati in ospedale, e quindi potenzialmente a rischio di malnutrizione. È difficile distinguere le sopracitate e giustificate esigenze etiche/culturali/religiose da mode e derive ortoressiche. Il modello alimentare mediterraneo è universalmente riconosciuto valido per mantenere e raggiungere un buono stato di salute e prevenire le malattie croniche non trasmissibili per ogni persona, di qualsiasi condizione sociale ed età. Modelli alimentari che escludono determinati alimenti e, in alcuni casi, addirittura gruppi alimentari, rischiano, soprattutto in soggetti più fragili (bambini, anziani, malati), di non assicurare un apporto corretto o un'adeguata biodisponibilità di alcuni nutrienti e sono di più difficile gestione per assicurare un adeguato apporto di energia e nutrienti. Le linee guida anche più favorevoli a questi modelli suggeriscono infatti la necessità di supplementazione di alcuni micronutrienti (ad es. vit. B12) [17] e di monitorare costantemente lo stato di nutrizione (valutazione delle ingesta, di indici bioumorali e di crescita staturo-ponderale) al fine di prevenire l'instaurarsi di uno stato di malnutrizione soprattutto quando le richieste di nutrienti aumentano, sia in termini quantitativi che qualitativi, come avviene nei pazienti affetti da patologie acute/cataboliche (https://www.sip.it/2017/11/08/scelte-alimentari-estreme-e-mode-nutrizionali-la-dieta-vegana/). Le diete di esclusione (in cui siano assenti singoli alimenti o interi gruppi alimentari) devono essere fatte unicamente sulla base di indicazioni specifiche ed a seguito di un percorso diagnostico ad hoc, validato e documentato da prescrizione medica. La somministrazione di diete per patologia va attenzionata per verificare che all'alunno siano effettivamente proposti piatti contrassegnati per la sua identificazione.

Da notare che le motivazioni salutistiche o ambientali che portano ad adottare modelli diversi da

quello mediterraneo spesso non sussistono.[18,19]

Per tali regioni si consiglia:

1) di nominare le tipologie di menu forniti solo con riferimento a patologie specifiche (dieta per celiachia, per intolleranza al lattosio, per diabete di tipo 2, ecc.);

2) di prevedere un menu con un minimo di alternative nutrizionalmente equivalenti (vedi anche B4) o due menu con piatti intercambiabili. Le alternative devono cercare di soddisfare, entro limiti nutrizionalmente accettabili, le eventuali differenti esigenze dei commensali.

 

E5. È possibile modificare la struttura del pasto o la presentazione del cibo in funzione di nuove esigenze?

- Piatto unico

La struttura classica del pasto adottata dopo la seconda guerra mondiale (primo e secondo piatto, pane, contorno e frutta) non risponde più alle esigenze della nuova organizzazione della vita. Di fatto oggi la struttura del pasto prevede un solo piatto (primo o secondo che sia) accompagnato da contorno e/o frutta.

L'adozione di un piatto unico (da accompagnare a contorno, pane e frutta) nel rispetto delle indicazioni nutrizionali previste dai LARN e/o da esigenze individuali, sia nella ristorazione scolastica che nell'ospedaliera e assistenziale, può favorire l'adozione di corrette abitudini alimentari da mantenere auspicabilmente anche a casa e può "semplificare per razionalizzare" il lavoro delle cucine con una maggiore garanzia di adeguatezza nutrizionale e ottimizzare i flussi produttivi che avranno così maggiori risorse da dedicare alla cura degli aspetti gastronomici/culinari.

Tale struttura, tra l'altro corrisponde meglio anche a quanto previsto nel modello mediterraneo dove lo "spazio" dei secondi piatti (carni, pesce, uova, formaggi) è significativamente ridotto a favore di alimenti d'origine vegetale (legumi, ortaggi in particolar modo).

Certamente la proposta del piatto unico va sostenuta con un'informazione adeguata agli utenti e alle famiglie, per consentire una serena accettazione di tale proposta.

- Finger food

I pazienti con deterioramento cognitivo sono esposti ad un elevato rischio di malnutrizione per riduzione dell'apporto alimentare (difficoltà nell'alimentarsi e ad utilizzare le posate, incapacità a relazionarsi con il cibo, disfagia), alterazione del ritmo alimentare diurno (tendenza ad assumere maggior parte delle calorie al mattino con cena molto scarsa), preferenze alimentari (predilezione per alimenti ricchi in carboidrati e zuccheri semplici con rifiuto nell'assunzione di alimenti ricchi di proteine e lipidi) e incremento del dispendio energetico (wandering, agitazione psicomotoria, aumento del metabolismo basale). In questi soggetti, diversi studi, hanno dimostrato che l'utilizzo dei finger food consente di garantire il giusto apporto giornaliero di nutrienti, di mantenere il piacere di mangiare e permette un discreto livello di autonomia. Dal punto di vista pratico per la preparazione dei finger food è necessario utilizzare ingredienti quali semola di grano duro, formaggio grattugiato, erbe aromatiche, spezie e oli essenziali per alimenti. E' importante frazionare il vitto su sei piccoli pasti, proporre menu stagionali e ricette del territorio per favorire nei pazienti il ricordo di alcuni sapori conosciuti. I finger food devono essere facili da maneggiare, non lasciare residui sulle dita, essere nutrienti e calorici, essere di piccole dimensioni (un solo boccone) e tenuti a temperatura ambiente [20, 21].

 

E6. Come costruire un dietetico ospedaliero? Aspetti nutrizionali vs patologie

Lo schema generale di riferimento della Carta dei servizi pubblici sanitari, relativo all'elenco dei diritti dei ricoverati contenuti nelle carte proclamate a livello locale, riporta, al punto 80 dell'allegato 8, che il paziente ha diritto "ad avere diete e nutrizione variata, di buona qualità, igienicamente sicura e adeguata alla propria malattia". Da notare che buona parte dei pazienti ricoverati assume una quota significativamente inferiore a quanto fornito dal servizio di ristorazione [22].

Ogni servizio di ristorazione rivolto ad utenti con problematiche cliniche, deve ufficializzare un dietetico ospedaliero che preveda un vitto comune e diete specifiche per patologie[23]:

1. il vitto comune, per persone adulte ricoverate, dovrebbe assicurare 1800-2000 kcal giornaliere (lipidi 30%, protidi 18%, carboidrati 52%) articolate su tre pasti (colazione 20%, pranzo e cena 40%);

- nel dietetico ospedaliero sono riportate le diete predisposte per coprire le esigenze nutrizionali dei pazienti ricoverati, che non seguono, per motivi clinici, il vitto comune (trattasi del 20-30% dei ricoverati a seconda dei casi);

- nell'elencazione delle diete costituenti il dietetico ospedaliero, dovrebbe essere privilegiata la denominazione relativa alla composizione bromatologica piuttosto che quella relativa alla patologia;

2. il cartellino nutrizionale per l'allestimento dei vassoi personalizzati dovrebbe prevedere le seguenti indicazioni: piatti prenotati, composizione bromatologica e l'eventuale presenza di allergeni come previsto dal Regolamento UE n° 1169/2011 [24];

3. nei casi che non rientrano nel vitto comune o speciale (dietetico) deve esserci la possibilità di allestimento di menu personalizzati.

Nonostante la durata media della degenza non permetta di rilevare nel paziente a vitto comune particolari vantaggi clinico-nutrizionali, il percorso di cura ospedaliero inizia spesso ben prima del ricovero (fase di pre-ospedalizzazione) e termina ben oltre la dimissione dall'ospedale (dimissione protetta). Considerando tali fasi nella globale presa in carico del paziente, è possibile affrontare in maniera più efficace le problematiche nutrizionali. Inoltre la ricaduta positiva a livello psico-emotivo ed anche clinica nella fase di convalescenza, giustificano ampiamente le attenzioni, teoricamente dovute, sia a livello gastronomico, che nutrizionale.

Nell'organizzazione del servizio di ristorazione ospedaliera, la standardizzazione delle procedure e dei vitti per coprire il più ampio spettro di quadri clinici, apporta indubbi benefici in termini di compliance del degente e di contenimento dei costi di gestione economali (acquisti di derrate e materiale di consumo) e professionali (personale di cucina, dietisti, specialisti in scienza dell'alimentazione).

L'elaborazione del dietetico può essere strutturata in diverse fasi successive, logiche e sequenziali, dalla definizione degli standard di riferimento, all'analisi nutrizionale dei menu fino alla comunicazione ai pazienti come riportato in Tabella 8.

 

E7. Quali specificità del dietetico ospedaliero pediatrico?

a. Quali caratteristiche dell'alimentazione per bambini ospedalizzati?

Per un'ottimale copertura dei fabbisogni, il computo di energia e nutrienti dovrà fare riferimento ai LARN, tenendo conto delle diverse fasce di età dei ricoverati e delle Linee Guida per una sana alimentazione. In questo senso appare necessario che in tutte le strutture siano presenti protocolli specifici di valutazione nutrizionale, atti ad identificare i bambini con o a rischio di malnutrizione. I pazienti con patologie croniche o con patologie acute per fatti intercorrenti/stressanti (virosi, traumi, interventi chirurgici), associati a catabolismo e ad iporessia, possono necessitare di incrementare gli apporti complessivi rispetto alla popolazione sana. In relazione a tali necessità il dietetico ospedaliero pediatrico deve contenere:

- vitto comune rappresentato da un insieme di menu fruibili in tutte le situazioni patologiche che non richiedono un trattamento dietetico speciale. Esso si articolerà in colazione, pranzo, spuntino e cena, con variazione settimanale dei menu al fine di evitare scelte ripetitive e monotone e con orari rispettosi delle abitudini domestiche;

- diete standard speciali ovvero schemi dietetici adatti a specifiche patologie con caratteristiche nutrizionali precodificate;

- diete personalizzate ovvero schemi dietetici prescritti per le necessità cliniche del problema nutrizionale del singolo paziente previa consulenza dietistica e/o specialistica.

b. Quali le specificità del dietetico pediatrico Il dietetico pediatrico dovrà:

- comprendere menu che siano adeguati per fascia di età, apporto equilibrato di nutrienti, copertura dei fabbisogni, varietà e gradevolezza degli alimenti;

- riportare la composizione bromatologica di tutti i nutrienti che compongono i singoli piatti (per la cui specifica definizione sarà necessario indicare le quantità dei singoli ingredienti da utilizzare per la preparazione delle pietanze);

- indicare gli ingredienti principali delle singole ricette (evitando nomi di fantasia) per favorire una scelta consapevole;

- tenere conto delle tradizioni alimentari del territorio, offrire i piatti tipici delle ricorrenze e delle festività, anche in considerazione delle diverse etnie;

- considerare la stagionalità nella definizione dei menu che saranno diversi per il periodo autunno- inverno e primavera-estate;

- adeguare all'età del paziente le preparazioni di cucina (piccoli pezzi di alimenti e pasta di piccolo formato per le prime fasce d'età, ad esempio). Cfr. Linee di indirizzo per la prevenzione del soffocamento da cibo in età pediatrica; [16]

- fare riferimento nella proposta dei piatti per bambini di età inferiore a 36 mesi alla legislazione specifica circa i baby food ed i latti (DM 82/2009, attuazione della direttiva 2006/141/CE);

- porre particolare attenzione alla porzionatura delle pietanze anche attraverso l'uso di stoviglie ad hoc (mestoli di varia grandezza ad esempio);

- prediligere alimenti vegetali a filiera corta;

- distribuire i pasti in vassoi personalizzati, tali da consentire inequivocabilmente la riconducibilità al destinatario con piatti monoporzione riutilizzabili e contenitori sigillati per la frutta.

Naturalmente il dietetico ospedaliero e la qualità globale del servizio di ristorazione dovranno essere monitorati attraverso il rilevamento del gradimento del pasto, degli scarti nei piatti, della qualità percepita rispetto all'ambiente.

 

E8. Quali problematiche nelle diete speciali nella ristorazione ospedaliera pediatrica?

