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Documento M.I. 06.12.2021

Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l'infanzia.

La Commissione nazionale che ha elaborato i presenti Orientamenti educativi è composta da:

Susanna Mantovani (Presidente), Ilaria Antonini, Nadia Bazzano, Stefania Bigi, Anna Maria Bondioli, Paola Cagliari, Lorenzo Campioni, Cristina Casaschi, Laura Donà, Giovanni Faedi, Italo Fiorin, Gianluca Lombardo, Daniela Marrocchi, Sara Mele, Tullia Musatti, Miriam Pompilia Pepe, Rosa Seccia, Maria Rosa Silvestro.

 

Hanno inoltre collaborato alla stesura Nadia Corsi, Laura Franceschini, Jessica Magrini, Arianna Pucci, Donatella Savio, Beatrice Serventi, Federica Taddei, Lara Vannini, Paola Vassuri, Francesca Zaninelli, Rosanna Zerbato.

 

Premessa

A 50 anni dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, che ha dato vita agli "asili nido comunali con il concorso dello Stato", e a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, che ha istituito il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni, vengono qui proposti i primi Orientamenti educativi nazionali per i servizi educativi per l'infanzia.

Gli Orientamenti sono ispirati dalle finalità di mettere in comune il patrimonio di esperienze e di conquiste di tanti anni, favorire un'ulteriore elaborazione di proposte educative di qualità per i bambini fino ai tre anni, delineare una prospettiva alla quale fare riferimento per il futuro. Oggi, quando i servizi educativi per i più piccoli sono definitivamente agganciati al sistema nazionale di educazione e istruzione e la determinazione di renderne possibile l'accesso a tutti i bambini è forte e sostenuta da risorse significative, gli Orientamenti possono essere uno strumento per tutti coloro che sono coinvolti, ogni giorno, nella promozione dei servizi educativi e nell'impegno con i bambini. I soggetti istituzionali chiamati in causa sono tanti - gli Enti locali, le Regioni, lo Stato - e la governance è complessa; questo impone una collaborazione stretta e generosa: tutti sono chiamati al massimo della responsabilità mettendo sempre al centro i bambini e i loro diritti a servizi educativi di qualità. La legge 1044/1971 ha generato esperienze radicate nella volontà di tante donne che aspiravano a una conciliazione possibile tra la loro identità di madri e quella di lavoratrici, dalla costante e propositiva partecipazione delle famiglie, dalla coerenza di ogni servizio educativo con la cultura e le tradizioni locali. A distanza di mezzo secolo, alla luce dell'articolazione più ricca dei servizi educativi per i bambini da zero a tre anni e della pluralità di soggetti gestori, questa storia va rivisitata e può essere arricchita condividendo i contributi più importanti del patrimonio italiano e internazionale della cultura dell'infanzia per offrire il meglio a tutti i bambini che vivono nel nostro Paese.

Gli Orientamenti ripercorrono le tappe fondamentali del processo di sviluppo dei nidi e degli altri servizi educativi per l'infanzia: dai diritti delle donne lavoratrici ai diritti di tutte le bambine e i bambini a luoghi pensati per loro, nei quali i loro genitori sono sempre stati benvenuti, ascoltati e coinvolti. Per garantire questi diritti sono necessari educatori preparati e consapevoli dell'importanza del loro compito, finalità condivise, ambienti ricchi, accoglienti, inclusivi.

La pandemia non è ancora alle nostre spalle, la preoccupazione per le condizioni di vita quotidiana, di salute e di benessere, insieme alla volontà di contrastare e prevenire la povertà educativa, sono particolarmente vive. È dunque necessaria una riflessione che coinvolga chi opera nei servizi, i genitori, gli amministratori, la cultura pedagogica, il mondo del lavoro. Sappiamo tutti che l'infanzia è un bene prezioso, tutti vorremmo che fosse custodito come tale.

Questo documento, che viene offerto in bozza alla lettura e alla consultazione, non ha una costruzione lineare, ma reticolare: i tanti temi che riguardano l'infanzia e i suoi servizi, i saperi, le esperienze, le potenzialità dei bambini e le risposte degli adulti sono intrecciati nel testo con rimandi molteplici per ricostruire il panorama nel quale i servizi educativi si collocano, la progettazione delle esperienze educative e le conquiste possibili dei bambini, le condizioni per favorirle e orientarle, gli scambi con le famiglie. È stato costruito cercando una coerenza che permetta di rintracciare il filo rosso dei diritti e della ricerca della qualità.

La Commissione ha lavorato intensamente e con una dialettica molto vivace, che si augura possa essere percepita, solleciti il dibattito e tenga vivo l'interesse, in una prospettiva di sistema integrato zerosei.

Gli Orientamenti sono un documento aperto, che fa riferimento alle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei e che aspira a un incontro tra la sottolineatura della specificità dello zerotre e la coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, come previsto dall'art. 10, comma1, lettera f) del D.lgs. 65/2017.

 

Capitolo 1

I servizi educativi per l'infanzia: patrimonio del passato, prospettive per il futuro

La disponibilità dei servizi educativi di qualità tale da sostenere lo sviluppo di tutte le potenzialità delle bambine e dei bambini[1] durante i primi tre anni è considerato un elemento di primaria importanza nel quadro delle politiche europee per il riconoscimento dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Le numerose esperienze educative realizzate nei nidi e negli altri servizi educativi per l'infanzia nel nostro Paese hanno mostrato la possibilità e la necessità di garantire questo diritto. La Legge 107/2015 e il D.lgs. 65/2017 con l'istituzione del sistema integrato dalla nascita ai sei anni hanno riconosciuto il carattere educativo di tutti i luoghi che accolgono i bambini di quest'età, a complemento e in interazione con l'azione educativa del genitore, nella loro diversità di funzionamento e nella specificità della loro missione educativa. Hanno anche confermato la necessità di aumentare il numero e la diffusione sul territorio dei servizi educativi per l'infanzia e di costruire dei processi di continuità con l'esperienza successiva nella scuola dell'infanzia.

 

1. La specificità del percorso educativo da zero a tre anni

Durante i primi mille giorni il bambino, che da neonato è completamente dipendente dagli adulti e senza capacità di controllare il proprio corpo e le proprie pulsioni emotive e di organizzare la propria azione per dare risposta a bisogni e desideri, diviene autonomo nella gestione del corpo, nella mobilità, nell'esplorazione degli oggetti e nella comunicazione con gli altri, capace di ricordare un'esperienza passata e di pianificare un'attività successiva.

Nell'arco di questi pochi anni si attua una rivoluzione meravigliosa, nel corso della quale i bambini affrontano situazioni e maturano competenze: è nei primi mille giorni di vita che i bambini acquisiscono il senso della propria identità, imparano a comunicare con gli altri condividendo significati; è in questi mille giorni che apprendono ad apprendere.

Questi sviluppi non avvengono contemporaneamente per ogni bambino e si riscontrano differenze anche grandi tra i bambini nel momento e nelle modalità della loro comparsa: c'è il bambino che impara prima a muoversi autonomamente nello spazio e solo dopo diversi mesi a usare il linguaggio, il bambino che per molto tempo si sposta gattonando e quello che preferisce farlo subito in posizione eretta, il bambino che comprende e produce un numero ampio di parole ma le compone in una frase solo dopo alcuni mesi e il bambino che combina in una frase significativa le pochissime parole che ha appena appreso a usare.

Il servizio educativo offre l'opportunità agli adulti di vedere bambini, anche nati a pochi giorni di distanza, che nello stesso contesto mostrano competenze diverse, si impegnano in attività che comportano riflessioni e abilità importanti, mentre ne trascurano altre. Responsabilità del servizio educativo per l'infanzia è accogliere e accompagnare la crescita dei bambini, riconoscendo e rispettando la varietà dei ritmi di sviluppo individuali così come lo sfasamento delle diverse acquisizioni nell'esperienza dello stesso bambino. Per i bambini vedere i propri coetanei interessati ad aspetti diversi del mondo, e diversamente competenti nel modo di entrarvi in rapporto, costituisce una grande opportunità per arricchire la propria esperienza e uno stimolo a intraprendere nuove avventure.

Il veloce dispiegamento delle potenzialità espressive e motorie dei bambini si attua all'interno di una condizione fisiologica ed emotiva che richiede una cura particolare da parte degli adulti. L'intervento educativo in questo periodo si contraddistingue proprio per il particolare impegno nel coniugare la funzione di cura con il sostegno alle potenzialità di sviluppo dei bambini e delle bambine, nel dar risposta ai loro bisogni materiali ed emotivi mentre si promuove la loro socialità e il loro interesse a conoscere.

È necessario calibrare organizzazione, pratiche e interventi educativi alla necessità dei bambini di quest'età di essere sostenuti nel loro incessante percorso di scoperta del mondo che li circonda e nel riconoscere e utilizzare il patrimonio di significati e di simboli che lo caratterizzano.

Accompagnare tutti i bambini e ciascuno di essi in questa impresa di scoperta, di apprendimento e di arricchimento culturale tenendo presente al tempo stesso sia le caratteristiche di quest'età sia la complessità del mondo con cui essi si confrontano, è la dimensione fondamentale dell'intervento educativo nei servizi educativi per l'infanzia. Far sì che ciascuno di essi già nei primi tre anni di vita faccia un'esperienza sociale e di conoscenza di qualità che gli permetta di sviluppare compiutamente le sue potenzialità di apprendere come apprendere e come condividere conoscenze, emozioni e progetti con gli altri è l'importante missione del percorso educativo da zero a tre anni. Per questo, esso è un primo fondamentale segmento del percorso zerosei e, più in generale, del percorso di educazione e istruzione, nel quale si colloca in continuità di riflessioni e di proposte educative.

 

2. La nascita dei servizi educativi per l'infanzia in Italia

In Italia, i primi servizi pubblici rivolti ai bambini sotto i tre anni sono stati costruiti alla fine degli anni '60 del secolo scorso, per iniziativa di alcune amministrazioni comunali più sensibili alle problematiche della conciliazione tra l'impegno della cura dei più piccoli e la partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Questi nuovi servizi si affiancavano all'offerta educativa per i bambini fra i tre e i sei anni, che aveva già ricevuto una forte espansione dall'istituzione nel 1968 della scuola materna statale, che andava ad aggiungersi alle scuole gestite dai Comuni e dall'associazionismo cattolico. Pochi anni dopo anche i servizi per i più piccoli hanno beneficiato di un intervento statale perché il Parlamento, su impulso dei movimenti femminili e delle organizzazioni sindacali, con la Legge 1044/1971 ha istituito l'asilo nido comunale (andando anche a sostituire i precedenti istituti a carattere assistenziale dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, ONMI). Alcuni aspetti di questa legge hanno avuto importanti conseguenze sullo sviluppo successivo dei servizi educativi per l'infanzia nel nostro Paese e sulla definizione della loro identità culturale.

Un'importante conseguenza è stato l'affidamento alle Regioni della distribuzione dei finanziamenti statali, integrati con proprio investimento, in base alle richieste avanzate dai Comuni e al di fuori di ogni programmazione nazionale. Negli anni successivi, il mancato rifinanziamento da parte dello Stato, il diverso dinamismo delle amministrazioni regionali e comunali, unitamente alla diversa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e alla diversa cultura sull'accudimento dei bambini nei vari territori, hanno creato una disomogenea presenza dei servizi educativi per l'infanzia nel nostro Paese. Questa disparità nelle opportunità di accesso a un servizio educativo è oggi al centro del dibattito attorno al diritto di tutti i bambini a un'educazione di qualità fin dalla nascita.

Un altro elemento importante è stata la regolamentazione del rapporto dei nidi con le famiglie e il territorio, istituendo la gestione sociale dei servizi, secondo la quale le famiglie e le rappresentanze delle formazioni sociali del territorio dovevano poter partecipare alla loro gestione.

Fin dall'istituzione dei nidi, dunque, venivano gettate le basi per un'esperienza culturale innovativa nell'educazione della prima infanzia, che coniugava la risposta ai bisogni delle famiglie con un servizio rivolto all'educazione dei bambini e inserito nella vita sociale e culturale del territorio.

 

3. Lo sviluppo di una cultura educativa nei servizi per l'infanzia

I nuovi nidi comunali non trovavano riferimenti certi nella cultura pedagogica tradizionale e rifiutavano l'impostazione esclusivamente igienico-sanitaria dell'ONMI. Si era consapevoli che il nido non potesse essere una replica del contesto familiare, né tantomeno appariva ragionevole ispirarsi a modelli scolastici volti soprattutto a stimolare apprendimenti specifici. Era, invece, evidente che per offrire ai bambini più piccoli un luogo di vita quotidiana serena, che tenesse conto delle loro esigenze emotive e materiali, dei loro interessi e del dinamico sviluppo delle loro competenze, bisognava entrare in relazione con le famiglie in modo inedito, costruire un nuovo contesto organizzativo ed elaborare nuove pratiche e nuove riflessioni.

Questo impegno ha trovato occasione di realizzarsi nei percorsi di formazione in servizio che molte amministrazioni locali hanno garantito con continuità agli educatori e a tutto il personale dei nidi. In questo processo di elaborazione della riflessione educativa sulla prima infanzia è stato importante l'incontro con una nuova generazione di ricercatori e docenti universitari che si accostavano in quegli anni all'analisi dei processi di sviluppo dei bambini nei primi anni di vita. L'incontro tra preoccupazioni educative e interessi di ricerca scientifica è stato particolarmente fertile perché non poteva basarsi su indicazioni pedagogiche già consolidate e, quindi, ha coinvolto ricercatori e operatori dell'asilo nido assieme nell'osservazione e nell'interpretazione dei comportamenti, attività e bisogni espressi dai bambini e nella riflessione su come darvi risposta. Ancor oggi la cultura dell'infanzia maturata nel nostro Paese non si presenta come un insieme di saperi codificati proprio perché non è risultata da un'elaborazione sviluppata solo in sede accademica, ma è maturata nell'ambito di un dibattito svolto in stretta sinergia tra mondo dei servizi educativi e mondo della ricerca e delle università. Oggi è prevista una formazione di base universitaria per gli educatori e rimane un largo consenso sul fatto che le iniziative di formazione continua in servizio non abbiano la funzione di trasmettere contenuti disciplinari o specifiche strategie didattiche, ma debbano piuttosto offrire occasione agli operatori di riflettere sulla loro azione educativa a partire dall'osservazione e dall'analisi dei comportamenti e delle attività dei bambini.