La necessità di integrare le esigenze nutrizionali di ogni bambino ricoverato con le patologie di cui è affetto, pone l'esigenza di avere a disposizione un elenco di diete standard con composizione bromatologica, adatta a specifiche patologie. In questo senso nel dietetico ospedaliero dovranno essere presenti diete iperproteiche, ipercaloriche, ipocaloriche, ad alto e/o ridotto contenuto in fibra, per disfagia, di rialimentazione, prive di glutine e/o lattosio e/o proteine del latte vaccino. In ogni caso, dovrà essere prevista la possibilità di prescrizione di diete ad personam: tali diete vengono prescritte dal medico (pediatra, specialista in scienza dell'alimentazione o con competenze in nutrizione clinica), calcolate dal dietista ed allestite utilizzando grammature, alimenti e modalità di preparazioni specifiche. In questo ambito, particolare attenzione va posta al rischio di contaminazione crociata e di quella accidentale, per cui è indispensabile che nel capitolato vengano previste zone, attrezzature e utensili dedicati alla preparazione, cottura, confezionamento e conservazione degli alimenti utili per tali preparazioni. Una menzione particolare, stante l'alta incidenza di celiachia, va posta all'approvvigionamento di prodotti alimentari naturalmente privi di glutine come mais, riso, soia, legumi, verdura, frutta, latte e derivati, uova, carne, pesce e di prodotti alimentari trasformati che in etichetta riportano la dicitura "senza glutine" che in ogni caso dovranno avere una zona specifica di stoccaggio. Per tutte le diete speciali dovrà inoltre essere prevista una zona ad hoc destinata per la preparazione. Il personale sarà formato seguendo periodici e specifici piani di aggiornamento. Nel processo di confezionamento del piatto sarà opportuna la presenza di una figura responsabile e la conservazione dell'etichetta nominativa del piatto preparato.

 

E9. Quali modalità di integrazione della ristorazione ospedaliera con procedure di nutrizione artificiale?

I soggetti che vengono categorizzati a medio o a elevato rischio di malnutrizione devono essere inseriti in un programma di valutazione, trattamento e monitoraggio nutrizionale.

Tale iter deve essere previsto in ogni ospedale e gestito da personale specialistico (Struttura di Dietetica e Nutrizione Clinica o Team multidisciplinare dedicato).

Il "programma nutrizionale" è redatto sulla base di una valutazione specifica dello stato nutrizionale che include, parametri antropometrici, esami bioumorali, valutazione del livello pregresso e recente degli apporti nutrizionali per via orale, valutazione dello stato clinico, funzionalità del tratto digerente (inclusa la deglutizione), prospettive terapeutiche e prognosi. Tale programma definisce gli obiettivi, le modalità (via di somministrazione, aspetti quanti e qualitativi degli apporti, timing) della nutrizione e le modalità di monitoraggio.

La periodicità del monitoraggio nutrizionale viene stabilita all'inizio del trattamento, ed eventualmente variata a seconda delle esigenze cliniche.

La via orale di alimentazione rappresenta sempre la prima scelta, ove possibile, e la possibilità di usufruire di una ristorazione ospedaliera di buona qualità, che coniughi la disponibilità di diete specificamente studiate per le più frequenti situazioni cliniche con un buon livello di palatabilità e di offerta di differenti scelte, è cruciale per utilizzare con successo tale via di nutrizione.

Nel caso in cui il paziente non si alimenti in modo sufficiente con la dieta prescritta, possono essere utilizzate diverse strategie per ottimizzare gli apporti (dieta personalizzata, frazionamento dei pasti, modificazione della consistenza degli alimenti e utilizzazione di diete ad elevata densità calorico/proteica).

Nel caso in cui, nonostante l'ottimizzazione dell'offerta di alimenti, il paziente non riesca a nutrirsi in modo sufficiente, possono essere attuate differenti integrazioni/variazioni del programma nutrizionale:

- la supplementazione dell'alimentazione per via orale, di cui esistono molte differenti formulazioni, è frequentemente praticata e, usualmente, si affianca all'alimentazione fornita dalla ristorazione ospedaliera che costituisce comunque la parte prevalente del trattamento nutrizionale;

- in alcune situazioni cliniche (ad es. disfagia) è indicata la nutrizione artificiale per via enterale (tramite sonda naso gastrica o stomia gastrica o digiunale). Talvolta, quando le indicazioni alla nutrizione artificiale non sono vincolanti (ad es. paziente con anoressia nervosa) l'alimentazione per via orale può essere continuata;

- la nutrizione artificiale per via parenterale (somministrata per via venosa) viene praticata in modo parziale (di supporto) o completo (totale). La prima modalità può associarsi all'alimentazione per via orale, essendo spesso utilizzata per periodi limitati, in soggetti che si prevede possano incrementare gli apporti per via orale. Nel caso in cui invece esistano controindicazioni all'utilizzazione della via digestiva, o completa impossibilità del paziente alla nutrizione orale, la nutrizione artificiale deve fornire tutti gli apporti per via venosa.

In tutti i casi di integrazione dell'alimentazione per via orale con tipologie differenti di nutrizione artificiale, risulta evidente l'importanza dell'attenta gestione nutrizionale, spesso quotidiana, del paziente. Laddove il supporto nutrizionale artificiale non è totale, il ruolo del servizio di ristorazione rimane di fondamentale importanza nella gestione complessiva del paziente.

Strumento fondamentale per la gestione del trattamento nutrizionale è la cartella nutrizionale. Essa è usualmente gestita dal dietista, in collaborazione con il medico responsabile del trattamento nutrizionale e riporta l'andamento sia degli indici nutrizionali che degli apporti alimentari/nutrizionali durante la degenza. Essa si affianca alla cartella clinica e rappresenta un fondamentale strumento di integrazione con il personale sanitario di reparto (medici, infermieri) nella gestione complessiva del paziente.

 

E10. Quale l'assistenza minima al pasto? E chi può o la deve fornire?

L'osservazione clinica quotidiana evidenzia una frequente difficoltà all'assunzione del pasto legata a motivazioni cliniche (disabilità, alterate funzioni sensoriali, di masticazione o di deglutizione, patologie che impattano sulla funzione cardio-respiratoria o gastroenterica, ecc.) e non (logistico- organizzative, di tempistica, ecc.) che incidono significativamente sul benessere e sull'outcome clinico del paziente.

All'ammissione in reparto deve essere pertanto valutata la possibilità/capacità del paziente di alimentarsi adeguatamente e nel caso in cui ciò non sia possibile, dovranno essere predisposti percorsi di assistenza al pasto che coinvolgano il personale di reparto, volontari e familiari opportunamente formati.

L'assistenza deve essere mirata a facilitare l'assunzione del pasto ed aiutare la raccolta dei dati inerenti l'alimentazione (tramite diario alimentare guidato o analogo strumento predisposto all'interno del reparto).

In particolare:

- in caso di iporessia è necessario facilitare l'assunzione del pasto, privilegiando, in funzione della causa del ridotto apporto alimentare, alimenti a più elevata densità calorica e proteica, a ridotta consistenza o in grado di stimolare maggiormente le funzioni sensoriali, a seconda dei casi;

- in caso di autosufficienza compromessa è necessario:

- fornire al paziente stoviglie adeguate alle sue necessità ed al suo livello di autonomia;

- somministrare alimenti in forma (consistenza, dimensioni) adeguata;

- non imboccare il paziente in posizione sdraiata, nei momenti di sonnolenza o di agitazione, al fine di evitare il rischio di soffocamento;

- rispettare i tempi necessari alla masticazione controllando la deglutizione;

- in caso di disfagia, sorvegliare l'assunzione del cibo rispetto al rischio di aspirazione di contenuti alimentari all'interno delle vie respiratorie, informando sui segni e i sintomi "sentinella".

È pertanto necessario, qualora l'assistenza non sia fornita da personale di reparto, che sia predisposto un percorso informativo/formativo di chi (parenti o volontari stabilmente operanti all'interno del presidio ospedaliero) viene coinvolto nell'assistenza al pasto.

In Allegato 11 sono riportate alcune modalità di assistenza minima al pasto.

Il Ministero della salute, con l'obiettivo di ridurre le complicanze mediche conseguenti alla malnutrizione, facilitare il recupero dello stato nutrizionale e della salute fisica, tappe essenziali nella guarigione del paziente oncologico, ha elaborato le Linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici. [25]

 

F. LA COMUNICAZIONE NELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA

BOX RIASSUNTIVO

Aspetti prioritari relativi a "LA COMUNICAZIONE NELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA"

- c'è una sempre maggiore attenzione alla sana alimentazione da parte dell'opinione pubblica e dei media. Purtroppo, tale attenzione, spesso, non è supportata da conoscenze in ambito nutrizionale sufficienti a evitare disinformazione e il propagarsi di falsi miti. I capitolati della ristorazione collettiva talvolta risentono di questo clima permeato di paure spesso ingiustificate, di mode e falsa informazione;

- il servizio di ristorazione ospedaliera può svolgere un ruolo importante nella prevenzione/trattamento della malnutrizione (per eccesso o per difetto) se è in grado di mettere il paziente al centro del progetto di ristorazione, che deve essere vissuto come un momento importante della vita ospedaliera, essenziale nel determinare l'esito delle cure;

- la ristorazione scolastica costituisce un servizio con una forte valenza pubblica che può rappresentare un importante veicolo per incidere sulle scelte e le tendenze alimentari degli alunni, delle famiglie e della collettività, con effetti positivi sugli orientamenti, le pratiche e la sostenibilità del sistema agroalimentare;

- i programmi di comunicazione devono mantenere una loro continuità nel tempo evitando il

frazionamento degli interventi, le iniziative sporadiche e di breve respiro grazie alle creazioni di reti stabili in cui i diversi attori, pubblici (ministeri, regioni, comuni, Asl e istituti scolastici) e privati, aderiscano ad un comune programma.

 

F1. Quali strategie di comunicazione?

Vista la crescente attenzione ad una sana alimentazione da parte dell'opinione pubblica e dei media, la ristorazione collettiva diventa un fondamentale veicolo anche di corretta informazione sul cibo e tutto ciò che ruota attorno ad esso. Tale attenzione, purtroppo, non è, spesso, supportata da conoscenze sufficienti ad evitare disinformazione e il propagarsi di falsi miti. I capitolati della ristorazione collettiva talvolta risentono di questo clima permeato di paure spesso ingiustificate, di mode e falsa informazione.

La corretta comunicazione dovrebbe anche mirare ad evitare "Collegamenti concettuali" più diffusi e errati, quali:

- "alimentarsi" e "nutrirsi" siano di significato equivalente. Il 35-43% dei ricoverati non assume più di 1500 kcal (55% dei malnutriti assume meno del 50% del dovuto) [26, 27]. Specie in ambito clinico questo è l'errore più frequentemente commesso, in quanto non si verifica la copertura dei fabbisogni nutrizionali richiesti. Appena un paziente inizia ad alimentarsi si tende ad interrompere qualsiasi altra forma d'integrazione e/o nutrizione artificiale, ritenendo che l'apporto di nutrienti risponda alle esigenze dell'organismo;

- l'acqua di rete ("alla spina") sia meno "sicura" di quella imbottigliata. Il D.lgs. n°31/01 (modificato dal D.lgs. n°27/02 e dal decreto del Ministero della salute 14 giugno 2017), proprio per soddisfare le esigenze sanitarie e garantire la protezione, prevede infatti severi controlli della qualità dell'acqua destinata ad uso umano, sia dal punto di vista chimico che microbiologico, con frequenze anche giornaliere (per volumi oltre 100.000 m³);

- naturale equivalga a sano. Naturale dal lat. naturalis, della natura, che riguarda la natura. Sempre più spesso ciò che è considerato "naturale" viene giudicato più buono, giusto, ecologico, sano, sicuro, genuino, sostenibile. Il marketing non si lascia sfuggire l'opportunità cavalcando questo simbolismo[28]. Ma è proprio così? Non sempre. I pregi o i rischi di una sostanza sono del tutto indipendenti dal fatto che sia naturale o artificiale.

- il cibo da coltivazione biologica abbia un migliore profilo nutrizionale e sia quindi più salutare rispetto ai prodotti non coltivati secondo il metodo biologico. Diversi sono gli studi scientifici che hanno valutato i potenziali benefici nutrizionali per la salute dell'uomo derivanti dal consumo di alimenti biologici rispetto a quelli non biologici; dai risultati ottenuti si evince che nutrizionalmente il cibo di produzione biologica non presenta differenze significative da quello non biologico [29, 30]. In merito alle differenze negli impatti ambientali tra coltivazione biologica e convenzionale, l'agricoltura biologica è caratterizzata da un minore impatto ambientale per unità di superficie e permette il mantenimento di un migliore livello di biodiversità e fertilità dei suoli, nonché è caratterizzata da più basse emissioni di greenhouse gas (GHG). [31]

 

F2. Con che frequenza comunicare? A chi? Come?

La ristorazione ospedaliera può svolgere un ruolo importante fornendo le basi scientifiche di un sano comportamento alimentare, sfatando falsi miti ed errate convinzioni, attraverso il riconoscimento di quegli elementi che possono concorrere alle cattive abitudini alimentari, o che, al contrario, possono contribuire all'acquisizione o al recupero di un sano e corretto stile di vita, contrastando la malnutrizione presente o evitando che questa insorga. A tal fine è necessario mettere il paziente al centro del progetto di ristorazione, che deve essere vissuto come un momento rilevante della vita ospedaliera, essenziale nel determinare l'esito delle cure. La realizzazione, ad esempio, di "palestre alimentari", in cui il personale ospedaliero (medici nutrizionisti, psicologi, dietisti) ed il personale di cucina supportino i pazienti con obesità e/o affetti da disturbi alimentari (Eating and Feeding Disorders), potrà essere di ausilio durante il percorso terapeutico-riabilitativo di questi pazienti. La formazione continua dei cuochi e degli altri componenti della brigata di cucina consentirà loro di acquisire conoscenze relative alla combinazione ottimale degli alimenti, di apprendere/affinare le tecniche di preparazione e cottura, le procedure di ottimizzazione dei flussi produttivi/distributivi e delle tecniche di presentazione del piatto. Elementi utili a migliorare il rapporto tra paziente e servizio di ristorazione e l'efficienza del servizio stesso.

La ristorazione scolastica costituisce un servizio con una forte valenza pubblica che può rappresentare un importante veicolo per incidere positivamente sulle scelte e le tendenze alimentari degli alunni, delle famiglie e della collettività, con effetti positivi sugli orientamenti, le pratiche e la sostenibilità del sistema agroalimentare. La comunicazione ne costituisce una leva strategica indispensabile in un'epoca in cui il cibo è entrato nella scena pubblica diventando intrattenimento, cultura, arte e, nel contempo, motivo di inquietudini legate alla salute delle persone e dell'ambiente. I programmi di comunicazione, devono mantenere una loro continuità nel tempo, evitando il frazionamento degli interventi, le iniziative sporadiche e di breve respiro grazie alla creazione di reti stabili in cui i diversi attori, pubblici (ministeri, regioni, comuni, asl e istituti scolastici) e privati, aderiscano ad un comune programma e si coordinino, utilizzando un mix di canali e di strumenti specifici, per raggiungere i destinatari, con messaggi modulati in funzione delle loro caratteristiche e del mezzo utilizzato.

La Carta dei servizi e il piano dell'offerta formativa dovranno, coordinandosi tra di loro e con la commissione mensa (Allegato 12), offrire un quadro chiaro, dettagliato/articolato e non generico della gestione e organizzazione del servizio di mensa e delle iniziative di educazione alimentare rivolte agli alunni e ai loro genitori.

L'obiettivo dell'acquisizione di corrette abitudini alimentari si accompagna, in una progettazione educativa che recupera la dimensione esperienziale della ricerca e del fare, alla valorizzazione del cibo nelle sue qualità intrinseche e nel suo essere strumento per conoscere la natura, elemento fondamentale degli ecosistemi, espressione dei diversi contesti culturali ed ambientali, economia del territorio, veicolo di relazioni, alimento che nutre e gratifica i sensi.

 

Allegati -

Allegato 1 - Rappresentazione grafica del network ospedaliero/assistenziale/scolastico

In formato grafico

Allegato 2 - "Aspetti della ristorazione scolastica nell'educazione alimentare"

La ristorazione scolastica rappresenta un'occasione importante per educare i bambini e i ragazzi alla scelta e al consumo consapevole di cibi sicuri, buoni e sani, provenienti da filiere legali e sostenibili per l'ambiente, la società e l'economia.

Il pasto consumato a scuola, in un contesto piacevole di esperienze gustative, di socialità, convivialità ed uguaglianza delle opportunità, motiva alla conoscenza degli alimenti e delle loro caratteristiche, sostiene l'acquisizione di comportamenti alimentari equilibrati e salutari e favorisce occasioni di confronto e dialogo.

La ristorazione scolastica si caratterizza come un momento educativo che promuove, sin dal nido d'infanzia, l'adozione di sane abitudini alimentari e di corretti stili di vita, che costituiscono una condizione irrinunciabile per il benessere delle generazioni presenti e future.

Ma perché ciò avvenga è necessario che l'esperienza maturata nella mensa scolastica sia supportata da percorsi informativi, e soprattutto formativi, aderenti alla realtà, agli interessi e alla vita quotidiana dei giovani interlocutori. E trovi nell'alimentazione proposta in famiglia una condivisione dell'orientamento dietetico-nutrizionale offerto a scuola, per porre in atto una corresponsabilità educativa attorno ai temi della salute e dell'acquisizione di sane abitudini alimentari e corretti stili di vita, sin dalle primissime fasi della vita. La collaborazione attiva e partecipe delle famiglie al progetto di educazione alimentare della scuola costituisce un elemento trainante per il suo successo.

Una ristorazione scolastica di qualità può offrire, con le dovute mediazioni, più di un motivo e di un argomento per implementare processi di apprendimento che consentano di riconoscere il valore del cibo nei diversi ambiti dell'esperienza umana. Il mangiare è, infatti, un atto complesso che coinvolge molteplici aspetti della vita quotidiana delle persone e, per questo, non può essere oggetto di una unica disciplina.

L'educazione alimentare non costituisce una nuova materia, bensì un percorso di ricerca che attraversa in diversi modi le attività del nido, i campi di esperienza della scuola dell'infanzia e, a partire dall'età dell'obbligo, le discipline, per facilitare negli allievi una conoscenza più approfondita delle diverse declinazioni che il cibo assume nella vita degli uomini, della società, degli ecosistemi.

L'orientamento è quello di un'educazione alimentare sempre più integrata con i curricola scolastici, trasversale alle varie attività educative e di apprendimento, che per questo richiede un approccio complesso e sistemico in grado di sostenere le nuove generazioni in un processo di consapevolezza del proprio rapporto col cibo per orientarlo in modo sano ed equilibrato, proponendo nel contempo un'idea di qualità dell'alimentazione che riguarda, oltre al benessere del singolo, quello della società in cui vive e dell'ambiente da cui ottiene le risorse.

La realizzazione di adeguati percorsi di educazione alimentare, che sappiano offrire agli allievi situazioni esperenziali a contatto diretto con gli alimenti, con le loro fonti e trasformazioni, con le loro dimensioni territoriali e culturali, richiede agli educatori e ai docenti un livello di preparazione frutto di una specifica formazione e l'acquisizione da parte delle scuole delle necessarie risorse per predisporre contesti di apprendimento adeguati allo scopo.

La progettazione e la realizzazione a scuola di efficaci progetti di educazione alimentare, che coinvolgono nel loro procedere le esperienze degli alunni in mensa, necessitano della collaborazione dei gestori del servizio di ristorazione e delle istituzioni socio-sanitarie. Ma dovrebbero poter anche contare sulle sinergie tra reti di scuole e realtà del mondo della produzione, dei consumi alimentari e della comunicazione. La garanzia di uno stile alimentare corretto per tutti i soggetti in età evolutiva richiede la messa in atto di un impegno corale di quanti (scuola, famiglia, medici pediatri, istituzioni ed imprese pubbliche e private) si prendono cura, a diverso titolo, dell'educazione delle nuove generazioni ad una corretta alimentazione e ad un sano stile di vita.

 

Allegato 3 - Le Linee Guida per l'Educazione Alimentare del MIUR

Il documento - presentato anche al Salone Internazionale del Libro di Torino il 14 maggio 2016 - è scaricabile dal sito istituzionale del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca all'indirizzo: http://www.istruzione.it/allegati/2015/MIUR_Linee_Guida_per_l'Educazione_Alimentare_2015.pdf

Redatte a cura della Direzione generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del MIUR e del Comitato per l'Educazione alimentare del MIUR, le Linee Guida per l'Educazione Alimentare, 2015 - adeguamento e aggiornamento delle Linee Guida del MIUR per l'Educazione Alimentare nella Scuola Italiana, 2011 - configurano il quadro epistemologico nel quale collocare l'Educazione alimentare nel Sistema educativo di istruzione e di formazione italiano, anche alla luce delle eredità educative e culturali di EXPO 2015. Per il tipo di approccio sistemico che sostengono, è indispensabile che tali Linee Guida trovino l'attenzione non soltanto della scuola, ma anche l'interesse di tutti i soggetti diretti e indiretti, esterni alla scuola, chiamati ad agire nell'interesse comune.

I comportamenti alimentari scorretti sono stati individuati tra i quattro primari fattori di rischio - insieme a fumo, alcol e inattività fisica - nei quali è possibile identificare con certezza i principali determinanti delle malattie croniche più frequenti nel nostro Paese. Molte sono le sollecitazioni che inducono a considerare prioritario l'impegno nell'agire sul piano dell'educazione alimentare. Tuttavia, affinché gli interventi risultino significativi, è necessario promuovere nel complesso una reale Cultura Alimentare mediante un approccio sistemico.

La scuola si rivela essere, in particolare, il luogo di elezione per fare un'efficace educazione alimentare attraverso il proprio radicamento territoriale, la specifica ricchezza interculturale, il dialogo e l'osservazione quotidiana e continua tra e con i ragazzi, con il presidio costante e interdisciplinare del percorso formativo, con la possibilità di costruire connessioni cognitive mirate. Attraverso questo approccio, essa si configura come l'istituto sociale che prima di ogni altro può assolvere il compito di guidare il processo radicale di riappropriazione e di esplorazione emotiva e culturale del complesso atto alimentare, anche sottolineando in maniera adeguata l'importanza della necessaria attività fisica (motoria, ludica o sportiva che sia).

Attraverso l'educazione alimentare è anche possibile contribuire a far crescere, soprattutto nelle giovani generazioni, la consapevolezza del quotidiano esser parte di una comunità, locale e globale. A tal fine è del tutto indispensabile, per se stessi e per la collettività, sviluppare un'adeguata sensibilità ai temi della sostenibilità, del benessere personale e collettivo, dell'adozione di corretti stili di vita, nonché della prevenzione e la conveniente comprensione del processo di nutrizione personale, delle funzionalità e necessità di tutelare territori produttivi, filiere e sistemi alimentari, della stagionalità e tipicità dei prodotti alimentari, dei consumi responsabili e allo sforzo di contenere gli sprechi e l'uso di risorse non rinnovabili o difficilmente smaltibili, oltre che dei contesti economici, etici e sociali entro i quali si muove nel suo complesso il Sistema Cibo.

L'estrema attualità e inevitabilità degli argomenti relativi all'alimentazione e alla sana nutrizione, alla food safety e alla food security, agli obblighi nazionali e comunitari, suggerisce che tali tematiche costituiscano oggetto di attento studio e riflessione collettiva e continuativa, in un'ottica interdisciplinare, anche nell'ambito del dialogo interculturale e dell'educazione allo sviluppo sostenibile inteso secondo i criteri di sostenibilità ecologica, sociale ed economica, alla solidarietà, alla pace, alla legalità.

In particolare, l'idea della "sostenibilità", cioè l'impatto che le produzioni agroalimentari hanno sull'ambiente e sull'organizzazione sociale, deve entrare a far parte - come parametro imprescindibile - del concetto odierno di qualità del cibo. Con un'attenzione speciale anche agli aspetti etici della produzione e del consumo. Ciò significa uscire da un approccio focalizzato spesso sulla sola nutrizione, per trovare una nuova chiave che - attraverso il lavoro sui molteplici aspetti valoriali del cibo e dell'alimentazione - garantisca la significatività e l'efficacia dell'educazione alimentare.