Lo stretto rapporto dei nidi con il territorio di appartenenza ha fatto sì che il pensiero pedagogico sull'educazione della prima infanzia abbia conosciuto diversi approfondimenti nei vari territori. Sono oggi disponibili molti documenti elaborati dalle amministrazioni comunali o regionali per offrire un quadro pedagogico articolato e orientare le pratiche nei servizi. Un ulteriore stimolo a delineare le linee teoriche e le pratiche educative è venuto dall'obbligo per i gestori di un servizio rivolto alla cittadinanza (e quindi anche di un servizio educativo per l'infanzia) di redigere una Carta dei servizi in cui vengono comunicate le modalità e gli standard di qualità che intendono garantire. In molti casi questi documenti sono stati arricchiti con riflessioni approfondite attorno alla qualità educativa del servizio. Si è così costituito un ricco patrimonio documentale che non solo ha disegnato nel dettaglio molti aspetti dell'operatività del servizio ma anche ha messo in evidenza la varietà delle pratiche che possono esprimere la sua qualità.

Dalla lettura di questi documenti emergono alcuni elementi comuni che connotano la qualità dei servizi educativi per l'infanzia nel nostro Paese. Innanzitutto, il rispetto del protagonismo di tutti gli attori coinvolti: bambini, genitori, educatori. Si riconosce l'importanza di leggere l'esperienza che i bambini fanno nei servizi educativi dalla loro prospettiva; l'espressione "guardare con gli occhi dei bambini", risuonata spesso nei dibattiti e nei documenti, intende comunicare proprio che è l'osservazione di come i bambini vivono e comprendono l'esperienza che deve guidare l'intervento educativo. Vengono molto valorizzati anche il coinvolgimento dei genitori e la costruzione di un'alleanza educativa con loro e l'apertura alla comunità territoriale. E si insiste sulla necessità che gli educatori acquisiscano una professionalità specifica, capace di riflettere sulla propria pratica, di valutarla e innovarla di continuo. Emerge una concezione della qualità del servizio educativo da rielaborare continuamente a contatto con l'esperienza realizzata e nel confronto tra tutti gli attori, educatori, genitori e comunità territoriale.

La cultura educativa maturata in Italia nelle varie esperienze dei territori ha trovato ampia diffusione in tutta Europa andando ad alimentare un dibattito culturale che, progressivamente, ha portato al riconoscimento del ruolo dell'educazione e cura della prima infanzia nel promuovere l'apprendimento, il benessere e lo sviluppo di tutti i bambini, con particolare riguardo per coloro che provengono da contesti svantaggiati. Numerosi sono i documenti europei che, nel sottolineare come i primi anni di vita sono i più formativi poiché pongono le basi per il loro sviluppo lungo tutto l'arco della vita, richiamano il diritto di tutti i bambini all'educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità[2]. Basandosi sulla ricerca scientifica e sulle buone pratiche degli Stati membri dell'Unione europea[3], si è affermato un approccio europeo ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia ispirato al principio del protagonismo del bambino e al suo coinvolgimento attivo attraverso il gioco, l'esperienza, le relazioni, nonché all'importanza della partecipazione delle famiglie come partner nei servizi educativi.

 

4. Il significato dei servizi educativi per l'infanzia per i bambini e per le famiglie

La Legge 107/2015 e il D.lgs. 65/2017 hanno confermato il nuovo significato che oggi deve essere attribuito ai servizi che accolgono i bambini sotto i tre anni. Facendo tesoro dell'esperienza maturata nei servizi e anche delle richieste espresse da molte famiglie, la nuova normativa ha ribadito il carattere educativo di questi servizi e cioè che ogni servizio che accoglie i bambini nei primi anni di vita debba garantire loro la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento.

Per assolvere questo impegno educativo è necessario aver consapevolezza di che cosa significhi la frequenza di un servizio per l'infanzia nella vita di un bambino piccolo, quali profonde trasformazioni siano introdotte nel suo mondo relazionale ed esperienziale. Per la maggioranza dei bambini, oggi, l'ingresso in un servizio educativo per l'infanzia costituisce il primo incontro con un contesto fisico e sociale diverso dall'ambiente familiare: un mondo nuovo da scoprire e comprendere, nuove relazioni da costruire con altri adulti e con altri bambini piccoli, con cui, se figli unici, spesso non hanno ancora avuto alcun contatto. Nel servizio educativo i bambini trovano nuove occasioni di sviluppare le proprie potenzialità nell'apprendere, di conquistare la propria autonomia, di controllare le proprie pulsioni. Non va dimenticato, tuttavia, che i bambini devono anche riuscire a collocare la nuova esperienza nel complesso della loro vita quotidiana, mettendo in relazione in modo significativo e armonioso il mondo del servizio educativo con il proprio mondo familiare.

L'impegno prioritario dei servizi educativi è nei confronti dei bambini ma deve essere declinato considerando anche il significato che essi rivestono per le loro famiglie. La disponibilità di un servizio di buona qualità, cui affidare con fiducia il proprio bambino, è, oggi come ieri, un elemento fondamentale per garantire alle donne la possibilità di riprendere o intraprendere un'attività lavorativa dopo essere diventate madri. È, quindi, un importante strumento per raggiungere la parità di genere ed elevare le condizioni economiche delle famiglie. Tra i genitori si è diffusa anche la consapevolezza di ciò che il servizio educativo per l'infanzia può offrire ai propri bambini in termini di opportunità educative e di socializzazione. E nella condivisione della cura e dell'educazione del bambino con gli educatori e nell'incontro con altri genitori, molte madri e molti padri possono maturare nuove riflessioni anche sul proprio ruolo educativo. Oggi, dunque, il servizio per l'infanzia costituisce un'importante tappa nell'elaborazione della funzione genitoriale e un'opportunità di scambio e confronto tra persone che stanno attraversando la stessa esperienza di vita.

 

5. I diversi tipi di servizi educativi per l'infanzia

Oggi sono disponibili per i bambini sotto i tre anni servizi educativi per l'infanzia che declinano la cura e l'educazione dei piccoli e la risposta ai bisogni delle famiglie con modalità organizzative e di intervento diverse (D.lgs. 65/2017, art. 2, comma 3).

Il nido viene presentato finalmente senza essere accompagnato dal termine "asilo", che suona evocativo di un servizio rivolto all'assistenza di persone in difficoltà. Nel nido, o micronido, di dimensioni più ridotte, l'impegno educativo nei confronti dei bambini a partire dai tre mesi di età garantisce il loro benessere e il sostegno al loro sviluppo in tutti i suoi aspetti. Vengono sottolineate le dimensioni fondamentali dell'intervento educativo, che non si sostituisce ma si armonizza con quello delle famiglie e si configura come la prima tappa di un percorso che proseguirà nella scuola dell'infanzia. Inoltre, anche se i nidi possono avere diversi orari di funzionamento e modalità organizzative, tutti offrono ai bambini un'esperienza di vita quotidiana complessiva, che è anche scandita dai loro ritmi fisiologici, dai momenti dei pasti e del riposo.

Per ampliare l'offerta educativa a partire dai due anni, quando la domanda delle famiglie di garantire ai bambini un'esperienza di socialità e apprendimento fuori dal contesto familiare si fa particolarmente pressante, è stata istituita già da molti anni la sezione primavera (Legge 296/2006, art. 1, comma 630), anche per contrastare l'ingresso anticipato nella scuola dell'infanzia, dove contesto, ambiente e progettualità non sono adeguati ad accogliere bambini di questa età. Nella sezione primavera l'intervento di cura e educazione è calibrato su tempi e stili di sviluppo dei bambini nel terzo anno di vita. In questo periodo si assiste a una vera e propria esplosione delle loro competenze espressive e comunicative e dei loro interessi nei confronti delle persone e del mondo materiale e simbolico che li circonda.

Integrano l'offerta educativa altri servizi educativi che le famiglie possono scegliere sulla base di opzioni culturali o di esigenze organizzative diverse. Tra questi servizi integrativi ci sono gli spazi gioco, che offrono ai bambini a partire dai dodici mesi di età un'esperienza educativa e di socialità connotata soprattutto dalla dimensione ludica e da un ridotto tempo quotidiano e/o settimanale, senza presa in carico del pranzo né del successivo riposo. Questi servizi, quindi, si inseriscono nell'organizzazione familiare e nell'esperienza quotidiana del bambino in modo diverso dal nido o dalla sezione primavera, ma sollecitano altrettanta attenzione educativa per accompagnare lo sviluppo delle sue competenze e per garantire la serena transizione dall'uno all'altro dei suoi mondi. Questa transizione è proposta ancora in altra forma dai centri per bambini e famiglie, che accolgono per momenti di gioco e di socialità bambini insieme a un adulto familiare. Questi servizi sono organizzati secondo modalità che possono variare da un luogo all'altro, ma sono perlopiù molto flessibili, facilmente accessibili e non prevedono una presa in carico complessiva dei bisogni di cura dei bambini. Per i bambini questa può essere la prima occasione di un rapporto con altri coetanei in uno spazio curato, accogliente e con materiali a loro destinati, e altrettanto importante è l'opportunità che viene offerta ai genitori di osservare le reazioni del proprio figlio nel nuovo contesto e di entrare in contatto con gli stili educativi e i modi diversi di interagire con i bambini degli educatori e degli altri genitori presenti. Un'uscita, quindi, fuori dall'ambiente domestico che adulto e bambino realizzano insieme e che costituisce un passaggio, sempre emozionante ma attuato con particolare lievità, a un mondo di socialità tra pari di cui entrambi fanno esperienza. Sono questi gli unici servizi che accolgono i bambini fin dai primi giorni di vita, a volte in spazi di accoglienza riservati, dove vengono tutelati i bisogni specifici dei neonati e si propone a mamme e papà un luogo di ascolto e confronto attorno alle prime fasi dell'esperienza genitoriale. Questi servizi svolgono anche l'importante compito di far conoscere il sistema dei servizi educativi, orientando i genitori nelle loro scelte e, più in generale, informandoli delle opportunità per l'infanzia presenti nel territorio (biblioteche, teatri, servizi sanitari e sociali...).

Ancora diversa è l'offerta dei servizi educativi in contesto domiciliare, nei quali un educatore accoglie in modo continuativo alcuni bambini presso il proprio domicilio. In questi servizi si rivela particolarmente importante la condivisione delle modalità di cura e delle prospettive educative tra l'educatore e la famiglia. Anche questi servizi, come gli altri servizi educativi, devono rispettare specifici requisiti organizzativi, non ultimo quello relativo alla professionalità dell'educatore.

Così come l'esperienza dei bambini e quella dei loro genitori è diversa nei diversi tipi di servizio educativo per l'infanzia, varia anche il ruolo che gli educatori si trovano a svolgervi. Saper declinare il proprio intervento secondo le specificità di ogni servizio è una dimensione fondamentale della professionalità educativa per la prima infanzia. Il diverso modo con cui i vari tipi di servizio accolgono bambini e genitori esprime comunque la stessa intenzione di accompagnarli nella loro avventura durante i primi mille giorni. Non è perciò insolito il passaggio successivo delle famiglie dall'uno all'altro servizio sulla base di nuove esigenze organizzative dei genitori o anche della maturazione di una diversa consapevolezza dei bisogni del bambino o del proprio ruolo. Anche per questo, ma non solo per questo, è estremamente importante che i diversi servizi siano messi in relazione all'interno di una rete sul territorio.

La connessione tra i servizi è facilitata quando essi sono aggregati in un Polo per l'infanzia all'interno di uno stesso edificio o in edifici vicini assieme a sezioni di scuola per l'infanzia. Questa proposta, che è realizzata in molte situazioni da diversi anni, trova oggi un particolare incoraggiamento perché, come evidenziato nel documento Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, vi si individua uno strumento organizzativo per consolidare la continuità del percorso educativo per l'infanzia e per consentire nuove sperimentazioni. L'inserimento di più servizi educativi in un Polo offre nuove occasioni a tutti e tre i protagonisti del mondo educativo: ai bambini è facilitata la transizione al successivo percorso educativo da tre ai sei anni o anche il passaggio dall'esperienza in un tipo di servizio educativo a un altro, come spesso avviene da un servizio integrativo a un nido o a una sezione primavera, i genitori vi possono trovare un aiuto per orientarsi nelle scelte relative al percorso educativo e scolastico dei bambini e un punto di aggregazione comunitario continuativo negli anni. Infine, per gli educatori il Polo può costituire un'opportunità di riflessione e confronto attorno alle diverse sfaccettature del fare educazione con i più piccoli.

 

6. Le istituzioni responsabili dei servizi educativi per l'infanzia

Estendere la diffusione dei servizi per l'infanzia in tutto il territorio nazionale e garantire la loro buona qualità è un impegno cui sono chiamati tutti i livelli istituzionali. L'offerta di servizi educativi per l'infanzia è realizzata anche con l'importante concorso dell'iniziativa privata.

Il D.lgs. 65/2017 delinea un modello di governance multilivello prevedendo che il sistema integrato sia programmato, realizzato e qualificato con il concorso dei diversi livelli di governo, dallo Stato alla Regione all'Ente locale, ciascuno dei quali si vede affidate competenze specifiche da svolgersi in sinergia e con spirito di collaborazione[4].