 

Allegato 4 - Legami produttivi utilizzati nella ristorazione collettiva

- pasto a legame espresso: (cook&serve) letteralmente "cucinare e servire": pasto che dopo la sua produzione, (a caldo o a freddo, in funzione della ricetta) è direttamente e rapidamente distribuito;

- pasto a legame fresco caldo: (cook&hold&serve) letteralmente "cucinare, mantenere e servire": pasto che dopo la sua produzione, (a caldo o a freddo, in funzione della ricetta) è mantenuto nello spazio e nel tempo nelle condizioni termiche determinate in fase di produzione, consegnato presso il luogo di consumo entro breve termine, in contenitori per alimenti a perdere in mono o multi- razione e somministrato senza che siano previsti ulteriori trattamenti termici;

- pasto a legame refrigerato: (cook&chill) letteralmente "cucinare e raffreddare": pasto che dopo la sua produzione è refrigerato mediante abbattimento rapido della temperatura (sino a <10°C al cuore del prodotto entro circa 90 minuti) ed è successivamente riportato in temperatura mantenendo, nello spazio e nel tempo, le condizioni termiche sino alla somministrazione;

- pasto a legame congelato: (cook&freeze) letteralmente "cucinare e congelare": pasto che dopo la sua produzione è congelato mediante abbattimento rapido della temperatura ed è successivamente riportato in temperatura mantenendo, nello spazio e nel tempo, le condizioni termiche sino alla somministrazione;

- pasto a legame surgelato: pasto che dopo la sua produzione è sottoposto ad abbattimento rapido di temperatura inferiore ai -18°C, stoccato a bassa temperatura ed è successivamente rigenerato termicamente mantenendo, nello spazio e nel tempo, le condizioni termiche sino alla somministrazione;

- pasto a legame sotto vuoto: (sous-vide) pasto le cui materie prime o semilavorati sono cucinati in condizioni di bassa temperatura, controllata e stabile all'interno di buste sotto vuoto, raffreddati mediante abbattimento rapido e successivamente rigenerati termicamente mantenendo, nello spazio e nel tempo, le condizioni termiche sino alla somministrazione, con periodo di durabilità definito da uno studio di fattibilità su base scientifica;

- pasto a legame misto: combinazione di due o più legami precedentemente descritti per produrre, mantenere, distribuire e somministrare il pasto.

Allegato 5 - Considerazioni operative relative alla sicurezza alimentare e alla struttura del menu di base e del dietetico

a. Food safety e food security.

La sicurezza alimentare si struttura in due componenti, spesso confuse o non adeguatamente definite:

- la food safety, priorità assoluta in tutti i percorsi di ristorazione domestica o collettiva, è mirata a garantire la sicurezza e la salubrità igienico-microbiologica nell'intera filiera ristorativa, dalla produzione e trasformazione eventuale delle materie prime, alla loro preparazione, conservazione, trasporto e distribuzione;

- la food security, di più recente definizione, esiste quando a tutte le persone è garantito un accesso fisico, sociale ed economico a cibo sufficiente, sicuro (safe) e nutrizionalmente adeguato, tale da coprire i fabbisogni per una vita sana e in salute.

La garanzia e la tutela del rispetto di queste due componenti della sicurezza alimentare è tra gli obiettivi della ristorazione collettiva (sanitaria e non).

 

b. La composizione del pasto (vitto comune) per la ristorazione ospedaliera

Il vitto comune deve prevedere un'adeguata ripartizione calorica nei 3 pasti (colazione circa 20%, pranzo e cena circa 40% ciascuno); eventuali spuntini possono contribuire fornendo il 10% della quota calorica con conseguente riduzione percentuale nei pasti principali. Deve essere nota la composizione bromatologica dell'intero menu, così da poter verificare periodicamente la corretta composizione della giornata alimentare, tale da prevedere un apporto di circa il 15% delle calorie totali da proteine, il 28-30% da lipidi, fissando l'apporto da glucidi nella quota restante (55-60%).

L'eventuale spuntino (o spuntini) deve prevedere alimenti facilmente consumabili: bevande caloriche (latte, succhi di frutta), alimenti al cucchiaio (creme o budini, mousse o omogeneizzati), alimenti "da forno", monoporzioni di marmellata, cioccolato, formaggio, ecc.).

Gli orari di distribuzione dei pasti dovrebbero essere simili a quelli normalmente adottati a domicilio e non legati, come troppo spesso avviene, all'organizzazione del lavoro del personale di assistenza.

In area pediatrica, gli apporti devono essere differenziati per fascia d'età: 1200-1300

calorie tra i 18 e i 36 mesi e apporti crescenti per fasce d'età superiore. Deve essere prevista una merenda nel pomeriggio.

Per i lattanti e i divezzi deve essere presente un servizio adibito alla produzione di pasti lattei (ad esempio Banca del latte), di pasti di primo svezzamento e di diete speciali per la primissima infanzia.

 

ESEMPIO DI GIORNATA ALIMENTARE PER IL VITTO COMUNE

 

(fissi) PRIMO PIATTO Primo asciutto elaborato del giorno
Minestra/Zuppa del giorno
Pastina in brodo di carne
Semolino in brodo vegetale
Caffè latte
Pasta in bianco
Pasta al pomodoro
Riso in bianco
Riso al pomodoro
Brodo
(fissi) SECONDO PIATTO Secondo del giorno
Secondo morbido del giorno
Prosciutto crudo
Prosciutto cotto
Omogeneizzato di carne
Polpette di carne bianca e/o rossa
Pollo lesso
Filetto di pesce al vapore
Ricotta
Formaggio a pasta dura o molle indicandone la tipologia e alternando la frequenza settimanale
CONTORNO (fissi) Contorno caldo del giorno
Contorno freddo, crudo o cotto del giorno
Purea
Verdura cotta bollita
FRUTTA Frutta fresca di stagione intera
Frutta fresca di stagione pulita e tagliata a pezzi
Frutta cotta intera
Frutta cotta passata pastorizzata senza zucchero
Budino
Yogurt bianco
Yogurt alla frutta
Macedonia di frutta fresca
PANETTERIA Pane comune e pane integrale
Grissini
Fette biscottate
Crackers
BEVANDE Acqua naturale ½ litro
CONDIMENTI Olio extravergine di oliva
Olio e aceto
Succo di limone
Parmigiano

 

c. Le diete standard

Le diete standard sono destinate a soggetti con patologie specifiche per le quali siano indicate modificazioni dietetiche, che non richiedono formulazioni dietetiche individuali. Le diete standard minime suggerite sono:

Dieta iposodica sodio 1000 mg

Dieta ipocalorica 1400 kcal e 1600 kcal

Dieta ipoproteica proteine 40g e proteine 50g

Dieta a ridotto apporto di fibre e lattosio

Dieta senza glutine

Dieta a consistenza modificata

Dieta ad alta densità nutrizionale (tale da garantire 2200 kcal e circa 100g di proteine) Dieta di rialimentazione

 

Dieta iposodica la restrizione di sodio si ottiene riducendo la quantità di sale da cucina aggiunto al cibo durante la cottura e limitando o escludendo alimenti particolarmente ricchi di sodio, rappresentati soprattutto da prodotti conservati, prevalentemente di origine industriale (formaggi, salumi).

Indicazioni: la dieta iposodica è indicata nella terapia dell'ipertensione essenziale, dell'insufficienza epatica, nelle cardiopatie con scompenso.

Dieta ipocalorica: prevede la riduzione dell'apporto energetico giornaliero garantendo il fabbisogno di proteine, vitamine e minerali. Nella formulazione di una dieta ipocalorica occorre individuare la restrizione energetica alla quale è necessario sottoporre il paziente. Queste diete sono caratterizzate, oltre che dal contenuto calorico ridotto, anche da una riduzione dell'apporto di zuccheri semplici con relativo aumento di quelli a lento assorbimento. Le diete ipocaloriche sono bilanciate poiché mantengono la fisiologica ripartizione calorica tra proteine lipidi e glucidi, nonché dei micronutrienti. Sono previsti due livelli di restrizione calorica a 1400 Kcal e 1600 Kcal.

Indicazioni: le diete ipocaloriche sono indicate nei pazienti con malattie metaboliche quali obesità, sovrappeso, diabete, dislipidemie.

Dieta ipoproteica: il corretto utilizzo metabolico delle proteine alimentari richiede un adeguato introito calorico e la presenza di tutti gli aminoacidi essenziali: è quindi indispensabile che la dieta ipoproteica fornisca sufficienti calorie e che le proteine ad alto valore biologico (di origine animale) costituiscano almeno il 50% delle proteine fornite. Sono previsti due livelli di restrizione proteica a 40g e a 50g. Nell'insufficienza renale cronica è anche necessaria la restrizione dell'apporto in fosforo che deve essere inferiore a 700 mg /die.

Indicazioni: le diete ipoproteiche sono indicate nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica e nelle fasi di scompenso acuto delle epatopatie con encefalopatia.

Dieta a ridotto apporto di fibre e lattosio: le fibre presenti negli alimenti contribuiscono ad aumentare i residui fecali e stimolano la peristalsi intestinale. Un'adeguata preparazione intestinale è essenziale per l'esecuzione di alcuni test diagnostici strumentali dove l'intestino deve risultare il più possibile privo di residui fecali. Nelle diarree acute è utile associare la restrizione nell'apporto di lattosio a causa del frequente deficit di lattasi che può essere presente. La dieta sarà normocalorica, normoproteica con contenuto ridotto di fibra e lattosio.

Indicazioni: la dieta con ridotto apporto di fibre è indicata in alcuni casi di diarrea acuta, di riacutizzazione di diverticolite intestinale, nelle patologie infiammatorie intestinali, nella preparazione di alcune indagini diagnostiche sull'apparato digerente, nella fase di preparazione alla chirurgia colica e nella rialimentazione dopo confezionamento di ileostomia.

Dieta senza glutine: il glutine è una proteina presente nei seguenti cereali: frumento, orzo, segale, avena, farro, spelta. Non contengono glutine: mais, riso, grano saraceno, miglio, manioca, amaranto, quinoa, sorgo e teff. I derivati del frumento possono essere utilizzati come addensanti in molti cibi industriali, che possono quindi contenere glutine. E' necessario garantire che i cibi utilizzati nella dieta senza glutine ne siano assolutamente privi. La dieta sarà normocalorica, normoproteica, e nutrizionalmente equilibrata, prevedendo l'uso: di alimenti naturalmente privi di glutine, di alimenti specificatamente formulate per celiaci. Il menu infatti deve prevedere tutte le scelte dell'alimentazione comune con l'impiego di alimenti del commercio privi di glutine dove necessario. Le fasi di preparazione e di cottura del cibo devono seguire procedure specifiche, atte ad evitare contaminazioni anche con sole tracce di glutine.

Indicazioni: la dieta senza glutine è indicata nei pazienti affetti da morbo celiaco e per pazienti con dermatite erpetiforme, con patologie croniche causate dall'intolleranza al glutine.

Dieta a consistenza modificata: prevede cibi di consistenza morbida ed omogenea, che devono essere facilmente masticabili e deglutibili. Devono essere previste modalità di preparazione che evitino che i cibi rilascino piccoli pezzi che potrebbero determinare rischio di aspirazione nelle vie aeree. Sarà una dieta normocalorica, equilibrata con modificazione della sola consistenza. Si articolerà su tre livelli: dieta disfagica 1, disfagica 2, disfagica 3.

Indicazioni: è indicata nei pazienti con deficit della masticazione (es. anziani, anoressici) e in pazienti che presentino problemi meccanici o funzionali di deglutizione (es. pazienti neurologici).

Dieta disfagica 1 - alimenti a consistenza liquida: (tutte le preparazioni alimentari indicate dovranno essere diluite utilizzando latte, brodo, acqua fino a ottenere una consistenza simile a quella del latte) Questa tipologia di dieta risulta non sufficiente a soddisfare le caratteristiche nutrizionali del vitto comune (calorie 1800-2000) e pertanto, nel caso in cui dovesse essere utilizzata per periodi prolungati, deve essere valutata un'opportuna integrazione con Supplementi Nutrizionali Orali (ONS).

Dieta disfagica 2 - alimenti semisolidi, omogenei e coesi: (frullati e omogeneizzati privi di particelle) come ad esempio semolino dolce e salato, passati di verdura addensati, omogeneizzati di carne, mousse dolci e salate, creme dolci e salate, frullati di frutta. L'acqua dovrà essere sostituta con ACQUA GEL, salvo differente prescrizione, nel quantitativo di almeno 4 vasetti da 125 g per pasto (pranzo e cena).

Dieta disfagica 3 - semisolida priva di alimenti difficili: (alimenti solidi morbidi e semisolidi omogenei coesi privi di filamenti, di doppie consistenze e filacciosi) come ad esempio pasta molto cotta e ben condita, gnocchi, polenta, passati di verdura, semolini, polpette, frittate, flan di carne e verdura, purè di verdure, formaggi morbidi, frutta cotta. Escludere minestrina o riso in brodo, minestrone con pezzi, legumi non frullati, riso in bianco, prosciutto crudo, carni asciutte, verdure filacciose (spinaci, biete, finocchi, costine, coste, insalata), prodotti da forno. Salvo differente prescrizione è consentita la somministrazione di acqua.

Dieta ad alta densita' nutrizionale: la caratteristica di questa dieta è di fornire molte calorie e proteine in un volume ridotto, mediante l'introduzione di più portate di secondo piatto e/o spuntini nella giornata.

Indicazioni: sarà indicata nei pazienti che necessitano di un elevato apporto nutrizionale in preparazione a importanti interventi chirurgici o a terapie fortemente debilitanti.

Dieta di rialimentazione: nel periodo post-operatorio o dopo digiuno prolungato è opportuno iniziare l'alimentazione con gradualità, utilizzando alimenti semplici da deglutire e di facile digeribilità, limitando gli alimenti ricchi di fibra e di lattosio. L'alimentazione dovrà essere di piccolo volume e frazionata. Sono previsti 2 livelli con quote proteiche e caloriche gradualmente aumentate, è utile che le proteine del pasto siano rappresentate prevalentemente da proteine di origine animale, per il loro alto valore biologico, l'apporto di lattosio deve essere inizialmente ridotto.

Indicazioni: sono indicate nelle rialimentazioni dopo digiuno prolungato (es. interventi chirurgici, dopo sospensione dell'alimentazione per patologie gastro-enteriche, ecc.).

 

Allegato 6 - I prodotti locali e tipici dei territori

(cosiddetti km zero) rispondono, da una parte agli obiettivi di riduzione degli impatti ambientali (connessi, principalmente, alla logistica e al trasporto venendo a ridursi le distanze tra luogo di produzione e di consumo), dall'altra alla valorizzazione delle economie locali. Naturalmente tutto ciò è una semplificazione, in merito alla questione degli impatti legati alla provenienza, bisognerebbe valutare contestualmente altri elementi, quali i metodi di produzione, le modalità di trasporto, le modalità di conservazione, etc.. .

 

Allegato 7 - Qualità delle derrate alimentari

L'inserimento di percentuali sempre più elevate di prodotti biologici nella ristorazione collettiva, risponde essenzialmente ad esigenze ambientali. Infatti i metodi produttivi cosiddetti "conservativi", come l'agricoltura e la zootecnia biologica, utilizzano in quantità nulla o molto ridotta sostanze chimiche di sintesi, provocando un minor impatto sulle matrici ambientali garantendo risultati positivi sulla conservazione della fertilità dei suoli, sulla tutela della biodiversità e del paesaggio agrario, sul recupero di sementi antiche, sull'utilizzo di pratiche agronomiche che contrastano il dissesto idrogeologico e i processi di desertificazione, nonché sul miglioramento del benessere degli animali.

 

Allegato 8 - Alcuni elementi qualitativi dei servizi di ristorazione collettiva

1. Area ristrutturazioni ambienti ed attrezzature

- Soluzioni per l' ottimizzazione degli spazi

- Attrezzature e macchinari specifici per la preparazione dei menu proposti

- Soluzioni per rendere il momento del pasto un momento piacevole (arredamento, insonorizzazione, spazio per mangiare, ...)

2. Area approvvigionamenti

- Capacità di utilizzo di derrate alimentari provenienti dai migliori periodi di produzione

- Rispetto della stagionalità

- Utilizzo di prodotti biologici provenienti da difesa integrata volontaria, da allevamenti che praticano misure per il benessere animale e che non fanno uso di antibiotici (certificazione SQNZ, SENZA) - (carni avicole da allevamenti "rurale in libertà", "rurali all'aperto")

- Aderenza al modello alimentare mediterraneo

3. Area impatto ambientale

- Utilizzo di approvvigionamenti locali

- Utilizzo di attrezzature specifiche per la tipologia di cottura applicata e relativo contenimento dei consumi energetici

- Procedure di riciclo degli scarti (alimentari e non) in prodotti utili al di fuori della ristorazione collettiva

4. Area processi di produzione

- Innovazioni tecniche e tecnologiche nell'ottimizzazione dei processi al fine di garantire il rispetto dei valori nutrizionali dei piatti finali

- Conservazione dei parametri originari di qualità nutrizionale degli ingredienti in funzione delle tecniche di cottura utilizzate

- Riduzione calo peso del prodotto finale nella riconversione da prodotti crudi a pietanze cotte calcolato sui singoli ingredienti

- Standardizzazione dei processi e relativi protocolli applicati ai metodi di cottura

- Ripetibilità dei processi produttivi e mantenimento degli standard di qualità

5. Area formazione del personale

- Formazione specifica sui processi produttivi di cottura presentati per il mantenimento della risorsa umana al centro del processo

- Aggiornamenti sulle evoluzioni nelle tecniche di cottura

- Formazione sulle nuove sperimentazioni e sulle evoluzioni del settore

- Formazione sul ruolo che l'alimentazione ha nel determinare lo stato di salute dell'utente, sul razionale del menu e del dietetico

6. Area standard nutrizionali

- Misurabilità del risultato finale in termini di conservazione delle qualità nutrizionali (contenuto in macro, micro-nutrienti e sostanze bioattive)

- Riduzione del decadimento dei nutrienti e componenti salutistici nel prodotto finale

- Valutazione del comportamento alimentare dell'utenza

7. Customer satisfaction

- Qualità percepita in merito alla conservazione dei sapori dei singoli ingredienti

- Presentazione dei piatti in ragione di aspetti organolettici e sensoriali (sapore, odore, colore, texture,...)

- Livelli di finitura dei piatti presentati

- Capacità di risposta alle criticità rappresentate dall'utenza (in termini sia educazionali, sia di revisione dei processi produttivi)

8. Verifica e ricerca della qualità

- Monitoraggio di parametri oggettivi quali pesi delle porzioni, temperatura dei cibi, tempi di percorrenza dalla cucina alla distribuzione, entità degli scarti

- Definizione del rischio nutrizionale dell'utenza

- Food and nutrition literacy

- Campagna di educazione degli utenti verso una corretta alimentazione

- Impatto del servizio di ristorazione sui comportamenti alimentari dell'utenza

 

Allegato 9 - Le certificazioni di qualità

La certificazione è una procedura con cui una terza parte indipendente (Ente di Certificazione) dà assicurazione scritta che un prodotto, un servizio, un processo sia conforme ai requisiti specificati; la certificazione può essere di prodotto/servizio o di sistema.

La certificazione di prodotto/servizio è una forma di "assicurazione diretta", con cui si accerta la rispondenza di un prodotto o servizio ai requisiti previsti (ad es. DOP, IGP, BIO e gli altri marchi di qualità). Questo riconoscimento viene assegnato in base a precisi standard di qualità, nonché alla conformità a Regolamenti e a determinati disciplinari di produzione.

Certificazione di prodotto: tutte le caratteristiche del prodotto che si vogliono assicurare (certificare) devono essere completamente definite nella specifica tecnica di riferimento Regolamento (CE) n. 834/2007 - Produzioni biologiche D.M. 8 maggio 2014 di attuazione dell'articolo 2, comma 6, della legge 3 febbraio 2011, n. 4 recante «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari», che disciplina il Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (SQNPI)
Regolamento (CE) n. 510/2006 - Indicazioni geografiche e denominazioni di origine Regolamento (CE) n. 509/2006 - Specialità tradizionali garantite Regolamento (CE) n. 491/2009 - Organizzazione comune del mercato vitivinicolo
ISO 22005 - Rintracciabilità di filiera: garantisce la rintracciabilità del prodotto alimentare in tutti i passaggi del processo produttivo - from farm to fork. La certificazione è effettuata a fronte della norma ISO 22005:2007 "Traceability in the feed and food chain - General principles and basic requirements for system design and implementation". Le filiere coperte da tali certificazioni accreditate sono filiere ortofrutticole (dalla semente al confezionamento); filiere di carne bovina e suina (dall'acquisto o nascita dell'animale al punto di distribuzione inclusa la mangimistica); filiere del latte (dall'allevamento al punto di distribuzione).
Disciplinari volontari di prodotto: BRC - British Retailer Consortium "Global Food Standard": riguarda le industrie di trasformazione ed è messo a punto dalla GDO internazionale.
IFS - International Food Standard: riguarda le industrie di trasformazione ed è messo a punto dalla GDO internazionale.
Globalgap (ex Eurepgap): si applica ai prodotti ortofrutticoli.
No OGM: lo standard verifica materie prime No Ogm e l'assenza di cross-contamination.
SENZA GLUTINE: secondo standard di organismi di certificazione. UNI 11854: requisiti minimi per la progettazione di menu; è una norma volontaria che fornisce gli elementi per progettare i menu destinati alla ristorazione collettiva, pubblica e privata, da parte di Enti Pubblici, Aziende, Professionisti.

 

La certificazione di sistema assicura la capacità di un'organizzazione di strutturarsi e gestire le proprie risorse ed i propri processi in modo da riconoscere e soddisfare i bisogni dei clienti e le esigenze della collettività, impegnandosi al miglioramento continuo. È una forma di "assicurazione indiretta", tra cui si annoverano:

- ISO 9001, SGQ - Sistema di gestione per la qualità: ha come obiettivo il miglioramento continuo e la soddisfazione del cliente;

- EMAS, ISO 14001, SGA - Sistema di gestione ambientale: riguarda la gestione degli aspetti ambientali inerenti i processi aziendali, l'utilizzo delle materie prime, la produzione di rifiuti ed emissioni, i consumi energetici;

- ISO 22000 FSM (Food Safety Management) - Sistema di gestione per la sicurezza degli alimenti: contiene standard specifici riguardanti la sicurezza alimentare e fornisce strumenti per sviluppare il metodo HACCP in tutto il sistema produttivo del settore alimentare;

- SA 8000® - Responsabilità sociale e etica: è uno standard internazionale che elenca i requisiti per un comportamento eticamente corretto delle imprese e della filiera di produzione verso i lavoratori sul miglioramento delle prestazioni sociali dell'organizzazione;

- OHSAS 18001, SCR - Sistema di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro: mira a prevenire i rischi dei lavoratori, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali

- ISO 50001, SGE - Sistemi di gestione dell'energia: consente alle organizzazioni di prendere in sistematica considerazione le problematiche relative al consumo energetico, nel rispetto delle disposizioni cogenti;

- Certificazione integrata di Sistemi di Gestione Aziendale (Qualità Ambiente Sicurezza): consente alle medie e grandi imprese di integrare il sistema qualità aziendale, creando sinergie tra i requisiti previsti dalle singole norme, cioè tra le norme ISO 9001, ISO 14001, ISO 22000, SA8000® e OHSAS 18001.

 

La credibilità delle certificazioni dipende dalle organizzazioni che le emettono cioè dagli Enti di Certificazione, a loro volta obbligatoriamente qualificati e "accreditati" da ACCREDIA, Ente italiano di Accreditamento.

In sostanza, gli strumenti per la qualità sono:

- la certificazione: attestazione di parte terza (l'organismo di certificazione) relativa alla conformità ai requisiti specificati di prodotti, servizi, processi. Il certificato ha una validità temporale e va rinnovato in una prospettiva diacronica, cioè in un dato periodo di tempo, tenendo quindi conto delle modifiche e dei miglioramenti;

- la verifica ispettiva o audit: consiste nell'esame indipendente e documentato, in un momento preciso, di un progetto, di un prodotto, di un servizio, di un processo, di un impianto e nella determinazione della loro conformità a requisiti specifici, o sulla base di un giudizio professionale, a requisiti di carattere generale. Rappresenta una dimensione sincronica, cioè legge la situazione in essere. La conformità deve essere dimostrata attraverso evidenze oggettive e documentate, attraverso colloqui, analisi di documenti, osservazione delle attività.

Gli audit possono essere di:

- Parte prima: il fabbricante del bene garantisce la qualità erogata; è una verifica interna condotta da personale addestrato allo scopo; ad es. un Comune che produce direttamente i pasti per la ristorazione scolastica ne garantisce la qualità verificando il suo sistema di gestione, il produttore di un alimento si verifica secondo gli standard e in autocontrollo;

- Parte seconda: sono le verifiche che il cliente effettua sul fornitore, con personale addestrato; la responsabilità dell'ottenimento della qualità e della sua assicurazione sono prevalentemente assunte dall'utilizzatore del bene o del servizio, cioè dal cliente che verifica il fornitore; ad es. il Comune o la struttura ospedaliera verificano che la qualità richiesta in capitolato di appalto sia garantita dall' appaltatore, l'Azienda di ristorazione verifica i propri clienti;

- Parte terza: sono le verifiche di certificazione; le principali funzioni di verifica e attestazioni di qualità, nonché alcune funzioni di supporto alla sua costruzione, sono assunte dagli organismi di certificazione.