Il quadro della governance del sistema integrato zerosei, di cui i servizi fanno parte, è stato presentato estesamente nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, ma è utile qui riassumere i punti che riguardano specificamente i servizi che accolgono i bambini sotto i tre anni.

È ora affidato allo Stato, e in particolare al Ministero dell'Istruzione, il compito di indirizzare, coordinare e promuovere la progressiva ed equa estensione del sistema integrato di educazione e di istruzione su tutto il territorio nazionale. Per quanto riguarda i servizi educativi per l'infanzia, il D.lgs. 65/2017 precisa che aumentare l'offerta, appianare le differenze nella loro diffusione territoriale e agevolare la frequenza sono obiettivi strategici per realizzare il sistema integrato. Viene, inoltre, previsto il superamento della condizione di servizio a domanda individuale, che ancor oggi connota l'offerta educativa per i bambini sotto i tre anni, al fine di un pieno riconoscimento del diritto all'educazione fin dalla nascita. Per realizzare questi obiettivi e per la promozione della qualità dei servizi lo Stato predispone periodicamente un Piano di azione nazionale pluriennale sulla base del quale eroga ai Comuni finanziamenti dedicati, da utilizzare per costruire o ristrutturare nuovi servizi, sostenerne i costi di gestione, anche nella prospettiva di ridurre la contribuzione a carico delle famiglie, e promuoverne la qualità mediante la formazione continua in servizio e il coordinamento pedagogico territoriale. Allo Stato compete anche di istituire, in collaborazione con le amministrazioni regionali e comunali, un sistema informativo nazionale relativo a presenza, caratteristiche organizzative e capienza di tutti i servizi educativi per l'infanzia.

Le Regioni sono chiamate a programmare e cofinanziare lo sviluppo di tutto il sistema integrato sul loro territorio, e quindi anche l'estensione dei servizi educativi per l'infanzia nelle loro diverse tipologie, e a sostenerne la qualità, progettando il supporto alla professionalità degli operatori e promuovendo l'istituzione di coordinamenti pedagogici territoriali d'intesa con gli Uffici scolastici regionali e le rappresentanze degli Enti locali. Per quanto riguarda i servizi educativi per l'infanzia, le Regioni hanno lo specifico compito di definire i requisiti strutturali e organizzativi per ciascuna tipologia di servizio e disciplinare le attività, svolte dall'Ente locale, di autorizzazione al funzionamento, vigilanza e accreditamento. Nel dibattito che si è attivato anche a livello istituzionale attorno ai costi della possibile estensione territoriale dei servizi educativi per l'infanzia si avverte sempre più l'urgenza che in un confronto tra le Regioni si possano rendere omogenei i requisiti che più incidono sulla determinazione dei costi di costruzione e gestione dei servizi.

I Comuni hanno un ruolo protagonista nel governare l'offerta educativa per i bambini sotto i tre anni nel loro territorio. L'Ente locale, infatti, non solo costruisce e gestisce direttamente o indirettamente servizi educativi per l'infanzia e provvede al sostegno costante alla loro qualità mediante l'organizzazione di iniziative formative e l'attività dei coordinatori pedagogici responsabili per tali servizi ma ha anche il compito di autorizzare e accreditare quelli gestiti da soggetti privati, sulla base dei requisiti indicati dalla Regione, e di monitorare e verificare il funzionamento di tutti i servizi educativi per l'infanzia presenti nel proprio territorio. Si tratta di un compito particolarmente importante poiché all'aumento della domanda delle famiglie ha corrisposto la crescente presenza dell'iniziativa privata - soprattutto organismi del terzo settore, in collaborazione con l'amministrazione pubblica o in autonomia -, che costituisce oggi quasi la metà dell'offerta complessiva di servizi educativi per l'infanzia. Questo ampliamento e diversificazione dell'offerta ha rappresentato anche un rilevante arricchimento della riflessione dentro e attorno i servizi, soprattutto quando ciò ha potuto svilupparsi in un confronto continuativo tra tutti i servizi pubblici e privati. È, inoltre, precipua responsabilità dell'Ente locale attivare il coordinamento pedagogico territoriale che, coinvolgendo i servizi educativi e le scuole dell'infanzia presenti sul territorio, promuova occasioni di scambio di esperienze e riflessioni, iniziative di formazione congiunta e la creazione di relazioni strutturate.

 

Capitolo 2

Diritti e potenzialità dei bambini

Ciascun bambino è un soggetto unico e irripetibile, con una propria relazione col mondo ed una storia personale che prende forma nel contesto familiare e, a partire da esso, nell'ambiente sociale. I bambini sono portatori di diritti universali e di diritti specifici, in particolare di quello ad un'educazione di qualità fin dalla nascita.

I servizi educativi per l'infanzia, accanto al ruolo primario della famiglia, rappresentano una risorsa fondamentale per i diritti dei bambini.

 

1. Dai bisogni ai diritti per sviluppare le potenzialità

I bambini hanno diritto al rispetto, ad essere visti come persone e valorizzati ognuno nella propria particolarità e unicità, al di là di qualsiasi idea uniforme e stereotipata. Tale diritto accoglie e valorizza tutte le caratteristiche individuali, comprese quelle legate alla provenienza geografica, al contesto economico, sociale, culturale di appartenenza o alle condizioni di salute.

I bambini hanno diritto a essere sostenuti nei loro percorsi di crescita da figure adeguatamente preparate e in ambienti accoglienti e propositivi, capaci di allargare l'esperienza e promuovere le potenzialità di ciascuno.

I bambini hanno diritto a cure attente e sensibili che possano sostenere il senso di fiducia verso il mondo e verso sé stessi. Si tratta del diritto ad un ambiente che comunica loro che si possono affidare e che sono accolti e valorizzati così come sono, condizione fondamentale per la costruzione del senso di autostima.

I bambini hanno diritto di esprimersi, di essere ascoltati, di essere protagonisti nella determinazione dei propri percorsi di apprendimento. Un diritto che esige attenzione per la voce dei bambini, nei modi sottili in cui essa si manifesta attraverso il corpo, i gesti, lo sguardo, il silenzio e il non verbale, il gioco, e che richiede che tale voce venga tenuta presente nel dialogo attraverso cui si definiscono contesti ed esperienze di apprendimento.

I bambini hanno diritto di stare con altri bambini e di partecipare alla vita di una comunità infantile, dove lo sviluppo trova alimento e stimolo nell'incontro, nella relazione e nello scambio tra coetanei. Infine, i bambini hanno diritto, pur nei differenti e personali percorsi di crescita, di veder riconosciute le particolarità del loro momento evolutivo.

I bambini hanno diritto a un ambiente sicuro, stimolante, bello e ricco di opportunità.

Ogni bambino ha i suoi tempi e i suoi modi di crescere e le indicazioni generali sono semplicemente riferimenti possibili per progettare relazioni e contesti educativi capaci di sintonizzarsi con le inclinazioni e le esigenze peculiari di ognuno, di qualsiasi natura esse siano. Un ambiente inclusivo non può far parti eguali tra diseguali e pertanto risulta in ogni caso necessario, in questa delicata fascia di età, modulare relazioni, contesti e occasioni di esplorazione, scoperta e apprendimento.

 

2. L'orientamento alla relazione

La costruzione di legami significativi, prima in famiglia e poi, via via, attraverso l'ampliamento dei rapporti con altre figure e in altri contesti, costituisce per i bambini il punto di partenza e al contempo di approdo della crescita e dello sviluppo dell'identità. Il bambino scopre chi è e si spalanca fiducioso al suo incontro con la realtà solo in un rapporto di riconoscimento certo, solido e aperto. Bambine e bambini fin dai primi giorni di vita mettono in atto strategie interattive: la preferenza per il viso umano, le prime forme di imitazione e di conversazione ne sono un chiaro esempio.

È proprio nella relazione stabile, significativa, capace di cura che i bambini scoprono un'affidabilità di legami che costituisce la matrice essenziale ed irrinunciabile per procedere nella scoperta di sé e del mondo, la base sicura dalla quale possono partire lo slancio e la naturale apertura verso gli altri.

Per questo va data attenzione a quella importante "transizione ecologica" denominata ambientamento, tradizione dei servizi educativi per l'infanzia che ha generato una ricca riflessione. Il primo incontro con il nido e altri servizi è un momento delicato e importante. Si tratta per molti bambini di un primo distacco, seppur temporaneo, dalle figure di attaccamento primario che può scatenare il timore dell'abbandono e ridurre la disponibilità ad esplorare e accostarsi ad una realtà nuova, attraente ma, proprio per la sua novità, anche fonte di ansia. La creazione di un clima di fiducia tra educatori, bambino e suoi accompagnatori aiuta a fugare gli iniziali timori, invita a esplorare il nuovo ambiente e consente gradualmente di godere delle sue attrattive relazionali e ludiche.

Un bambino che inizia a frequentare un servizio educativo si confronta con un contesto sociale, un ambiente, adulti nuovi e diversi e altri bambini che dovrà imparare a conoscere. Per molti, infatti, il servizio educativo per l'infanzia costituisce la prima opportunità di entrare in contatto con coetanei in modo prolungato e ripetuto, in un contesto predisposto per l'incontro. Ha bisogno di tempo e di una presenza discreta da parte dell'adulto che lo accompagna e che lo sostiene nell'affrontare questa esperienza, trasmettendogli fiducia.

I bambini hanno anche un interesse sempre più pronunciato per gli altri bambini. I bambini, anche molto piccoli, mostrano una spiccata attenzione per l'altro bambino, un desiderio intenso di osservarlo, sorridergli, toccarlo, esplorarlo, intuiscono che è un essere simile a loro, che condivide simili interessi, desideri, emozioni e la stessa forte inclinazione al gioco. Nei primi tempi della frequenza l'interesse per gli altri bambini può manifestarsi in un ritrarsi dal contatto diretto per osservarli e per osservare e comprendere il nuovo ambiente sociale. Viceversa, è possibile vedere come i bambini già ambientati possano cogliere il disorientamento del nuovo venuto e si prodighino per accoglierlo. Questi comportamenti di mutuo aiuto si possono osservare anche in altri momenti di difficoltà del compagno, nei modi e nelle forme compatibili con le reciproche età (piccole carezze, sorrisi, offerta di oggetti o un aiuto nel mettersi le scarpe). Anche la conflittualità, ad esempio lo scontro per il possesso degli oggetti, è un aspetto comune nei rapporti tra bambini, specie in una situazione di comunità che richiede di fare i conti con esigenze e punti di vista diversi, in un momento evolutivo in cui prevale la centratura sulle proprie esigenze e i propri punti di vista. La conflittualità, quando viene affrontata con delicatezza dall'adulto, evolve in una dimensione relazionale positiva che esprime energia vitale, promuovendo da una parte affermazione di sé, assertività e costruzione della propria identità, dall'altra il progressivo riconoscimento delle prospettive altrui e l'avvio dei primi processi di negoziazione. Nel tempo i bambini possono mostrare preferenza per un bambino o una bambina in particolare, con cui si ritrovano più spesso a condividere giochi o esplorazioni. Queste relazioni privilegiate possono essere vissute con grande intensità, anche quando sono di breve durata.

Le attività degli altri bambini non sono solo fonte di grande interesse, ma costituiscono anche un potente motore di riflessione. L'esplorazione di un oggetto da parte di un coetaneo richiama sempre l'attenzione e spesso induce il bambino che osserva a desiderare il medesimo oggetto e a replicare l'azione o a modificarla utilizzando altri oggetti. Questo prendere ispirazione dall'altro si svolge anche a distanza e in momenti successivi e contribuisce a costruire un patrimonio di conoscenze comuni tra i bambini. Quando il "fare come te" è riconosciuto esplicitamente da sorrisi, gesti o espressioni verbali, esso spesso si trasforma in un "fare insieme": i bambini replicano la stessa azione contemporaneamente. Nel servizio educativo si osservano frequentemente piccoli gruppi di bambini sviluppare di loro iniziativa azioni di gioco coordinate, che si possono ripetere più volte, anche in momenti e giornate diverse. Nel tempo le azioni parallele, o semplicemente coordinate, si sviluppano in vere e proprie attività collaborative o rituali di gioco collettivi. In questi casi sono evidenti sia il grande impegno cognitivo dei bambini nel coordinare le attività, nell'eseguirle con precisione o nel riferirsi a un mondo immaginario comune, sia il loro grande piacere nel condividere la dimensione ludica.

Nel servizio educativo, insomma, tra bambini e bambine fiorisce una vita sociale e relazionale intensa, ricca di emozioni e di opportunità di apprendimento: sta all'intervento educativo e a un'opportuna organizzazione del contesto e delle proposte educative renderla possibile e orientarla verso un suo sviluppo armonioso.

 

3. Il desiderio di comunicare

I bambini hanno, fin dalla nascita, una spiccata necessità di comunicare. Il pianto e i primi vocalizzi assumono da subito una valenza espressiva quando i bambini se ne avvalgono per richiamare l'attenzione sui propri bisogni corporei e interagire. Anche sul piano affettivo la richiesta di contatto, vicinanza, sicurezza e benessere, che gli adulti soddisfano mediante la carezza, il prendere in braccio, la voce, lo sguardo, le cure e i primi giochi, si manifesta tramite segnali verbali e non verbali.

È proprio nelle relazioni adulto e bambino, centrate sullo scambio di sorrisi e vocalizzi, di gesti, di sguardi e contatti con attese e risposte reciproche, che si pongono le basi per l'acquisizione del linguaggio, conquista fondamentale e strategica di questi primi anni di vita.

Il bambino sperimenta un ruolo di interlocutore per l'adulto ancor prima di comprendere e utilizzare il linguaggio verbale: ne è un chiaro esempio il gioco del cucù, in cui ogni piccolo, facendo suo lo schema del nascondersi e riapparire, vive il piacere di essere riconosciuto e riconoscere.