In definitiva è fondamentale che ogni azione volta ad assicurare la qualità definita venga svolta da tutti gli attori del processo di ristorazione ed in ogni modello organizzativo-gestionale (in house, cioè direttamente gestite dall'Ente Pubblico, o in outsourcing, cioè esternalizzate in tutto o in parte ad appaltatore). Ogni parte deve svolgere le proprie verifiche, per quanto attiene alla propria responsabilità e assicurazione nei confronti dell'utenza. Solo da una convergenza coerente delle verifiche, si può ottenere una concreta conoscenza dei prodotti, dei processi, dei programmi, del sistema e concorrere ad un miglioramento continuo.

 

Allegato 10 - Strumenti di screening nutrizionali

Malnutrition Universal Screening Tool (MUST) per adulti residenti in comunità. Lo scopo del MUST, che è stato sviluppato principalmente per essere usato nelle comunità, è di identificare la malnutrizione sulla base di conoscenze circa l'associazione tra stato nutrizionale deteriorato ed alterazioni funzionali. Questo strumento è stato recentemente esteso ad altri contesti di cura, inclusi gli ospedali, dove si è riscontrata un'elevata attendibilità tra operatori-rilevatori e una notevole validità predittiva (durata della degenza, mortalità).

Nutritional Risk Screening (NRS) Strumento dedicato a pazienti ricoverati in ospedale. Lo scopo è determinare la presenza di malnutrizione ed il rischio di svilupparla in ambiente ospedaliero. Il NRS contiene i componenti nutrizionali del MUST e, in aggiunta, il grado di severità di malattia come responsabile delle maggiori richieste nutrizionali. Anche l'età viene inclusa come un fattore di rischio nell'anziano.

Mini Nutritional Assessment (MNA) nell'anziano. Lo scopo del MNA è di identificare la malnutrizione e il rischio di svilupparla negli anziani ricoverati in strutture di riposo, in case di cura ed in ospedale. Questo strumento è in grado di identificare il rischio di malnutrizione nella maggior parte degli anziani ed è ancora più utile per identificare la malnutrizione nel suo stadio iniziale. Include infatti anche aspetti fisici e mentali, che frequentemente riguardano lo stato nutrizionale dell'anziano, così come un questionario sull'alimentazione. Per attuare tale test occorrono meno di 10 minuti per paziente e la sua utilità è stata dimostrata dall'impiego di questa metodica in un ampio numero di studi.

Minimum Data Set (MDS). E'uno standard di screening e valutazione dello stato di salute che costituisce la base della valutazione completa per tutti i residenti delle strutture di assistenza a lungo termine e contiene oggetti che misurano il funzionamento fisico, psicologico e psicosociale. Per la parte relativa alla valutazione dello stato nutrizionale, il MDS è lo strumento utilizzato per valutare numerosi aspetti clinici di soggetti ospiti di RSA. Viene applicato obbligatoriamente al momento dell'ingresso in struttura e successivamente con periodicità codificate in specifiche linee guida. La valutazione degli aspetti nutrizionali è costituita da quattro item relativi a: peso e altezza, perdita di peso, aumento di peso, trattamenti nutrizionali ad hoc. Poiché non nasce nello specifico come strumento di screening nutrizionale, non è prevista la classificazione dei soggetti in categorie di rischio sulla base delle valutazioni effettuate ma numerosi studi di letteratura hanno evidenziato come i singoli item, in particolare quello relativo a peso e altezza (e quindi all'indice di massa corporea) e quello sulla perdita di peso, correlino con altri strumenti di valutazione dello stato nutrizionale e siano in grado di predire numerosi outcome clinici.

 

Allegato 11 - Assistenza minima al pasto

Numerose esperienze internazionali hanno evidenziato la criticità dell'assistenza al pasto ai pazienti ospedalizzati come uno dei fattori limitanti l'assunzione di adeguate quantità di nutrienti.

Oltre agli aspetti quantitativi dell'apporto nutrizionale, esiste però anche una complessità legata all'assunzione sicura di alimenti in pazienti a rischio di deficit deglutitori.

E' emerso da alcuni studi di sociologia del lavoro come l'evoluzione professionale dell'infermiere abbia in parte allontanato questa figura professionale dall'assistenza al pasto, enfatizzando aspetti tecnico-assistenziali complessi e portando a sottovalutare l'importanza dell'alimentazione in corsia. Anche la frequente esternalizzazione del servizio ha contribuito a questa criticità assistenziale.

Emerge quindi in modo importante il ruolo dei volontari, utili a supportare i pazienti meno autosufficienti al momento del pasto. Questa attività va però supportata con percorsi informativi sull'organizzazione del dietetico e momenti formativi sull'assistenza al pasto a pazienti complessi, soprattutto se disfagici o in valutazione per dubbio di disfagia.

Un suggerimento è quello di valutare con attenzione il confezionamento della portata o del piatto (in particolare le monoporzioni termosaldate, di cui deve essere valutato con attenzione il modello in uso, evitando confezionamenti difficili da aprire o facilmente a rischio di rovesciamento). Un importante lavoro organizzativo dovrà essere effettuato a priori con la ditta di ristorazione (in caso di servizio esternalizzato) o con le proprie strutture aziendali per l'utilizzo di strumenti idonei e di facile apertura. Nell'assistenza al pasto deve essere inclusa la compilazione del diario alimentare, strumento sempre più frequentemente utilizzato per valutare l'assunzione reale di alimenti e bevande e definire di conseguenza il rischio di malnutrizione.

Un modello di facile compilazione deve essere presente sul comodino del paziente ed essere compilato in tempo reale al momento dei pasti, così da permettere al personale competente il calcolo delle ingesta (con score numerico o con definizione delle quote calorico-proteiche).

Si riporta di seguito un modello di diario alimentare con score, utile per definire il rischio di malnutrizione correlato all'assunzione di alimenti (non costituisce strumento di diagnosi certa di malnutrizione e non tiene conto della patologia di base e del suo impatto sulla malnutrizione).

 

Allegato 12 - Problematiche relative all'aggiornamento del personale coinvolto nell'ambito della ristorazione collettiva scolastica

È opportuno un approccio sistemico, coinvolgendo gli alunni sui diversi piani del loro rapporto col cibo, attraverso una didattica interdisciplinare e trasversale che promuova esperienze dirette in laboratorio, nella ricerca d'ambiente, nella mensa scolastica. È una formazione che guarda anche alle modalità per coinvolgere le famiglie, la cui partecipazione ai progetti di educazione alimentare costituisce un elemento trainante per il loro successo. Alle famiglie possono venir proposti momenti formativi su una pluralità di ambiti legati al cibo e alla salute: dai corsi di cucina agli incontri che, attraverso una rielaborazione delle esperienze personali, motivino al cambiamento dei consumi alimentari. Analogamente è necessario prevedere una formazione rivolta ai componenti della Commissione mensa (composta da una rappresentanza dei genitori e degli insegnanti referenti della refezione) che rappresenta lo strumento che consente all'utenza della scuola una partecipazione responsabile per contribuire, con funzioni consultive, propositive e di verifica, al miglioramento della qualità del servizio di ristorazione. La Commissione mensa collabora, secondo i compiti e le procedure stabilite, nel monitoraggio e nella valutazione dell'accettabilità del pasto e delle modalità di erogazione del servizio nel rispetto delle Linee di indirizzo nazionali per la ristorazione scolastica, formula proposte ed osservazioni sui menu, sul miglioramento del servizio, sui progetti e le iniziative di educazione alimentare, e si fa carico di riportare i suggerimenti e i reclami che pervengono dall'utenza."

La sua composizione, le sue funzioni e competenze sono definite, nel caso degli istituti statali, dall'amministrazione comunale e, nella scuola non statale, dal titolare della gestione.

La Commissione mensa è formata anche dai rappresentanti dell'Amministrazione comunale, dell'Asl, del gestore del servizio di ristorazione. In era digitale, il portale istituzionale (comune, scuola) rappresenta un luogo per informare, dialogare con i cittadini e definire le regole di comportamento e di accesso alla rappresentanza. Sono anche attivi blog gestiti direttamente da genitori "blogger" interessati alla ristorazione scolastica, che ovviamente hanno una portata sia locale sia nazionale, in qualche caso internazionale: un buon motivo per impiegare la rete per informare, essere informato e partecipare al dibattito culturale e scientifico relativo a una corretta alimentazione.

I "commissari" devono però essere formati sulla materia propria dell'attività: conoscere la struttura dell'appalto, del servizio, delle verifiche e controlli predisposti dall'Ente che ne ha la responsabilità; essere consapevoli di quali sono gli ambiti che competono alla commissione mensa senza frapposizioni con responsabilità di altri; condividere gli obiettivi di salute che la ristorazione scolastica si prefigge con la struttura sanitaria locale.

Una speciale riflessione va posta al concetto di fiducia degli utenti della ristorazione nei confronti dell'Ente erogatore: la fiducia si basa sulla soddisfazione, sul ritorno delle informazioni, sull'esperienza personale. Come rafforzarla? Ad esempio individuando, in modo condiviso, indicatori misurabili e verificabili che possono essere identificati a inizio anno scolastico e monitorati durante lo stesso. I progetti di cambiamento e di miglioramento che derivano da osservazioni condivise potranno trovare, ove possibile, forme di attuazione che soddisfino tutti gli attori coinvolti nel servizio di ristorazione. Affidare l'alimentazione fuori casa dei propri figli a un gestore di cui si ha fiducia, può rendere davvero efficace un progetto collettivo. Se l'Ente pubblico ha redatto una carta dei servizi, e ancor meglio, se l'ha fatto con la partecipazione degli stakeholders, essa può rappresentare lo strumento attraverso il quale porsi obiettivi sfidanti di miglioramento, che comportino una migliore soddisfazione dell'utenza, una maggiore consumazione del pasto proposto, una conseguente riduzione degli sprechi derivanti dal rifiuto volontario, un monitoraggio delle attività informative e educative rivolte alle scuole e alle famiglie.

Tabelle -

Tabella 1. La lista delle priorità della ristorazione collettiva ospedaliera

(le priorità non hanno un ordine di esecuzione ma debbono essere contestuali)

Per facilitare la creazione di un proprio elenco di priorità, si fornisce una traccia con relativi pesi percentuali specifici, frutto di una mediazione equilibrata tra razionalità ed evidenza scientifica, con esigenze di sostenibilità, nell'accezione più ampia del termine.

 

Macroarea Posizione della priorità Priorità Indicazione sul Peso % della priorità ±3 punti
Promozione della salute 01 Accorgimenti igienici (prevenzione delle tossinfezioni ed avvelenamenti) 15 29
02 Aspetti nutrizionali (promozione del benessere, prevenzione delle patologie
croniche, terapia nutrizionale)
14
Gestione 03 Qualità delle materie prime (marchi e denominazioni d'origine, prodotti BIO) 13 50
04 Comunicazione, informazione, educazione alimentare 12
05 Aspetti gastronomici 10
06 Definizione del costo minimo del pasto 9
08 Gestione delle emergenze 6
Sviluppo sostenibile 07 Aspetti di sostenibilità ambientale nell'acquisto delle materie prime 8 12
10 Gestione degli avanzi 4
Legame con il territorio 09 Criteri etico-culturali identitari del territorio nella scelta dei prodotti (da agricoltura sostenibile, da allevamenti garanti del benessere animale) 5 9
11 Potenziale ricaduta sulla popolazione locale 3
12 Valorizzazione dei prodotti a filiera locale 1

 

Con tali indicazioni è possibile costruire strategie di ristorazione e capitolati dalle priorità chiaramente esplicitate, i cui effetti risultino più facilmente ed oggettivamente confrontabili, specie per macroarea.

 

Tabella 2 - Aspetti ai quali è necessario prestare attenzione per trasformare il momento pasto in un momento di educazione alimentare

1. ASPETTI QUALITATIVI NUTRIZIONALI DEL PASTO:

- l'introduzione di ricette di elevata appetibilità e gradimento per la fascia di età considerata rende possibile un accostamento non costrittivo allo stile di alimentazione corretta;

- gli eventuali spuntini (mattina e pomeriggio) forniti durante la giornata devono essere costituiti principalmente da frutta fresca (intera o macedonie) o verdure crude al fine di centrare l'obiettivo di salute di "cinque porzioni di frutta e verdura al giorno";

- è necessario che i gestori dei servizi di ristorazione garantiscano la variabilità e l'alternanza di almeno quattro tipologie diverse di frutta e verdura nella stessa settimana e di far sperimentare agli utenti diverse varietà e tutti i frutti di stagione;

- le patate devono essere bilanciate con i carboidrati del primo piatto, perché, essendo dei tuberi amidacei, non possono essere utilizzate come sostitutivi delle diverse tipologie di verdure;

- il pane (fresco, preparato con farine integrali e a ridotto contenuto di sale) deve essere messo a disposizione degli utenti solo dopo il consumo del primo piatto;

- non utilizzare esaltatori di sapidità nelle preparazioni culinarie, ridurre il consumo di sale che comunque deve essere iodato e insaporire i cibi con erbe aromatiche ed eventualmente spezie.

 

2. ASPETTI QUANTITATIVI:

- le porzioni fornite dovranno essere tali da consentire un adeguato apporto di energia e nutrienti. E' necessario che il personale sia adeguatamente formato alla porzionatura. In particolare:

- non deve essere fornita una seconda porzione di primo o di secondo piatto per rispettare l'equilibrio dell'alimentazione giornaliera;

- può essere invece fornita una seconda porzione di verdure crude o cotte.

 

3. APPROCCIO POSITIVO CON IL CIBO:

Al fine di stimolare un cambiamento nelle abitudini alimentari di utenti restii al consumo di cibi nuovi o di alcune categorie di alimenti (in particolare: verdura, frutta, legumi, pesce) il pasto fornito dalla ristorazione collettiva costituisce il momento giusto per iniziare un percorso di familiarizzazione multisensoriale con il cibo. Per ottenere ciò è necessario prestare attenzione a:

- caratteristiche sensoriali: i colori, la forma e la composizione di un piatto influiscono positivamente sull'assaggio di un alimento comunemente non consumato a livello casalingo (ad esempio: preparazione di pietanze con diverse verdure colorate);

- formulazione del pasto: abbinamento di un alimento poco utilizzato ad un alimento noto stimola la curiosità di sperimentare un nuovo sapore (ad esempio: piatto unico composto da verdure, legumi e cereali integrali);

- presentazione del pasto: piatti a scomparti (2 o 3 o 4) possono consentire di mantenere separate le diverse vivande e valorizzare i colori e le consistenze di ognuna, costituendo un piatto unico in un unico piatto;

- gradimento soggettivo e quota di scarti;

- coinvolgimento degli alunni nelle proposte alimentari: la partecipazione deve essere promossa e gestita utilizzando opportune metodologie in relazione all'età e alle competenze dell'utenza".

Durante il pasto inteso come momento conviviale, gli insegnanti e il personale addetto all'assistenza devono:

- essere presenti attivamente e realizzare attività di educazione alimentare ricorrendo a metodologie didattiche adatte alle diverse età;

- contribuire ed incentivare il consumo dei cibi meno apprezzati o conosciuti;

- valorizzare le tradizioni gastronomiche per incoraggiare la conoscenza delle pratiche culinarie sia del territorio che delle diverse culture alimentari rappresentate a scuola.

In relazione a questi aspetti appaiono fondamentali:

- percorsi di formazione per insegnanti, operatori sanitari e personale addetto alle mense;

- definizione dei menu nel rispetto degli apporti nutrizionali di riferimento per energia e nutrienti;

- protocolli di verifica e ricerca della qualità con la raccolta ed elaborazione dei dati soggettivi e oggettivi;

- uso di opportuni utensili per definire con relativa precisione le porzioni.

 

Tabella 3 - Le buone pratiche per promuovere la qualità della ristorazione scolastica e dell'educazione ai consumi alimentari

 

ISTITUZIONI SCOLASTICHE

Progettare e realizzare, dal nido d'infanzia fino alle scuole superiori, attività relative all'educazione alimentare, nell'ambito di un percorso formativo progressivo, da attuare in modo continuativo nel tempo e finalizzato a supportare l'adozione di comportamenti alimentari e stili di vita salutari, in modo piacevole, motivante e pedagogicamente fondato.

Sostenere i programmi educativi, formando gli educatori e i docenti sulla progettazione, la gestione e la valutazione delle attività e dei processi di educazione alimentare, adeguati per metodologie e contenuti alle età e ai contesti di apprendimento.

Progettare un' educazione alimentare con un approccio più aderente alla realtà, agli interessi e all'esperienza quotidiana dei giovani interlocutori, proponendo loro un'idea plurale di qualità del cibo che non si limiti solo al suo valore nutritivo ma che riguardi anche la sicurezza degli alimenti e le loro caratteristiche sensoriali, la sostenibilità della produzione, il rispetto degli equilibri degli ecosistemi e delle dinamiche economico-sociali della vita collettiva e la gratificazione psicologica e sociale del consumatore.

Valorizzare l'esperienza del pasto in mensa come occasione in grado di fornire elementi e spunti significativi per la progettazione e la realizzazione di percorsi di educazione alimentare inseriti nel curricolo scolastico, da attuarsi anche con modalità esperenziali.

Raccordare il piano dell'offerta formativa dell'istituto con la carta del servizio della ristorazione scolastica per condividere ed esplicitare obiettivi e modalità di svolgimento del servizio, definendo i reciproci impegni e per coordinare le iniziative co-progettate di comunicazione e di educazione relative ai consumi alimentari.

Proporre alle famiglie incontri periodici di presentazione e verifica della progettazione educativa in cui dar spazio alle tematiche dell'educazione alimentare.

Assicurare continuità ai percorsi di educazione alimentare, contrastando la possibile parcellizzazione e dispersione delle esperienze e realizzando progettazioni comuni tra le istituzioni scolastiche del medesimo ambito territoriale, con la partecipazione degli enti locali e delle aziende sanitarie e ricercando sinergie con le agenzie e le imprese del territorio che operano in modo propositivo nell'ambito dei sistemi eco-agro-alimentari.

Stabilire, nell'ambito dei progetti di educazione ai consumi alimentari, adeguate modalità di verifica e valutazione dei risultati e degli impatti sui comportamenti individuali e di gruppo.

Formare gli operatori della scuola, addetti alla vigilanza ed assistenza degli alunni in mensa, sulle procedure per la corretta distribuzione degli alimenti e per il sostegno durante la consumazione del pasto.

Organizzare l'accesso e la permanenza degli alunni in mensa in modo da assicurar loro un tempo e uno spazio adeguati per consumare con agio i pasti.

Prevedere, qualora se ne ravveda l'opportunità, la presenza di distributori automatici che propongano alimenti a bassa densità energetica (a basso contenuto di zuccheri, grassi saturi e sale).

Favorire la costituzione e l'operatività della commissione mensa di istituto, composta da genitori e docenti, quale organo di rappresentanza dell'utenza, col ruolo di collegamento con il comune e l'Asl, rispetto al monitoraggio dell'adeguatezza e dell'accettabilità del pasto, delle modalità di erogazione del servizio e di interlocuzione nei diversi progetti ed iniziative di educazione alimentare.

Organizzare attività extracurriculari che abbiano come tema la conoscenza degli alimenti, delle loro caratteristiche e del loro utilizzo per una alimentazione sana e variata, attraverso un rapporto più diretto e coinvolgente dei partecipanti con le materie prime per attività di cucina e di produzione dei cibi.

Promuovere progetti di informazione e interventi formativi rivolti alle famiglie e alla comunità locale per incentivare scelte che assicurino una corretta e responsabile alimentazione e l'acquisizione di adeguati stili di vita, a tutela della salute individuale e collettiva.

Coordinare i progetti con le iniziative regionali e nazionali di informazione e comunicazione sui consumi alimentari e i corretti stili di vita.

Tali buone pratiche, possono essere svolte nell'ambito dell'autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

COMUNI E GESTORI DELLE SCUOLE PARITARIE NON COMUNALI

Progettare il servizio di ristorazione scolastica di competenza, adottando criteri e standard di efficienza ed efficacia in grado di assicurare la qualità dell'intero processo: scelta delle materie prime, produzione, distribuzione, controllo dei pasti e gradimento dell'utenza.

Non assecondare iniziative che consentono agli alunni di consumare nel tempo riservato alla mensa scolastica cibi non preparati nell'ambito del servizio di ristorazione scolastica.

Definire, con l'apporto delle necessarie professionalità, il capitolato in cui vengono stabiliti il tipo e le caratteristiche del servizio che si intende erogare, i requisiti oggettivi e misurabili delle prestazioni richieste sotto il profilo della qualità igienico-nutrizionale degli alimenti, nel rispetto dei vincoli normativi che regolano la programmazione della ristorazione scolastica riguardo alle modalità di produzione, di certificazione e di trasformazione degli alimenti, alla gestione delle eccedenze di cibo, agli obiettivi di tutela della salute collettiva e di salvaguardia dell'ambiente. Per garantire la realizzazione e la gestione di un capitolato in grado di proporre una ristorazione di qualità, è fondamentale la collaborazione coi Servizi Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) che potranno fornire il necessario supporto nella valutazione dei requisiti tecnici di loro competenza e per assicurarne la partecipazione ai progetti di miglioramento del servizio, di formazione degli operatori e di educazione alimentare svolti in collaborazione con le scuole.

Adeguare gli ambienti scolastici destinati alla mensa, e i relativi arredi e materiali, per consentire agli alunni di consumare i pasti in modo confortevole e sicuro.

Elaborare ed aggiornare periodicamente la Carta dei servizi per rispondere in modo adeguato al diritto dell'utenza di essere informata, di partecipare al procedimento amministrativo e di verificare i risultati del servizio.

Promuovere il raccordo della Carta dei servizi con i piani dell'offerta formativa degli istituti riguardo la gestione di quegli aspetti della mensa scolastica che richiedono, per un corretto svolgimento del servizio, un accordo operativo tra le parti. Tanto nella Carta quanto nel Piano dell'offerta formativa vengono definite le iniziative di educazione alimentare co-progettate rivolte agli alunni, alle famiglie e alla comunità locale.

Adeguare l'importo delle tariffe in base al valore ISEE del nucleo familiare, consentendo adeguate agevolazioni alle famiglie a basso reddito per permetterne l'accesso al servizio.

Istituire le commissioni mensa di istituto e, da parte dei comuni, quella cittadina, regolamentandone la composizione, le funzioni e le competenze e incentivandone il funzionamento, riconoscendole nel loro ruolo di rappresentanza dell'utenza e di collaborazione al monitoraggio e al miglioramento del servizio.

 

FAMIGLIE

Approfondire la conoscenza del modello di ristorazione proposto a scuola e la sua organizzazione operativa, attraverso la Carta dei servizi e, partecipando agli incontri specifici promossi dall'istituto e/o dal Comune, alle iniziative di informazione, sensibilizzazione e formazione rivolte alle famiglie sulle problematiche dell'educazione ai consumi alimentari.

Conoscere le modalità e le risultanze del lavoro svolto dalla commissione mensa e rapportarsi ad essa in caso di reclami, osservazioni e proposte sullo svolgimento e la qualità del servizio di ristorazione.

Partecipare agli incontri periodici promossi dall'istituto per la verifica della progettazione curricolare.

Coordinare l'alimentazione domestica con l'orientamento dietetico-nutrizionale proposto dal servizio di ristorazione scolastica.

Consultare il pediatra o il medico di libera scelta per verificare e concordare le scelte alimentari domestiche ed affrontare le eventuali problematiche.