All'interno di contesti relazionali conosciuti e vissuti come positivi, con routine prevedibili, ogni bambino esercita e sviluppa il suo modo di comunicare, arricchendolo attraverso gesti apparentemente semplici, come il mostrare, il richiedere e, principalmente, l'indicare, anche alternando lo sguardo tra l'oggetto di interesse e l'adulto con cui interagisce; un adulto che, nel condividere lo sguardo, esprime partecipazione e complicità emotiva, utilizza parole che descrivono, ampliano, spiegano, talvolta anticipano quanto il bambino non è ancora in grado di produrre.

Motivati a comunicare con persone interessate e disponibili alla relazione, i bambini, prima e insieme alla parola, sperimentano l'imitazione e l'utilizzo di nuovi gesti che rappresentano aspetti della realtà consueti, come portare la mano alla bocca per dire "bere", appoggiare il viso al palmo della mano per indicare il dormire, aprire e chiudere la mano per "ciao", gesti che via via vengono usati con minor frequenza quando il vocabolario aumenta in quantità e qualità.

Le prime parole, che compaiono intorno al secondo anno di vita, non solo forniscono un ulteriore strumento di comunicazione, ma svolgono anche funzioni con conseguenze cruciali sullo sviluppo. La parola permette di evocare qualcosa che non c'è o non c'è più (nel buio, al momento dell'addormentamento, la parola sussurrata "mamma" rievoca la persona cara e lenisce la solitudine); la parola introduce quello scarto tra la realtà e la sua rappresentazione che consente di pianificare un'azione prima di compierla e di guidarne l'esecuzione (come quando il bambino dice a se stesso: "adesso preparo la pappa" e poi si avvicina alla cucinetta e sistema un pentolino sul fornello). Il suo potere si esplica anche nelle relazioni, perché promuove l'unione e il sentimento dell'"essere insieme": l'avvento della parola produce un cambiamento a livello relazionale in quanto rende possibile la condivisione di esperienze, emozioni e desideri.

Il linguaggio permette di dare un nuovo assetto all'esperienza: assegnare un nome alle cose, agli eventi, agli stati d'animo trasforma il vissuto in significati che hanno un valore sociale.

Tramite il linguaggio i bambini giungono a possedere gli strumenti per modificare la realtà (possono dire: "oggi piove" quando c'è il sole); possono immaginare il futuro e prepararsi ad esso ("domani andiamo nel parco, che bello!") e ricordare il passato ("quando ero piccolo..."). I bambini possono comprendere e creare, accanto al mondo vissuto, un mondo narrato.

Lo sviluppo del linguaggio apre nuove possibilità anche nelle relazioni tra bambini, che troviamo intenti a commentare le loro attività durante un'esplorazione comune, a condividere la lettura di un libro conosciuto, ripercorrendo e raccontando anche tramite gesti e azioni la storia che vi è illustrata e costruendo scambi comunicativi che si trasformano nel tempo in vere e proprie conversazioni.

Nei servizi educativi ogni giorno viene offerta una molteplicità di occasioni e contesti che incoraggiano i bambini, anche quelli che vivono in un contesto familiare non italofono, a sperimentare e perfezionare le proprie competenze lessicali e sintattiche per entrare in relazione con adulti diversi dai genitori e con i compagni, comprendere ed essere da loro compresi attraverso la condivisione di un codice comune.

Non sempre il linguaggio verbale procede nei modi e nei tempi usualmente attesi nella prima infanzia. Le differenze individuali sono molto ampie e dipendono dalla complessa interazione tra fattori biologici e ambientali. Possono esserci stili di apprendimento diversi, possono esserci ritardi o atipie nello sviluppo delle abilità linguistiche che emergono in questa fascia d'età. Nei bambini che provengono da famiglie bi- o plurilingue lo sviluppo del linguaggio può apparire rallentato rispetto a quelli che provengono da contesti monolingue, perché le loro competenze sono distribuite tra le due lingue e/o l'input in una delle due lingue può non essere sufficiente. In alcuni casi il linguaggio viene esperito dai bambini in un'altra modalità. È questo il caso dei bambini sordi, che esposti dalla nascita ad una lingua dei segni e alla lingua parlata in contesti educativi e abilitativi, sperimentano, dunque, una condizione particolare di bilinguismo. In tutti i casi sarà compito degli educatori, in costante rapporto con la famiglia, ricercare forme di comunicazione che favoriscano rielaborazioni, significazioni e arricchimenti dell'esperienza.

 

4. L'affettività originaria

Nell'età infantile l'affettività costituisce una delle vie preferenziali di contatto con il mondo e si esprime sia nella relazione interpersonale, sia nella progressiva elaborazione dei vissuti pulsionali e sensoriali.

I bambini molto piccoli sono attraversati da vissuti emotivi potenti, indecifrabili, da cui possono sentirsi sopraffatti. Si tratta di vissuti e desideri strettamente intrecciati alle sensazioni corporali. Il senso di fame, di sonno, di malessere fisico, di desiderio per un oggetto, con le emozioni che suscitano, risultano nei primi mesi di vita pervasivi e ingovernabili per più ragioni: perché non sono identificabili e distinguibili come fame, sonno, paura, rabbia, desiderio di possedere, ma sono un caos indistinto di sensazioni, rispondono a un impulso che vuole "tutto e subito" (essere nutrito, dormire, essere calmato, impossessarsi), e sono soggetti a una percezione del tempo che non padroneggia ancora l'esperienza della durata (fame, sonno, rabbia, desiderio irrefrenabile sono "ora" e quindi "per sempre"), tutte condizioni che non permettono ai bambini piccolissimi di circoscriverli e padroneggiarli.

Sono vissuti connessi anche alla particolare sensibilità per le discontinuità e quindi per le novità. Più si è piccoli, più l'esperienza del mondo è piena di novità; le novità suscitano da una parte confusione e timore per ciò che è sconosciuto, dall'altra stupore, curiosità e tensione verso la scoperta.

Questa ambivalenza caratterizza tipicamente il primo contatto dei bambini con un servizio educativo. Se i vissuti disorientanti connessi alla discontinuità vengono accompagnati, l'interesse ha la possibilità di dispiegarsi e svilupparsi in processi di conoscenza e di relazione. I bambini hanno bisogno di una presenza adulta certa, che, mentre si fa garante della bontà della realtà, sappia porre un limite ai loro impulsi immediati, che aiuti a superare l'iniziale centratura su di sé e sui propri impellenti bisogni per guidarli a godere del piacere del condividere.

I bambini sono pronti ad accogliere e rielaborare ciò di cui fanno esperienza sul piano affettivo se sono in rapporto con un adulto che offre contenimento emotivo ("posso accogliere la tua paura, rabbia, confusione senza esserne distrutto e continuando a essere accogliente") e sostiene la capacità di dare significato e distinguere i sentimenti, di nominarli (è rabbia, è paura, è gioia, è confusione, ecc.), mettendo ordine nel caos e permettendo di identificarli e circoscriverli.

I bambini, che hanno un senso del tempo personalizzato, ritmato su esigenze e desideri da realizzare all'istante, nell'incontro con i bisogni degli altri e con il tempo istituzionale imparano pian piano a tollerare la frustrazione e apprezzare il piacere dello stare insieme. In questo modo i bambini sono posti in una condizione di benessere che permette loro progressivamente di fare i conti con i limiti, di acquisire un senso del tempo che tenga conto delle esigenze e dei tempi degli altri e di trovare gradualmente dei riferimenti comuni per orientarsi (è il momento del pasto, del sonno, del ritorno a casa) quali precursori del tempo cronologico e sociale.

 

5. L'identità che ha origine nella corporeità

I bambini fin dalla nascita esercitano e sviluppano abilità motorie e capacità percettive in modo interconnesso, divenendo attivi costruttori di sé, favoriti da relazioni con persone che ascoltano e rispondono alle loro richieste, dove il contatto corporeo e il dialogo tonico (il dondolio, il sentirsi cullare, in modo continuo, fluido, senza brusche rotture) con un adulto di riferimento offrono sicurezza e tranquillità.

Nel percorso di costruzione del senso di identità e del viversi nell'interezza del proprio corpo i bambini si impegnano nella sperimentazione di una corporeità vissuta appieno con tutti i sensi di cui possono disporre e soprattutto esercitano, quando possibile, il movimento, percepito con piacere e intensità, specialmente se possono contare sullo sguardo di un altro che restituisce loro le conquiste raggiunte. Così nei primi mesi diventano progressivamente più attivi nei confronti dell'ambiente, anche lo stare in braccio non è più un farsi sostenere restando rilassati e appagati: puntano i piedi, si spingono dal corpo dell'altro, esplorano l'equilibrio ed il disequilibrio. Iniziano ad apprezzare movimenti diversi che provocano cambiamenti di intensità, verso o direzione, spesso presenti nei giochi tradizionali o familiari, come quello del cavalluccio, dei classici giochi di lancio in alto e ripresa, di oscillazione e caduta, di aggiramento.

Contemporaneamente, le prime esperienze di gioco che un bimbo molto piccolo può attivare da solo sono anch'esse collegate al movimento corporeo e alle sensazioni che provoca. Più avanti, quando i bambini entrano in relazione e agiscono sull'ambiente, in quello stesso momento fanno esperienza di se stessi, percepiscono, infatti, i risultati delle proprie azioni, riconoscendosi capaci di trasformazione e incidenza sul mondo. Queste sensazioni piacevoli generate dal movimento stesso, dal sentirsi capaci di intervenire sull'ambiente e di muoversi autonomamente distaccandosi dall'adulto, li aiutano a sentirsi interi e a scoprire la presenza dell'altro e degli effetti delle leggi della fisica su di sé e sugli oggetti.

Nei servizi educativi l'organizzazione dell'ambiente diversa dallo spazio domestico, la presenza di arredi e strumenti appositamente predisposti (es. cubi, cuscini, tappeti, piccoli scivoli, specchi), la disponibilità di materiali e oggetti di diverse consistenze, dimensioni, proprietà percettive moltiplicano le esperienze tattili e motorie, favorendo l'acquisizione di questa consapevolezza.

Non appena imparano a strisciare, a gattonare o a camminare si allarga lo spazio entro cui i bambini possono muoversi. Inizia un periodo caratterizzato dall'alternarsi di escursioni per esplorare il mondo circostante e di riavvicinamenti per ricevere rifornimento affettivo e di sicurezza, una alternanza progressiva che consente di individuare la giusta distanza tra dipendenza e indipendenza, vicinanza e separazione.

Crescendo, i bambini godono dell'acquisita autonomia, della padronanza del proprio corpo e dell'autoaffermazione che ne deriva, che si manifesta nella manipolazione e nell'esplorazione. Nei servizi educativi i bambini trovano un'ampia varietà di oggetti su cui agire e occasioni intenzionalmente progettate perché possano sperimentare il loro potere di intervento sulla realtà, anche confrontandosi con i compagni, guardandoli, imitandoli, inventando nuove azioni.

Il processo di separazione, la conquista dell'autonomia, l'individuazione passano anche attraverso l'opposizione e il contrasto. La disobbedienza per i bambini di quest'età è una forma di autoaffermazione: il dire di no alle richieste delle persone che stanno loro intorno, anche quando sono piacevoli, è una forma di divertimento e di gioco ma anche un dispositivo di crescita mediante il quale mettere alla prova e rinsaldare la propria identità in evoluzione. Questa condizione delicata, caratterizzata dalla ricerca della giusta distanza tra attaccamento e indipendenza, autoaffermazione e senso del limite, richiede da parte dell'adulto una sensibilità particolare e un accompagnamento attento, che incoraggi i bambini alla scoperta del mondo e delle regole dello stare insieme. Limitazioni del movimento autonomo o deficit sensoriali che possono derivare da condizioni organiche richiedono agli educatori particolari e mirate attenzioni affinché ogni bambino possa esprimere e soddisfare ugualmente il proprio bisogno esplorativo e l'attitudine alla scoperta.

 

6. L'interesse per il mondo circostante

Il percorso di apprendimento prende avvio dall'interesse per il mondo circostante e, pur ponendo le basi su esperienze di continuità, si sviluppa a partire dal desiderio dei bambini di conoscere che induce ad un'attiva esplorazione di oggetti, situazioni e contesti attraverso tutti gli organi di senso. I bambini sono acuti osservatori, interessati ai dettagli più minuti. La loro attenzione si concentra su particolari che li attirano e li sollecitano con uno sguardo non ancora influenzato da stereotipie di significato. Le cose non sono date, ma scoperte, e la curiosità è fonte di una coraggiosa e instancabile attività dei bambini che, attraverso la manipolazione, studiano il loro funzionamento e ne ricercano i nessi causa-effetto. Anche il proprio corpo è oggetto di attenzione e curiosità e viene messo alla prova in situazioni diversificate e molteplici.

Fin dai primi mesi i bambini appaiono impegnati in attività di esplorazione degli oggetti: li afferrano, li soppesano, li portano alla bocca, ne colgono le proprietà, le differenze e le somiglianze. Vuotare e svuotare, infilare e sfilare, caricare e scaricare, costruire sono tutte attività che i bambini compiono spontaneamente e con gioia perché dimostrano continuamente il loro potere sulle cose e permettono di scoprire l'ordine delle stesse. Nel tempo affinano le capacità di studiare le reazioni degli oggetti alle azioni che li coinvolgono: ad esempio come rotola una palla che viene spinta, qual è il suono di una torre di cubi fatta cadere, la consistenza di un frutto schiacciato tra le mani, ecc. Anche le posizioni e le relazioni tra le cose costituiscono oggetto di attenzione ed esplorazione: come un oggetto può essere collocato dentro uno più grande, come può passare attraverso la cavità di un altro, come può restare in equilibro su una superficie orizzontale oppure cadere se posto su un piano inclinato.