 

Tabella 4 - Azioni efficaci, nell'ambito dell'autonomia scolastica, per la promozione di una corretta alimentazione a scuola e nei servizi educativi

 

Sviluppare le competenze individuali professionali e dei gruppi-classe
- Implementare programmi di educazione nutrizionale, dal nido d'infanzia fino alle scuole superiori, come parte di un curriculo formativo progressivo, finalizzato a supportare l'adozione di comportamenti alimentari salutari
- Educare ad una corretta alimentazione attraverso la realizzazione di attività formative adeguate da un punto di vista metodologico, culturalmente rilevanti, piacevoli e partecipate e che includano strategie di apprendimento esperenziale
- Fornire agli educatori e agli insegnanti un'adeguata formazione di base in materia di educazione
alimentare, nonché organizzare programmi di formazione continua finalizzati ad approfondire i metodi didattici per l'adozione di sane abitudini alimentari.
Qualificare i contesti di apprendimento
- Organizzare attività extracurriculari che impegnino gli alunni, previa acquisizione del consenso
informato delle famiglie, in attività esperenziali sulle caratteristiche, il valore, le trasformazioni e gli usi degli alimenti, sulle abitudini personali e culturali in fatto di cibo, su modalità di coltivazione degli alimenti e il loro impatto ambientale.
- Valorizzare il momento del pasto in mensa, come momento di socializzazione, convivialità ed occasione per attività educative e di ricerca sui cibi e sulle modalità per un mangiar sano e in sicurezza.
Migliorare gli ambienti destinati alla ristorazione scolastica
- Assicurare, anche attraverso la presenza di distributori automatici, la possibilità di disporre di merende a base di frutta e verdure e di spuntini sani e leggeri.
- Coordinare il servizio di mensa con la progettazione educativa e curricolare per consolidare gli apprendimenti e rafforzare i messaggi che riguardano l'acquisizione di sane abitudini alimentari.
- Migliorare le strutture e l'organizzazione degli ambienti per la mensa e le tempistiche per il consumo dei pasti in modo da rendere confortevole, sicuro e socializzante il momento dedicato alla ristorazione.
Incentivare le iniziative rivolte all'utenza scolastica e alla comunità locale
- Organizzare iniziative, eventi e modalità di comunicazione rivolti a studenti, personale delle scuole e dei servizi, famiglie e comunità locale, secondo modalità congruenti con i target di riferimento, per informare, sensibilizzare ed educare sull'importanza e i benefici di un'alimentazione sana e variata.

 

Tabella 5 - Le buone pratiche per promuovere la qualità della ristorazione ospedaliera e assistenziale

Prevedere in ogni struttura ospedaliera la presenza di un gruppo di lavoro che si occupi del servizio di ristorazione in modo sistemico. Questo deve occuparsi della gestione e del monitoraggio di tutte le fasi, dal momento della progettazione fino all'individuazione dei requisiti relativi al servizio, all'esecuzione e al controllo. Per questo motivo è opportuno che il gruppo sia composto da figure professionali appartenenti alla direzione medico ospedaliera, all'economato, all'ufficio tecnico e alla struttura di nutrizione clinica.

Redigere il capitolato d'appalto per l'acquisto di servizi con il contributo di un gruppo di lavoro interdisciplinare per formazione e competenze, (costituito da provveditori, tecnologi alimentari, economi, dietisti, nutrizionisti clinici, igienisti, gastronomi, cuochi, agronomi, direttori sanitari).

Assicurare ai pazienti interventi nutrizionali adeguati, tempestivi, efficaci, efficienti e sicuri al fine di ridurre la malnutrizione ospedaliera ed i costi ad essa correlati.

Prevedere la valutazione del rischio di malnutrizione (compilazione di test di screening del rischio di malnutrizione validati per lo specifico setting - NRS-2002, MUST) su tutti i pazienti al momento del ricovero e il suo monitoraggio nel tempo.

Promuovere la creazione di una cartella nutrizionale in cui siano raccolte le informazioni specifiche (scheda di monitoraggio delle ingesta, di rilevazione del peso, valutazione degli scarti, menu appropriato, ecc.) visibile al personale medico e sanitario assistenziale.

Formare ed informare tutti gli operatori coinvolti nelle varie fasi del processo produttivo e nella valutazione della qualità percepita dagli utenti.

Promuovere la redazione della carta del servizio di ristorazione rivolta ai degenti e ai loro familiari in cui siano dichiarati gli standard qualitativi del servizio e le informazioni che ne facilitano la fruizione.

Effettuare periodicamente (almeno una volta l'anno), a rotazione nei reparti, indagini sulla qualità percepita del servizio di ristorazione con lo scopo di monitorare e riorganizzare il servizio in base alle esigenze rilevate.

Istituire in ogni azienda sanitaria una commissione con funzioni di controllo e miglioramento continuo della qualità, costituita dalle figure professionali dei settori specifici.

Valorizzare l'esperienza del pasto in ospedale come occasione per suggerire la corretta applicazione dei principi della dieta mediterranea.

Promuovere interventi coordinati, intersettoriali e multimodali sulle determinanti legate alla nutrizione che portano alla fragilità nei soggetti anziani.

Garantire una corretta ed uniforme sorveglianza nutrizionale degli ospiti in RSA.

 

Tabella 6 - Monitoraggio di tutte le fasi del ciclo alimentare

 

FASE DEL CICLO ALIMENTARE INSOURCING OUTSOURCING
Definizione dei menu e/o del dietetico Il dietetico deve essere predisposto dal Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica (SDNC) e ufficializzato all'interno dell'azienda e agli utenti. Le indicazioni per l'allestimento del dietetico devono essere inserite nel capitolato d'appalto. Un esempio dello stesso, ricettario e menu devono essere presentati al fine della valutazione della ditta.
Accettazione alimenti in arrivo Regolare controllo campionario pianificato delle derrate in arrivo da parte del personale del magazzino alimenti, previo opportuno addestramento da parte di operatori del Servizio d' Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) o del SDCN. Vengono valutate le caratteristiche merceologiche macroscopiche e le dichiarazioni certificate di quelle laboratoristiche. Controllo campionario random da parte del personale delegato dal responsabile di processo dell'azienda committente.Vengono valutate le caratteristiche merceologiche macroscopiche e le dichiarazioni certificate di quelle laboratoristiche.
Stoccaggio e conservazione Controllo campionario pianificato delle derrate immagazzinate e controllo quotidiano della temperatura delle celle frigorifere da parte del personale di magazzino. In caso di dubbio attivare i servizi sanitari competenti per attuare indagini laboratoristiche e/o microbiologiche. Controllo campionario pianificato delle derrate immagazzinate e della temperatura delle celle frigorifere da parte del personale delegato dal responsabile di processo di ristorazione dell'azienda committente. In caso di dubbio attivare i servizi sanitari competenti per attuare indagini laboratoristiche e/o microbiologiche.
Invio dal magazzino alla cucina Controllo quotidiano dell'ordine da parte del personale di magazzino e di cucina. Verifica della presenza di una modalità di controllo per questa fase da parte della ditta appaltante.
Preparazione delle portate Regolare controllo campionario pianificato da parte del SDNC del rispetto : 1) degli ingredienti della ricetta, 2) della quantità degli stessi, 3) della porzione della portata (utilizzo di specifici utensili tarati), 4) delle prescrizioni personalizzate allestite nella cucina. Verifica della presenza di una modalità di controllo per questa fase da parte della ditta appaltante. Regolare controllo campionario pianificato da parte del SDNC del rispetto dei parametri previsti per l'insourcing.
Confezionamento vassoio Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale di cucina e del SDNC. Verifica della presenza di una modalità di controllo per questa fase da parte della ditta appaltatrice. Regolare controllo campionario pianificato da parte del SDNC dell'azienda appaltante.
Trasporto alle unità operative Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale di cucina di: 1) orario di partenza e di arrivo dei carrelli di trasporto alle unità operative, 2) temperatura dei piatti all'atto dell'arrivo a destinazione. Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale delegato dal responsabile del servizio di ristorazione dell'azienda appaltante, dei parametri stabiliti per l'insourcing.
Stazionamento dei carrelli in reparto Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale del SDNC. Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale del SDNC.
Consegna del vassoio all'utente Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale del SDNC, circa la corretta consegna al paziente relativamente alla tipologia di dieta e prenotazione. Verifica della presenza di una modalità di controllo per questa fase da parte della ditta appaltatrice. Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale del SDNC, circa la corretta consegna al paziente relativamente alla tipologia di dieta e prenotazione.
Consumo del pasto Controllo quotidiano del pasto da parte del personale di reparto. Nel caso di soggetti a rischio di malnutrizione calorico-proteica, utilizzo di sistemi visivi di registrazione dei consumi (più attendibile la suddivisione del piatto in 8 spicchi- Connors P.L.,2004). Segnalazione al SDNC.
Ritiro del vassoio Regolare controllo campionario pianificato da parte del personale di cucina. Verifica della presenza di una modalità di controllo per questa fase da parte della ditta appaltatrice.

 

Tabella 7 - Valori di energia e nutrienti che il pasto scolastico deve assicurare

 

NIDO MATERNA PRIMARIA SECONDARIA
Parametri nutrizionali per pasto scolastico 6-12 mesi 12-24 mesi 24-36 mesi 3-6 anni 6-11 anni 11-13 anni
Energia (kcal/die) 658 960 1213 1454 1917 2468
Energia (kcal) 30% 197
35% 230 336 425 509 671 864
Proteine (g) 10% 4,9 8,4 10,6
15% 19 25 32
Grassi (g) 40% 8,7
35% 13 16
30% 17 22 29
di cui saturi < 10% < 2,2 < 3,7 < 4,7 &lt;6 &lt;7 < 10
Carboidrati (g) 50% 24,6
55% 46,2 58,4 70 92 119
di cui zuccheri < 10% < 4,9 < 8,4 < 10,6 < 13 < 17 < 22
Fibra (g) 8,4 g/1000 kcal 1,6 2,8 2,6 6 8 10

 

Tabella 8 - Fasi di elaborazione di un dietetico ospedaliero

 

FASE NOTA
Definizione degli standard nutrizionali per vitto comune Anche per i pazienti a vitto comune, c'è necessità di alcuni accorgimenti nutrizionali conseguenti: 1) allo stato di stress comunque presente, 2) al verosimile calo di appetito secondario alle condizioni cliniche ed emotive, 3) all'orario di somministrazione dei pasti, 4) al valore simbolico degli stessi, aumentato in condizioni di degenza, 5) al potenziale valore educativo del pasto ospedaliero, ancora poco sfruttato. Sulla base di queste considerazioni si propone: calorie giornaliere 1800-1900, lipidi 30%, protidi 18%, carboidrati 52%.
Quantificazione della prevalenza delle principali condizioni cliniche trattate nella struttura in esame Trattasi di una disamina della casistica clinica della struttura.
Determinazione del n° di condizioni cliniche in cui si vuole intervenire con la dietoterapia Andrebbero prese in considerazione tutte quelle condizioni cliniche che superano il 10% di prevalenza dei ricoveri.
Definizione degli standard nutrizionali per le condizioni cliniche identificate Preliminare un'accurata disamina di letteratura per definire i parametri nutrizionali più aggiornati. Alcune condizioni cliniche richiedono accorgimenti nutrizionali molto simili. Il denominare la dieta con la composizione nutrizionale (es. ipocalorica, ipoglucidica, ecc.) piuttosto che con il nome della patologia, presenta i seguenti vantaggi: 1) favorire il diffondersi della "cultura" della nutrizione clinica tra il personale sanitario, 2) contrarre l'elenco delle diete.
Analisi nutrizionale del menu e ricettario forniti dal tecnologo alimentare e dal cuoco Il tecnologo alimentare deve verificare la fattibilità del menu da adottare in relazione alle caratteristiche strutturali ed impiantistiche; con il cuoco hanno il compito di elaborare il menu anche dal punto di vista gastronomico e sensoriale (fondamentale che siano inserite opzioni ai piatti in modo da aumentarne la probabilità di consumo e limitare gli scarti) e di fornire il ricettario, che permette la valutazione nutrizionale. Quest'ultimo dovrà essere implementato da tutto il personale di cucina, operazione piuttosto infrequente nella pratica. Ogni ricetta dovrà essere analizzata dal dietista per verificare: 1) se è passibile di modifiche quali- quantitative, 2) per quali condizioni cliniche può essere proposta.
Eventuale correzione concordata delle ricette Tecnologo alimentare, cuoco, dietista e specialista in scienza dell'alimentazione devono confrontarsi al fine di stabilire la fattibilità del piatto e il rispetto dei parametri nutrizionali stabiliti.
Ufficializzazione ed implementazione del dietetico in tutte le unità operative Stilato l'elenco delle diete disponibili nella struttura, va diffuso in tutte le unità operative.
Comunicazione ai pazienti I pazienti devono sapere che il pasto allestito per loro è rispondente da un lato all'ordine fatto e dall'altro al loro stato clinico. Il cartellino nutrizionale per l'allestimento dei vassoi personalizzati dovrebbe prevedere le seguenti indicazioni: 1) piatti prenotati, 2) composizione bromatologica (non è indispensabile che sappia interpretarla), 3) eventuale presenza di allergeni (Reg. UE n°1169/2011) (esperienza dell'ospedale di Bolzano 2017). Il cartellino deve essere lasciato sul vassoio fino alla consegna in modo che il paziente possa controllare.