I bambini trovano modi diversi di organizzare il mondo ricercando quali nuove relazioni si possono stabilire tra gli oggetti; possiamo vederli seduti per terra intenti a spostare gli oggetti attorno a sé in modo da dividerli in mucchi sulla base del loro colore o della loro forma, oppure allineare uno accanto all'altro oggetti simili, quasi a marcarne la somiglianza, o collocarli uno sull'altro in modo da comporre una torre ordinata per grandezza. Sono le prime esperienze di classificazione, seriazione, associazione, ordinamento. L'esplorazione, nel tempo, viene accompagnata dal linguaggio verbale che descrive e guida l'azione.

Molti altri aspetti del mondo fisico, come ad esempio la luce, la fluidità dei liquidi, le ombre che il proprio corpo o altri oggetti proiettano, la forma e la dimensione delle tracce che si lasciano su una superficie, i suoni prodotti dal proprio corpo o ascoltati nell'ambiente, il movimento e il mutamento degli esseri viventi possono suscitare curiosità, diventare oggetto di osservazione e di conseguente indagine e di conversazione tra loro e con gli adulti.

L'insieme di queste esplorazioni viene vissuto in modo olistico, cioè con un coinvolgimento intrecciato dei diversi canali sensoriali, con un interesse aperto e multidimensionale per i fenomeni incontrati nell'interazione col mondo, che coinvolge interamente mente e corpo.

Le curiosità e le attività dei bambini richiedono da parte degli educatori un'accoglienza in grado di riconoscerne il valore e il significato e un accompagnamento che, a partire da una attenzione prolungata a ciò che i bambini stanno facendo, porti a sostenere e promuovere il processo di conoscenza e di sviluppo. Ad esempio, il passaggio da un'esplorazione poco definita o casuale ad una più mirata e intenzionale, che porta a un percorso di scoperta progressiva dell'oggetto, delle sue proprietà e dell'uso che se ne può fare, può aver luogo attraverso la ripetizione: reiterando più volte la stessa attività in modo identico, oppure introducendovi progressive modifiche, l'esplorazione dei bambini si fa sistematica, più consapevole più capace di introdurre variazioni.

Leggere nelle azioni dei bambini qualità e concetti propri dei diversi sistemi simbolico-culturali, consente all'educatore di individuare parole, materiali, provocazioni e nuovi contesti più focalizzati e pertinenti che possano far evolvere, senza forzature o insegnamenti diretti, le esplorazioni dei bambini. Ad esempio, nella spontanea attrazione dei bambini per i suoni che producono battendo le mani su alcune superfici, è presente il concetto di timbro che si può rendere più presente alla percezione dei bambini introducendo materiali e battenti differenti. Oppure la vibrazione, a cui i bambini sono molto sensibili, può essere resa esplorabile da metalli articolati dando struttura formale a materiali informali, corde di chitarra o di violino tese tra due supporti affissi al muro che consentono di sperimentare la durata, l'intensità, il timbro delle vibrazioni.

In alcuni casi possono manifestarsi timore o sgomento invece che attrazione per il mondo e l'altro da sé, necessità di stabilità invece che propensione verso il nuovo, tendenza allo stabilire confini invece che apertura spontanea alla relazione; i linguaggi del corpo, dei sensi e della voce possono aiutare il bambino e con lui l'adulto ad equilibrare un corretto spazio relazionale, non invadente, non estraneo.

Attraverso un ambiente incoraggiante e un contesto pronto a modificarsi in relazione ai progressi dei bambini, nel corso dei primi tre anni di vita le attività di esplorazione divengono via via più articolate e si esprimono in sequenze sempre più lunghe di azioni coordinate, fino ad affrontare questioni più complesse, prefigurando competenze cognitive che troveranno possibilità di sviluppo e arricchimento negli anni successivi.

 

7. La propensione ad attribuire significati

Lo sviluppo intellettivo si iscrive nella propensione infantile, presente fin dalla nascita, ad attribuire significati. Si tratta di una propensione inizialmente sviluppata in modo concreto, attraverso il corpo e il movimento, per cui, ad esempio, il dondolare di un ninnolo appeso viene compreso ed espresso dai bambini piccolissimi con il dondolare del capo o del corpo. Tale processo, se viene incoraggiato e sostenuto, con il progressivo affermarsi del linguaggio può via via appoggiarsi alla ricchezza e alla precisione delle parole, grazie alle quali i bambini affinano le loro possibilità di costruire e condividere significati: al corpo che dondola si affianca e poi sostituisce la parola "dondolare", che soddisfa in modo più pieno la necessità di comprendere quel movimento e poterlo comunicare.

Nei primi tre anni, infatti, l'intelligenza progressivamente supera la dimensione esclusivamente senso-motoria, grazie allo sviluppo del linguaggio e della capacità di rappresentazione. Questo sviluppo avvia la possibilità di innescare processi di ragionamento ancorati alle situazioni che incontrano nel loro personale rapporto con il mondo e che suscitano curiosità o problemi che chiedono di essere supportati da un'azione educativa capace di riconoscerli e di promuoverli.

A questi processi si associa la propensione a "fare" cultura, intesa in senso ampio come tensione dei bambini fin da piccolissimi a condividere e costruire repertori di significati con gli adulti che si curano di loro e con i coetanei che frequentano assiduamente, come succede nei servizi educativi. Una tensione che, quando viene riconosciuta e incoraggiata, si esprime ad esempio con rituali che, prestissimo e in modo del tutto personale, scandiscono il rapporto tra adulto e bambino nei momenti di cura del corpo, e che il bambino contribuisce a costruire, riconosce e richiede: una certa filastrocca, un piattino disposto in un certo modo significano che è il momento del pranzo. Tra bambini, in un ambiente che favorisce la libertà di movimento ed espressione, il "fare" cultura si esprime attraverso, di nuovo, rituali e significati comuni che attribuiscono in modo condiviso a momenti, spazi, oggetti: ad esempio, per tutti i bambini la tana del lupo è sotto il grande tavolo in sezione. Questa propensione, tipicamente umana, permette ai bambini di accedere progressivamente alla cultura del mondo adulto in cui sono immersi e ai sistemi simbolico-culturali che la caratterizza, se vengono accompagnati in modo adeguato ad incontrarli.

 

8. L'attitudine al gioco

Il gioco si caratterizza per il suo essere spontaneo, libero, finalizzato a se stesso e al piacere di metterlo in atto (si gioca per giocare). Per i bambini, fin dalla nascita, giocare è un'esperienza vitale in più sensi: perché attraverso di essa si esprime un modo di rapportarsi al mondo sostanziale per l'infanzia (se si è bambini, si gioca), ma anche perché promuove benessere e dà la possibilità di sentirsi "vivi", cioè di sentire che il proprio corpo, le proprie azioni, i propri pensieri e le proprie fantasie possono esprimersi in modo libero da vincoli che non siano il vitale desiderio di farlo. Per i bambini giocare è, ad esempio, scuotere una scatola e ascoltare il rumore che fa, far cadere e riprendere un oggetto, girare su sé stessi, preparare un caffè "per finta", farlo più volte fino a quando lo si desidera sotto la spinta del solo piacere di ripetere per capire cosa succede, rivivere le emozioni che dà, mettersi alla prova. Si tratta di un'esperienza che permette loro di sentire che sono i soli padroni della situazione e che sono capaci, in questa posizione, di incidere sul mondo - e il mondo risponde positivamente - procurandosi le esperienze di cui hanno bisogno per star bene, senza altra finalità che questa.

Il gioco è la voce dei bambini, anche quelli piccolissimi, è un modo privilegiato di esprimersi: grazie al gioco possono dire di sé, delle loro comprensioni, di ciò che li incuriosisce o li turba, in un modo che, a differenza della realtà degli adulti, è interamente scelto e governato da loro stessi nei tempi, nei percorsi, nelle modalità. È anche un modo essenziale di pensare, nella misura in cui nel giocare dei bambini le esperienze sono guidate dal desiderio della scoperta e dal piacere che dà il metterle in atto, sia che si tratti dei primissimi giochi di esplorazione del corpo (ad esempio, chiudere e aprire gli occhi per il piacere di "studiare" ciò che succede) e degli oggetti (ad esempio, impilare scatoline per il piacere di capire come fare una pila più alta possibile), sia che riguardi giochi più evoluti (ad esempio, fingere di essere un dottore per comprendere meglio questo ruolo).

Successivamente, con il gioco del far finta, i bambini cominciano a rappresentare oggetti ed eventi non presenti, coinvolgendo, come spettatori e partner, adulti e altri bambini (imboccare la mamma, o l'educatore, o un altro bambino da un cucchiaio vuoto, fingere di dormire senza avere sonno). In questo tipo di gioco si manifesta fortemente la soggettività dei bambini, la loro prospettiva sul mondo, che esprime una creatività in nuce. Si manifesta anche precocemente il desiderio di condividere questa realtà immaginaria e di godere del piacere di un "far finta insieme" che si sviluppa in giochi complessi: i bambini si travestono, assumono ruoli diversi, mettono in scena situazioni e storie anche trasformando le funzioni degli oggetti (la sedia diventa il cavallo, il tavolo una nave...).

Se trova ambienti accoglienti e supportanti, il gioco del bambino dispiega tutti i suoi poteri: libera esplorazione delle cose e dei rapporti interpersonali, osservazione, scoperta attiva, padronanza corporea, autoaffermazione. Il gioco è uno dei fronti più delicati e sensibili nei quali attuare ed affinare accurate strategie inclusive.

 

9. Un'espressività fatta di molteplici linguaggi

I bambini, fin da piccolissimi, sono continuamente attratti dalle cose, dalla natura e dalle relazioni, sono capaci di provare meraviglia per i suoni, le luci, i colori, le forme, appassionati a lasciar tracce, a condividere ("Guarda?"), a creare composizioni uniche, che l'adulto può ascoltare, osservare, cercar di capire e sostenere. Attraverso molteplici modalità espressive danno forma ai propri vissuti e a ciò che comprendono della realtà: parole, segni grafici e disegni, suoni e rumori, ritmi e melodie, movimenti, manipolazioni, costruzioni sono tutti modi per dare senso e conoscere il mondo. Si tratta di linguaggi che coinvolgono al tempo stesso corpo, emozioni, pensieri, fantasie, e che si intrecciano tra loro arricchendosi, dimostrando così una forza e una vitalità straordinarie. Sono modalità comunicative che, nel momento in cui si esercitano, diventano anche strumenti conoscitivi e di arricchimento dell'esperienza (muoversi a ritmo in una danza improvvisata a suon di musica comporta comprensione del rapporto corpo-mondo, padronanza di sé, appropriazione del senso del tempo). I diversi linguaggi non si esercitano mai separatamente e ciascun bambino ha il proprio modo di combinarli e integrarli.

Tutti i linguaggi hanno pari dignità e vanno ugualmente valorizzati affinché nessuno di essi venga trascurato e ciascuno abbia la possibilità di espandersi e arricchirsi tramite esperienze che si sviluppano nel tempo. Non si tratta tanto di fornire conoscenze tecniche (come tener in mano la matita, come modellare la creta, ecc.) o di mostrare procedure esecutive codificate (colorare stando nei margini, imitare i movimenti dell'educatore), quanto piuttosto di sostenere nei bambini la capacità di dare forma alle proprie idee attraverso l'esercizio della creatività, che gradualmente può manifestarsi in modalità espressive sempre più formalizzate e governate: dagli scarabocchi al disegno, dallo spargimento del colore al suo uso espressivo, dalla manipolazione dei materiali al costruire e comporre, dalla percussione di un oggetto alla produzione di un ritmo, dall'emissione di suoni alla creazione di melodie... L'adulto può fornire un modello di gesti precisi che i bambini possono osservare e imitare, come fanno spontaneamente nelle attività di vita pratica e di partecipazione guidata. Nei servizi per l'infanzia occorre perciò dare spazio ai linguaggi grafico- pittorici, plastici, musicali, coreutici, costruttivi, motori, ma anche "scientifici" e di esplorazione dei viventi che troveranno negli anni successivi ulteriori possibilità di arricchimento ed espansione. L'importanza dei molteplici linguaggi infantili è anche connessa alla pluralità delle forme dell'intelligenza e alla necessità che già a partire dai servizi educativi esse trovino possibilità di promozione e arricchimento che integrino mani, mente e cuore.

Per rispettare e promuovere i diritti e le potenzialità dei bambini è necessario individuare le finalità che orientano la progettazione e le pratiche educative: il progressivo consolidarsi dell'identità, l'acquisizione delle prime autonomie, l'imparare ad apprendere in tutte le situazioni delle quotidianità, l'imparare a vivere e condividere significati con altri bambini e altri adulti. Queste finalità, condivise con i genitori, permettono di orientarsi nella progettazione e nella scelta delle esperienze da proporre ai bambini per sostenerne lo sviluppo.

 

Capitolo 3

L'alleanza educativa con i genitori

All'interno di un servizio educativo si può educare solamente a partire dalla costruzione di un rapporto di ascolto, dialogo e alleanza con la famiglia. La famiglia è infatti il luogo di identità e appartenenza del bambino e svolge un compito educativo primario rispetto al compito del servizio educativo, che si pone come complementare e integrativo .I valori, gli obiettivi e i criteri guida relativi alla costruzione della alleanza educativa con le famiglie sono trasversali alle differenti tipologie di servizio educativo per l'infanzia, anche se le strategie necessariamente si differenziano in relazione al contesto specifico, alla storia e all'esperienza, alla tipologia di ciascun servizio.

 

1. Immagini reciproche

Dal punto di vista del servizio educativo: padri, madri, genitori, famiglie

I genitori non sono clienti, né meri fruitori di un servizio. Sono portatori di attese, di visioni educative e di progetti di vita che incontrano il servizio educativo, e il progetto proposto, in molti modi diversi. Gli educatori stimano i genitori come interlocutori attivi e competenti, riconoscono le differenze e si propongono in affiancamento alle figure genitoriali, considerando degne di ascolto e di interesse le esperienze, le credenze e le competenze che ciascuna famiglia porta.

Le famiglie che oggi si affacciano ai servizi educativi sono molto diverse tra loro nei modi di essere e fare famiglia e di interpretare i ruoli paterni e materni. Sono molte e diverse le provenienze geografiche, di coppie o di genitori, che spesso sono figli della migrazione di seconda o terza generazione, nati e scolarizzati in Italia. Cala la natalità, mentre si è elevata l'età media in cui si fa il primo figlio. In un mondo dove i bambini sono sempre di meno, spesso il figlio è il primo bambino con cui i nuovi genitori si trovano in relazione, e poiché, soprattutto nelle grandi città, si sono allentate le relazioni con le generazioni più anziane, i genitori, sempre più soli, si affidano a fonti di informazione molto varie, talvolta non fondate pedagogicamente e spesso contraddittorie. Non è sempre facile per gli educatori tenere vivo il dialogo, mantenere un atteggiamento empatico, spiegare senza impazienza, non manifestare fastidio perché non si condividono comportamenti e abitudini o perché ci si sente poco riconosciuti. La pluralità dei contesti familiari chiede una grande attenzione, sensibilità, sospensione dei propri pregiudizi, capacità di ascolto autentico, disponibilità a mettere in discussione le proprie certezze.

Dal punto di vista del genitore: la scelta del servizio educativo

La pluralità di tipologie nell'offerta di servizi educativi propone differenti modalità di esperienze ai bambini e intende rispondere anche a esigenze diverse dei genitori. Qualunque sia la scelta che i genitori operano, spesso l'ingresso in un servizio educativo rappresenta, soprattutto per chi è al primo figlio, il primo accesso a un contesto sociale pubblico che può essere poco conosciuto. La cultura dell'educazione in collettività, quindi, presenta differenze molte ampie.

La scelta di iscrivere il proprio bambino a un servizio educativo ha sempre due motivazioni: le necessità della conciliazione tra lavoro e cura dei figli e la consapevolezza dell'importanza per i bambini di stare con i coetanei. L'avvio della frequenza per il proprio figlio porta con sé aspettative positive, ma anche timori e ambivalenze. Ogni esperienza è un nuovo incontro che richiede al genitore di mettersi in gioco nella relazione con gli educatori e con i genitori degli altri bambini e di comprendere i vincoli che la vita comunitaria impone. Si tratta di cominciare a pensare al proprio bambino all'interno di una comunità di vita e di rapporti caratterizzati da pratiche specifiche e da ritmi condivisi diversi da quelli familiari, ma progettati per assicurare il benessere di tutti.

 

2. L'ambientamento

Dal punto di vista del bambino

Il primo incontro con un servizio educativo è in buona parte determinato dall'atteggiamento e dalle emozioni che avverte nei genitori. I bambini sono dei sensori sensibilissimi e per fidarsi hanno bisogno di percepire che chi li accompagna ha fiducia, è pronto e si fida di chi lo accoglie e si occuperà di loro. Le prime esperienze di distacco dal genitore vanno esplicitate al bambino, che va rassicurato e ascoltato nei suoi tempi di adattamento al nuovo contesto. Il tempo necessario a ciascuno va calibrato con attenzione, delicatezza e senza scansioni troppo rigide, anche in relazione alla presenza di altri bambini già ambientati o di altri bambini e genitori che condividono la stessa esperienza. Al bambino va offerta fin dai primi giorni, senza forzarlo, la possibilità di sperimentare l'ambiente e le opportunità di gioco, di accettare le proposte di scambio con i bambini e gli educatori, ma anche una grande libertà di ritrarsi e di rifugiarsi da chi lo accompagna.

Dal punto di vista del genitore

Il primo incontro con il servizio educativo implica affidare un bambino piccolissimo a persone e ambienti che non sono familiari: è un passaggio che suscita emozioni e sentimenti contrastanti e di non immediata elaborazione. Avere fiducia è l'esito, mai acquisito una volta per tutte, di un processo che può avere tempi molto differenti per ogni genitore e famiglia. Alleanza e fiducia sono inscindibili e si costruiscono nella reciprocità.

L'informazione e la conoscenza diretta del contesto, così come una costante disponibilità all'ascolto e al dialogo da parte degli educatori, sono i primi mattoni per iniziare a costruire un rapporto di fiducia con l'ambiente e il personale.

Queste attenzioni assumono un valore tutto particolare quando si tratta di avviare una relazione di fiducia con famiglie di origine straniera, che possono avere pratiche educative e di cura differenti, che a volte non esplicitano perché le danno per scontate, o perché ritengono non sia opportuno parlarne, o perché hanno difficoltà a esprimersi. Per questi genitori è importante trovare negli educatori interlocutori che si sforzino di comunicare con loro, oltre le barriere linguistiche, utilizzando al meglio possibile una lingua veicolare. Il dialogo, infatti, deve essere denso e ravvicinato specie nei momenti più delicati, quale è certamente quello del primo ingresso nei servizi educativi. L'ingresso dei figli nei servizi educativi offre l'occasione di uno spazio pubblico per costruire rapporti di fiducia e legami di comunità. Modelli culturali e educativi, esperienze religiose diverse, ruoli sociali e di genere hanno modo di confrontarsi, di rispettarsi e di evolvere verso i valori di convivenza in una società più ricca, aperta e democratica.

Prima che il bambino inizi la frequenza, è necessario creare occasioni in cui i genitori possono narrare il loro bambino, conoscere chi se ne prenderà cura e in che modo. L'organizzazione di visite o intrattenimenti per bambini e famiglie consente al genitore di vivere il nuovo ambiente con il proprio bambino, conoscere gli altri bambini e genitori, vedere gli educatori nella relazione con il gruppo.

La permanenza nel servizio educativo di figure conosciute e familiari per il bambino, nei primi giorni di frequenza, supporta in maniera favorevole la transizione.

Per i genitori stare dentro la sezione in questi primi giorni può essere fonte di imbarazzo e di incertezza su come comportarsi. È bene che gli educatori parlino di questo con il genitore, suggerendogli di porsi come presenza discreta. Vanno infatti tenute in considerazione la presenza di altri bambini e genitori, l'importanza di favorire la autonoma e libera esplorazione del contesto da parte del bambino, l'opportunità di dare il giusto spazio al ruolo dell'educatore.

I tempi dell'ambientamento vanno concordati con i genitori e valutati giorno per giorno. Ogni bambino, ogni genitore è diverso, ogni relazione di attaccamento si esprime in modo differente. È consigliabile non assecondare l'eventuale fretta del genitore di abbandonare la sezione, ma neanche prolungarne eccessivamente la presenza secondo un iter predefinito.

Dal punto di vista del servizio educativo

La condivisione delle esperienze di cura dei piccolissimi è, da parte dei genitori, un gesto di grande fiducia, anche se spesso accompagnato da ambivalenze e richieste alle quali può essere impossibile rispondere perché richiederebbero lo stravolgimento dell'organizzazione del servizio. I genitori chiedono, talora pretendono, interventi simili a ciò che avviene in ambito domestico. Il primo incontro con il genitore e il bambino è, quindi, un momento particolarmente delicato e capace di orientare gli atteggiamenti futuri. Gli educatori sanno che per i genitori sentirsi ascoltati, compresi nelle proprie aspettative e nelle proprie ansie, sperimentare una relazione ospitale e incoraggiante pone le basi per solidi legami di fiducia e di collaborazione: ecco che la preparazione del primo contatto e delle prime giornate di frequenza è basilare. Fin dai primi momenti il servizio educativo rende visibile la sua identità, caratterizzata da accoglienza, disponibilità all'ascolto, non autoreferenzialità, capacità di tenere aperto un confronto non compiacente né delegante, che porti a condividere cosa sia, in quel momento e nel contesto del servizio, il meglio per il bambino, diventando così un riferimento autorevole. Si tratta di un'autorevolezza che viene da un progetto educativo costruito nel tempo e nella collegialità, nell'esperienza e nel dialogo con i genitori e con la comunità, sempre aperto alle nuove domande.

L'incontro con una pluralità di figure professionali in grado di offrire ascolto e supporto, rimanda al genitore una molteplicità di punti di vista, capaci di arricchire lo sguardo sul proprio bambino.

La convivenza con il genitore nella quotidianità della sezione richiede agli educatori la consapevolezza che tutti i gesti che compiono vengono significati e valutati dal genitore, che attraverso di essi inizia a individuare gli aspetti che condivide e quelli che non approva, a delimitare quindi gli spazi di disponibilità al dialogo, a costruire la sua immagine del servizio educativo e a gettare le fondamenta della fiducia che riporrà in esso. È quindi necessario sapersi affiancare con delicatezza al genitore e al bambino, far comprendere la differenza dei ruoli, dialogare con autorevolezza con le domande e le considerazioni del genitore, dare valore alla dimensione del gruppo.

Nell'accoglienza sono coinvolte tutte le figure professionali (educatori, ausiliari, coordinatore, atelierista, cuoco...), ognuna delle quali ha una funzione educativa indipendentemente dalla mansione svolta. La comunità educativa nel suo complesso accoglie, costruisce e garantisce un'organizzazione ed un'unità che può dare fiducia ai genitori e alle altre figure di riferimento del bambino che, ognuna nel proprio ruolo, entrano in relazione con il servizio educativo.

Il servizio educativo deve avere una struttura previsionale di massima dei tempi e delle modalità dell'ambientamento, che, però, rispondano, per quanto possibile, alle necessità dei bambini e delle loro famiglie.

L'accoglienza dei genitori e dei bambini con disabilità, certificata o in corso di accertamento, va fatta oggetto di un'attenzione particolare, nella consapevolezza che la Legge 104/1992[5] riconosce l'inserimento dei bambini con disabilità come un diritto. Le famiglie dei bambini con disabilità possono trovare nei servizi un grande supporto, capace di individuare e valorizzare le risorse dei loro figli, attraverso il riconoscimento delle differenze e la costruzione di un ambiente educativo inclusivo, accogliente e competente, capace di offrire attenzioni specifiche ai bisogni di ciascun bambino. È necessario essere sensibili e attenti nella comunicazione con le famiglie dei bambini con disabilità, aiutandole nella scoperta delle loro risorse e potenzialità e anche nel riconoscimento delle difficoltà. Altrettanta attenzione va posta nei confronti degli altri genitori, che vanno guidati a comprendere che la convivenza con bambini con bisogni educativi speciali può arricchire l'esperienza del gruppo in quanto favorisce l'incontro e uno sguardo empatico verso tutti gli specifici bisogni di ciascun compagno. Una cura particolare deve essere dedicata all'allestimento dello spazio e all'organizzazione dei tempi che siano inclusivi per tutti, secondo la prospettiva delineata dall'ICF, che vede il benessere come frutto dell'incontro con un ambiente facilitante e privo di barriere: non è il bambino che deve adattarsi al contesto, ma è quest'ultimo che deve essere predisposto affinché il bambino possa ambientarsi, utilizzare tutte le proprie risorse e sviluppare tutte le proprie potenzialità.

L'incontro con il servizio può far emergere agli occhi dei genitori aspetti dello sviluppo del loro bambino, di cui fino a quel momento erano poco consapevoli. Sta agli educatori mettersi al fianco della famiglia, garantendo un'osservazione attenta e puntuale del bambino e il suo sviluppo e una comunicazione costante.

Nella progettazione dell'ambientamento va prevista la predisposizione, all'interno del servizio, di spazi dedicati ai genitori, che dopo aver lasciato i bambini possano conoscere e conversare con gli altri genitori. Va anche incoraggiata una loro partecipazione attiva, mentre attendono di ricongiungersi con i loro figli, ad esempio nella preparazione di materiali utili ai bambini e al servizio educativo. Il fare insieme allenta la tensione e facilita il dialogo distogliendo lo sguardo dal proprio bambino.

 

3. Servizi educativi e famiglia: gli strumenti per costruire la relazione

Nella diversità di stili di vita, di culture, di scelte etiche e religiose, le famiglie sono portatrici di risorse che vanno riconosciute e valorizzate, per far crescere una solida rete di scambi comunicativi e di responsabilità condivise, nella consapevolezza che le idee e i progetti educativi dei genitori non sempre coincidono con la visione pedagogica e il progetto educativo del servizio. La buona qualità del clima sociale è una condizione essenziale per il benessere di ciascun bambino, ciascun genitore e ciascun educatore. La relazione educatori-genitori ha un ruolo importante nella costruzione di questo clima, che si fonda su accoglienza, ascolto autentico e non giudicante, dialogo, per la costruzione reciproca di fiducia e stima. L'accoglienza è una dimensione essenziale del servizio, che va al di là del momento del primo ambientamento. La relazione è infatti una tessitura che si fa giorno per giorno utilizzando una varietà di strumenti. Un'attenzione particolare va posta in quei servizi che accolgono bambini provenienti da culture diverse. La traduzione in più lingue delle principali comunicazioni e documentazioni, l'utilizzo di mediatori linguistici e culturali, l'attenzione nella progettazione di attività più facilmente condivisibili sono fondamentali per creare da subito una reale accoglienza.

La relazione individuale va curata attraverso incontri dedicati e si ripropone ogni giorno all'ingresso e all'uscita quotidiana attraverso lo scambio diretto, ma anche attraverso la condivisione di un'accurata documentazione delle esperienze dei bambini nel servizio. La relazione chiede un ascolto attivo che accoglie ansie, attese, istanze e richieste dei genitori, le mette a confronto con le attese degli educatori e le trasforma in un progetto che coinvolge quella coppia bambino-genitore all'interno della dimensione della comunità. Va evitato il rischio che il dialogo sia in realtà un monologo, perché manca la disponibilità a destrutturare e a ricreare prassi che si ritenevano consolidate. Questo non significa progettare il servizio sulle richieste dei genitori, ma prenderle in carico facendole diventare di volta in volta risposta, discussione nel gruppo degli operatori, approfondimento con gli altri genitori, riformulazione che le trasformi dal soggettivo all'intersoggettivo e al collettivo.

Tutto questo non è scevro di possibili conflittualità, che non vanno evitate. La conflittualità è una dinamica connaturata alla relazione. La discussione aperta e sincera intorno alle dissonanze, alle visioni contrastanti o a quello che può avere causato incomprensione deve però avvenire dentro a tempi, modi e luoghi opportuni e, soprattutto, lontano dagli occhi dei bambini. Tutti gli adulti, operatori e genitori, devono avere la consapevolezza che essere dentro un servizio educativo richiede che vengano usati modalità e toni adeguati, perché i bambini ci guardano. Dalla buona relazione che gli adulti costruiscono tra loro i bambini ricevono sia un senso di sicurezza, sia modelli per costruire le loro relazioni con gli altri, bambini e adulti.

La documentazione contribuisce all'instaurarsi e all'evolvere di una proficua relazione tra servizio educativo e famiglia. Condividere con i genitori, attraverso la comunicazione e la documentazione, la conoscenza di ciò che i bambini sono in grado di fare grazie al contesto e alle interazioni con altri bambini, senza accelerazioni e forzature, senza giudizi e con rispetto per le scelte familiari, favorisce il rapporto di fiducia e la collaborazione. La documentazione diventa anche strumento di rassicurazione, perché attraverso il materiale documentario il personale educativo racconta alle famiglie il proprio modo di lavorare e comunica ai genitori la cura che sa offrire ai loro bambini. La documentazione mira a sollecitare la domanda, la curiosità, il desiderio di confrontarsi; apre quindi all'accoglienza ai punti di vista dei genitori, che mentre apprendono qualcosa di più sul proprio bambino e sull'infanzia, offrono al servizio educativo i loro sguardi. Questo dialogo contribuisce a mantenere aggiornato il sapere degli educatori e a contestualizzare il loro agire nella contemporaneità in cui vivono i bambini.

Spazi, tempi e documentazione oggi trovano una integrazione nelle possibilità offerte dalla comunicazione a distanza da considerare non solo come una soluzione per i momenti di emergenza, ma come possibile arricchimento della relazione in presenza. La comunicazione a distanza è uno strumento in più che consente di intercettare anche genitori che non è facile incontrare nei servizi e nei tempi tradizionalmente dedicati, ma richiede accorgimenti specifici: accertarsi che non sia presente il bambino di cui si parla, essere a proprio agio con la tecnologia, contenere i tempi. Su questa modalità comunicativa è necessario riflettere poiché i social vengono utilizzati dai genitori, che dalla rete ricavano molte e diverse informazioni sull'infanzia e sull'educazione. Discutere con loro delle potenzialità, dei limiti, dei rischi della comunicazione digitale risponde ad un sentito bisogno e rappresenta una preziosa opportunità di dialogo e supporto alle famiglie. Va, infine, considerato anche il tema della privacy, particolarmente delicato in caso di documentazione visiva. La complessità della dinamica educativa all'interno di un contesto sociale come il nido può promuovere reale benessere solo se tutti i protagonisti convergono consensualmente verso i medesimi obiettivi e condividono una serie di regole, principi e valori, cioè un patto educativo, condiviso, ma non necessariamente rappresentato da un documento da sottoscrivere. Il patto affronta tutti i temi che riguardano il funzionamento del servizio, dall'idea di bambino e di apprendimento, alle regole di convivenza, dalla tutela della salute alle forme e correttezza della comunicazione con il nido e tra i genitori fino al rispetto della privacy. Il patto costituisce il primo accordo fra famiglia e istituzione di un percorso educativo comune e di un rapporto di fiducia e collaborazione che si costruirà negli anni, in continuità con gli altri ordini di scuola.

 

4. Dal singolo al gruppo: offrire una molteplicità di occasioni diverse

Partecipare al servizio educativo come genitore singolo o come coppia porta a sviluppare relazioni sempre più significative con gli altri genitori e a diventare parte di un gruppo coeso, una comunità educante nella quale la preoccupazione pian piano passa dall'essere rivolta soltanto alla soddisfazione delle esigenze di benessere e crescita del proprio, all'attenzione per il benessere di tutti i bambini, dei quali ci si sente responsabili.

Per i genitori è un investimento che può aprire a una socialità allargata e alla creazione di una rete di relazioni anche di reciproco sostegno. L'incontro con altri genitori dà la possibilità di creare amicizie e reti di supporto, di scambiare esperienze e competenze, di condividere interessi, attività, momenti di incontro all'interno e all'esterno del servizio.

Incontri periodici di tutti i genitori dei bambini che compongono un gruppo consentono di approfondire aspetti pedagogici e educativi, tenendo in relazione complementare l'ambito familiare e quello della comunità, esplicitando somiglianze e differenze.

I momenti di festa e intrattenimento offrono la possibilità di vivere l'ambiente del servizio educativo insieme, bambini e genitori. È necessario che gli educatori riflettano in modo profondo su come coinvolgere in questa dimensione di gruppo tutte le famiglie, comprese quelle che provengono da altri Paesi o hanno bambini con disabilità o in corso di diagnosi. Strategie specifiche, quali, ad esempio, proposte di attività alle quali tutti possono partecipare, scelta di momenti compatibili con esigenze particolari, un caldo invito diretto e locandine tradotte in più lingue..., possono favorire una loro presenza a questi momenti, contribuendo al benessere loro, del loro bambino e del gruppo dei bambini e dei genitori nel suo complesso, rafforzando una loro inclusione sociale. Attraverso molteplici occasioni offerte a bambini e genitori per vivere il servizio educativo, si promuove una idea di genitorialità più ampia, che contribuisce anche alla elaborazione di una maggiore cultura dell'infanzia nel proprio territorio.

 

5. Costruire l'alleanza educativa nei centri per bambini e famiglie

La costruzione dell'alleanza educativa tra educatori e genitori riveste un ruolo ancora più pregnante nei servizi educativi che prevedono la permanenza congiunta di bambini e familiari per l'intero orario di frequenza, in quanto serve a costruire un contesto dove la collaborazione dà forma ad un'esperienza comune.

Nei centri per i bambini e le famiglie è necessario contemperare le esigenze di sollecitare l'esplorazione, l'interazione e il gioco dei bambini e quelle di coinvolgere i loro familiari e sollecitarne le interazioni con gli educatori e tra loro. La progettualità del quotidiano sarà quindi costruita sia con attività congiunte bambini-genitori, sia con attività separate e dedicate a scambi tra i genitori e gli educatori. Nel caso di attività congiunte, nella predisposizione del contesto gli educatori prevedono la disposizione nello spazio di bambini e adulti, prefigurano le parole e i gesti che useranno per presentare la proposta a bambini e adulti, invitando questi ultimi a osservare ciò che accade, lasciando ai bambini la libertà di agire. Anche questi servizi costituiscono per il genitore una forma di distacco dai bambini: può essere molto difficile per un genitore astenersi dall'intervenire se il bambino non si coinvolge nella proposta, o se mostra abilità al di sotto delle sue attese, o se dal confronto con gli altri bambini il proprio gli appare meno capace di rispondere alle richieste. Così come può essere difficile per un genitore valutare se e come intervenire in caso di conflitti tra il suo e altri bambini. Tutto questo deve essere oggetto di scambio e confronto tra educatori e genitori fin dall'incontro iniziale e poi nei momenti appositamente predisposti nella quotidianità.

Il centro per bambini e famiglie ha anche la funzione di permettere l'incontro tra genitori così come tra nonni e altri familiari che accompagnano il bambino. Il genitore che osserva i comportamenti e atteggiamenti degli altri genitori con il loro bambino coglie le differenze con i propri atteggiamenti e comportamenti, ne trae conferme o nuove riflessioni. Nel dialogare con altre persone che stanno attraversando la sua stessa esperienza ogni genitore può vedere rispecchiate le proprie difficoltà ed è sollecitato a ridimensionarle e trovarvi nuove soluzioni. I centri per bambini e famiglie possono quindi avere una funzione importante nel promuovere l'incontro tra persone diverse per cultura familiare, origine sociale e provenienza geografica.

 

6. Dalla relazione alla partecipazione

Il servizio educativo spesso rappresenta la prima esperienza di genitorialità sociale, non legata solo all'ambito familiare. I genitori vanno accompagnati nel divenire progressivamente più consapevoli delle responsabilità che questo comporta verso il gruppo di cui fa parte il proprio bambino e verso la comunità del servizio più complessivamente, ma anche dei benefici che possono ricavare sul piano delle relazioni e delle conoscenze rispetto sia al proprio ruolo genitoriale sia alla conoscenza del proprio figlio.

La partecipazione dei genitori alla vita del nido e degli altri servizi per l'infanzia si costruisce su una buona relazione e richiede, come tutti gli aspetti organizzativi e gestionali, un'attenta progettazione che va pensata come parte integrante della complessiva e complessa progettazione educativa. Partecipa ogni genitore che sta in relazione avendo consapevolezza della responsabilità che ha verso il gruppo e verso tutta la comunità del servizio: un genitore che mette a disposizione del gruppo dei bambini le proprie conoscenze e competenze (favole, ricette, abilità artigiane...) e si coinvolge come possibile protagonista di proposte mirate per un arricchimento di una progettazione educativa.

La famiglia è protagonista del progetto educativo che il servizio propone e si deve perciò avere cura che la partecipazione non sia solo formale e che si coltivi fin dal primo incontro la consapevolezza dell'importanza di essere non solo genitore di un singolo bambino, ma genitore di un bambino che fa parte di un gruppo e della comunità più estesa del servizio.

La partecipazione è quindi disponibilità alla reciprocità: dare e ricevere per crescere insieme, riconoscendo e valorizzando tutti i vantaggi che ne derivano. La partecipazione comprende anche le occasioni con cui i genitori contribuiscono alla valutazione della qualità del servizio, esprimendo il loro punto di vista.

 

7. Il rapporto con il territorio e i servizi educativi come fattori di coesione sociale

Un servizio educativo è una parte importante del tessuto sociale e culturale di un territorio, un presidio di tutela per l'infanzia. Tenere viva una relazione di reciprocità e collaborazione con il proprio territorio, prima di tutto attraverso i genitori, poi attraverso le strutture, pubbliche e private, sociali, culturali e educative, presenti in esso, dà vitalità e offre risorse umane e culturali alla vita quotidiana del servizio, oltre a favorire la ricomposizione dei vissuti che i bambini sperimentano attraversando vari contesti e ad accompagnarli nella transizione verso la scuola dell'infanzia.

Il servizio educativo diventa così promotore di iniziative sul proprio territorio, punto di riferimento educativo, partecipante attivo per far vivere esperienze educative esterne alle proprie famiglie. Può aprire inoltre i propri spazi alla comunità con progettazioni mirate per farsi conoscere e coinvolgere altre famiglie, anche non appartenenti al servizio stesso.

Questa relazione apre a una esperienza di gestione sociale, termine coniato all'origine, nella legge 1044, che trova oggi una nuova espressione nell'esercizio di cittadinanza nel proprio territorio che il servizio educativo può favorire. La partecipazione dei genitori attraverso gli organismi di gestione sociale valorizza il ruolo di elaborazione della cultura dell'infanzia del nido e ne incrementa la capacità progettuale nei confronti delle famiglie e dei bambini. Attraverso il loro contributo si può, inoltre, essere più incisivi nell'affrontare problematiche che non sono risolvibili all'interno del servizio, ma che necessitano di decisioni amministrative, politiche, normative.

 

Capitolo 4

La professionalità educativa

Ogni servizio educativo per l'infanzia è un ecosistema di relazioni. Per creare un sistema relazionale positivo e ricco di potenzialità le diverse figure professionali e, in particolare gli educatori, devono acquisire, attraverso la formazione e l'esperienza, la consapevolezza del proprio ruolo e del significato che le relazioni hanno per i bambini e per i genitori.

È un impegno che coinvolge, richiede di saper modulare le proprie emozioni e di saper rispecchiare quelle dei bambini e dei loro genitori; richiede la capacità di riscoprire il mondo con gli occhi di chi entra nel servizio per la prima volta e poi vi ritorna tutti i giorni, per trovare e introdurre nell'ambiente opportunità, problemi da risolvere, sorprese.

L'autocontrollo, la pazienza, l'ascolto, il sincero interesse per ciascuna bambina e ciascun bambino, l'autenticità delle relazioni che si traducono in sguardi, gesti, comunicazioni verbali e non verbali, interventi differenziati e personalizzati per includere tutti sono fondati sulla consapevolezza dei propri valori, atteggiamenti ed emozioni sostenuti da specifici strumenti professionali. L'osservazione sistematica, la capacità di riflessione personale e condivisa, le competenze comunicative, di documentazione, valutazione, progettazione e organizzazione sono alla base di una coerente e duratura motivazione professionale, che trova alimento nella formazione e sostegno nel lavoro del gruppo educativo, in una collegialità capace di creare le condizioni per l'integrazione e la coerenza dei comportamenti di tutti gli operatori, in vista della realizzazione di un risultato comune.

 

1. Chi opera nei servizi educativi

Gli educatori

L'identità professionale degli educatori per la prima infanzia è oggi riconosciuta ed è il frutto di un lungo percorso di approfondimento culturale che già dalla prima istituzione dei nidi ha portato molte donne a rifiutare un'immagine del lavoro educativo in quei servizi come parziale sostituzione delle cure materne, a scoprire le competenze cognitive e relazionali anche dei più piccini, a riconoscere il servizio educativo come un luogo di socialità in cui si intrecciano i comportamenti, le attività, le emozioni di bambini e adulti. È stato così che antichi pregiudizi sulla predisposizione naturale femminile a prendersi cura dei bambini piccoli, cui corrispondevano quelli sull'incapacità maschile nell'assumere questo compito, si è tramutata nell'affermazione orgogliosa di una professionalità, femminile ma non femminilizzata, da rispettare e valorizzare e, auspicabilmente estendere sempre di più a figure maschili.

La professionalità del personale educativo si basa, oggi, su una formazione di base universitaria a indirizzo specifico, finalizzata a promuovere conoscenze culturali e teoriche, competenze metodologiche e un'attitudine alla ricerca, che, nei laboratori e nel tirocinio, si coniuga con la capacità di osservazione e interpretazione dei comportamenti dei bambini da zero a tre anni, la capacità di lettura dei vari contesti dei servizi educativi per l'infanzia, la capacità di progettazione e la capacità di creare un collegamento continuo e critico tra conoscenze teoriche e pratica educativa. Questa formazione di base si consolida, nel corso dell'esperienza, attraverso la formazione continua in servizio, intesa come sviluppo professionale, nelle sue tante forme (ricerca-azione, discussione di gruppo di protocolli o di filmati, approfondimento di tematiche, supervisioni) e si approfondisce nel contesto specifico dei singoli servizi educativi attraverso il confronto e lo scambio continuo tra colleghi, con operatori di altre istituzioni educative ed esperti. Anche l'autoformazione, che si esercita negli incontri del gruppo educativo, riveste un ruolo fondamentale perché rappresenta il mezzo per lo scambio e il confronto di esperienze e interrogativi e per la costruzione di una visione coerente dei bambini, del loro sviluppo e dei percorsi di esperienza, per la condivisione della responsabilità educativa e la creazione di una comunità educante.

 

Le altre figure professionali

Per la realizzazione di un progetto educativo di qualità è importante che le diverse figure professionali possano svolgere le loro funzioni in un clima di serenità e benessere e di crescita professionale e lavorino, collaborando tra loro, in quanto fanno parte integrante del gruppo educativo. Gli operatori addetti alla pulizia degli ambienti, alla preparazione o alla distribuzione dei pasti svolgono una funzione importante nel determinare la qualità dell'offerta educativa, garantendo un ambiente pulito e sicuro, pasti buoni e sani o anche collaborando con gli educatori nella gestione di alcuni momenti significativi della giornata, quali il momento dell'accoglienza e del commiato, della cura dell'igiene personale.

Le competenze tecniche e relazionali di tutte le figure professionali che si trovano a interagire con i bambini piccoli e con le loro famiglie richiedono di essere alimentate da percorsi di formazione continua in servizio.

 

Il coordinatore pedagogico

La qualità del servizio educativo per l'infanzia è garantita anche dall'attività del coordinatore pedagogico, che fa parte integrante del gruppo di lavoro e svolge la funzione di indirizzo e sostegno professionale al lavoro individuale e collegiale, ed è in alcune realtà trasversale ai servizi educativi e scuole dell'infanzia comunali o privati. La presenza del coordinatore pedagogico in un servizio educativo è un requisito indispensabile per l'accreditamento.

La funzione, che richiede una professionalità complessa, si realizza attraverso compiti di diversa natura che vanno dall'educativo, all'organizzativo, all'amministrativo e che sono attribuiti in misura diversa nelle diverse situazioni territoriali e a seconda degli enti gestori. Tra questi compiti, il monitoraggio e l'organizzazione del lavoro degli operatori e delle attività con i bambini, degli spazi e dei tempi in riferimento al progetto educativo complessivo, attraverso l'osservazione nel corso della quotidianità dei servizi e il sostegno all'evoluzione delle pratiche educative e dell'assetto organizzativo. Il coordinatore contribuisce, inoltre, alla riflessione degli educatori e degli altri operatori sul proprio agire nel corso di incontri periodici di sezione e in quelli del gruppo di lavoro o in momenti di incontro tra i diversi servizi da lui coordinati. È interlocutore dei genitori per condividere con loro il progetto pedagogico e per sostenere la loro partecipazione alla vita del servizio. Il coordinatore ha anche il ruolo di mettere in rapporto il servizio, le sue attività e riflessioni con le altre agenzie che si occupano d'infanzia, curando i rapporti con i servizi scolastici, sociali e sanitari presenti sul territorio e fa parte della rete di coordinamento pedagogico territoriale per promuovere la qualificazione complessiva del sistema integrato zerosei e lo sviluppo della cultura dell'infanzia a livello locale.

 

2. Una professionalità riflessiva

Osservare e ascoltare

Il lavoro educativo con i bambini piccoli richiede la capacità di dare risposte non standardizzate e di fare interventi connessi alla situazione specifica. L'osservazione e l'ascolto orientano l'educatore a comprendere ciò che avviene in sezione e a modulare l'intervento per accompagnare i bambini nelle loro esperienze, nelle loro dinamiche di interazione e sostenerli nell'acquisizione di nuove abilità e competenze.

Nel suo esercizio quotidiano, l'attenzione al singolo e al gruppo diventa una pratica, una postura, un abito dell'educatore, che, dall'interno dell'esperienza, osserva con atteggiamento di ascolto e di empatia le azioni e i comportamenti di ciascun bambino e le modalità di interazione tra i bambini cercando di coglierne il significato. Osservare impegna a riconoscere il clima generale, i segni, i dettagli di eventi significativi, a cogliere il punto di vista dei bambini, a comprendere che cosa cercano, dove posano la loro attenzione, verso chi e dove si dirige il loro interesse, quali sono i loro percorsi emotivi, conoscitivi e di sviluppo. Lo sguardo dell'educatore mentre accoglie, conferma e rinforza le esperienze e le scoperte, valorizzando le curiosità e gli interessi, sostiene ciò che i bambini vivono all'interno del servizio educativo affinché possa diventare un oggetto di interesse, di ulteriore esplorazione, di indagine sensoriale, motoria, emotiva e di elaborazione cognitiva.

La pratica osservativa è generata e sostenuta dalla curiosità, dall'interesse dell'adulto a cogliere, riconoscere e rispettare i tanti modi originali e unici dei bambini di esprimersi, a scoprire risorse e capacità di esplorare e conoscere il mondo, a socializzare e condividere trame ed esperienze.

L'osservazione comporta la necessità di sviluppare la consapevolezza di fare parte del contesto osservato, di essere, al pari dei bambini, all'interno di una rete di interazioni, di processi che ciascuno contribuisce a costruire con le proprie azioni, i propri valori impliciti ed espliciti, i propri giudizi. Questa consapevolezza consolida l'intenzionalità educativa nel comprendere dove e come collocarsi, nell'interrogarsi se, come e quando intervenire.

La pratica osservativa, rafforzata dall'intenzionalità educativa, sostiene l'educatore nell'esercitare un pensiero interrogativo-riflessivo che può portare a rallentare o a sospendere la risposta immediata, a limitare agiti e condotte abitudinarie, gesti frettolosi, interventi inutili e inopportuni per interrogarsi sulla reale richiesta del bambino (Cosa mi sta chiedendo? Cosa mi sta dicendo? Cosa posso fare?). Tutto questo è utile per fare più luce sul bisogno che il bambino segnala, per dargli più tempo e spazio per esprimersi con più chiarezza anche nel suo linguaggio ancora non verbale e portare il proprio gesto a dare un senso e significato a quanto avviene nelle tante interazioni che hanno luogo sotto i suoi occhi.

La pratica osservativa, dunque, innesca un processo riflessivo sull'esperienza che, collocato nella condivisione del gruppo di lavoro, consente di raccontarsi, di ri-pensarsi e di esplorare interventi adeguati a ciascuna situazione.

In un servizio educativo si verifica anche uno straordinario controcampo osservativo: i bambini guardano gli adulti. I bambini hanno uno sguardo interessato a quello che fanno gli educatori, alle loro azioni, ripetute nella quotidianità, che riguardano sia la cura del loro corpo sia l'uso e il funzionamento delle cose, e sono mossi dalla tensione, dal piacere e desiderio di provare a farle proprie in autonomia. La consapevolezza di tale interesse mette l'educatore in grado di riconoscere il valore di questa sua esemplarità di azioni che se ancora, per la loro complessità, non sono accessibili ai bambini, presto lo diventeranno. L'essere sotto lo sguardo dei bambini non porta solo a considerare le doverose qualità dell'atteggiamento generale che l'educatore deve assumere (accoglienza, garbo, rispetto, serenità), ma motiva anche a dare la massima visibilità ai propri gesti sia di quelli di cura sia di quelli che hanno a che fare con l'uso e funzionamento degli oggetti, compiendoli con lentezza e con una certa enfasi o una sorta di moderata teatralizzazione, perché siano ben visti nel loro svolgimento e sentiti nelle loro qualità.

 

Progettare

Progettare è un pensiero degli adulti che anticipa gli effetti che si vorrebbero produrre, tenendo conto delle peculiarità dei bambini, dell'organizzazione dei contesti e delle relazioni che in essi si manifestano. È una modalità per governare consapevolmente l'incertezza del quotidiano. La progettazione, che può riguardare il curricolo nel suo complesso o aspetti più limitati del contesto educativo ed esperienze specifiche, favorisce nei bambini la consapevolezza della storia personale e del gruppo, perché, predisponendo l'ambiente, consente di dare continuità alle esperienze che essi iniziano e propongono; ciò significa esplicitare le finalità e le domande che l'adulto ha in mente. Dalle osservazioni che emergono si struttura un dialogo tra gli adulti e i bambini che può diventare sempre più orientato ad approfondire e portare avanti nel tempo esperienze, ricerche, scoperte. Questi diventano nel tempo più precisati e mirati a uno scopo condiviso, costruendo un percorso in cui anche i bambini possono diventare propositivi e consapevoli. L'adulto che progetta, infatti, lascia tracce nell'ambiente (prime elaborazioni dei bambini, immagini, una certa disposizione del materiale) e introduce variazioni che possono far avanzare la storia che si sta costruendo accendendo nuove curiosità e aprendo nuove possibilità.

L'adulto si fa memoria: rinarra ai bambini quello che è accaduto nei giorni precedenti, valorizza le scoperte soggettive e del gruppo rendendole "epiche" e affascinanti, invita alla condivisione delle cose che i bambini portano da casa e che hanno relazioni con quello che si sta facendo.

La progettualità si fonda sulla sensibilità alle differenze, sulla curiosità verso i modi che hanno i bambini di apprendere, sulla disponibilità allo stupore, sulla valorizzazione di quello che i bambini fanno, sanno fare, stanno imparando a fare, anziché sullo sguardo orientato a quello che non sanno fare. È una conversazione costante tra adulti e bambini, di cui l'adulto ha la responsabilità della conduzione.

Progettare è anche una forma di autovalutazione che esprime l'intenzione degli adulti di comprendere le conoscenze dei bambini e che valuta quali forme di conoscenza vengono inconsapevolmente impedite e quali favorite dall'ambiente, dai tempi, dai materiali, dalle attese degli adulti. Richiede un equilibrio delicato e sempre in movimento tra il pensiero, le traiettorie, gli obiettivi, le attese che ha in mente l'adulto e le traiettorie, gli obiettivi, le attese, le ricerche dei bambini.

La progettualità ha a che fare con l'immaginare, il rappresentarsi, il raffigurarsi anticipatamente quello che potrebbe accadere, per allenare lo sguardo a vedere quello che non si era previsto.

 

Documentare

La documentazione è memoria e traccia delle esperienze del singolo bambino, del gruppo e del lavoro educativo che si trasforma in narrazione di quanto si è vissuto; è scelta, fatta dai protagonisti, di ciò che è più importante, che comunica e che parla, è restituzione ai bambini e agli adulti, è comunicazione per i genitori, per tutti coloro che sono interessati e per il gruppo di lavoro. La documentazione si configura come strumento per dare a ciascuno, singolo o gruppo, consapevolezza del proprio agire anche in termini formativi e autoformativi.

Attraverso la documentazione, ripercorsa, aggiornata, ripulita e, soprattutto, condivisa con regolarità nel gruppo di lavoro, si scambiano le esperienze, ci si interroga sui significati proposti da chi le ha vissute direttamente e di chi le legge e le vede per la prima volta, sui momenti cruciali, sui passi falsi, sugli imprevisti, su quello che si è scoperto dei bambini che non si poteva cogliere nell'immediatezza. La documentazione è tale se è esito di un processo di selezione e di montaggio che metta in evidenza i nodi cruciali dei percorsi fatti, se è intesa come verifica e terreno di possibile rilancio di idee e possibilità. È opera collettiva che richiede standard estetici e comunicativi alti per testimoniare il valore che gli educatori attribuiscono ai bambini e al proprio lavoro. I materiali della documentazione provengono dalle osservazioni, dalla raccolta e organizzazione degli artefatti prodotti dai bambini, da registrazioni o note di conversazioni, da dialoghi tra e con bambini, da foto e video che riprendono momenti importanti, altri oggetti che accompagnano le attività e i progetti. Un materiale differenziato che va pensato e organizzato per essere ben leggibile ai diversi destinatari, che possono essere gli stessi bambini per una rivisitazione delle esperienze da loro vissute ed anche come occasione per progettarne un rilancio. Utili, a questo proposito, documentazioni a parete ad altezza bambino, elaborati esposti dove ciascuno possa riconoscere il proprio contributo, rappresentazioni di momenti specifici della giornata educativa, costruzioni di libretti fotografici a tema. La documentazione dedicata ai bambini, se messa a disposizione dei genitori, in cartaceo o on line, facilita la condivisione delle esperienze anche con i propri familiari. La documentazione delle esperienze e dei processi educativi e l'osservazione, che la sostiene e la implementa, costituiscono risorse imprescindibili per la progettazione e la valutazione, e ne rappresentano un filtro riflessivo. Documentando, gli educatori entrano in un processo di riflessione ed interpretazione in cui sono sollecitate ad approfondire e ripensare il significato e il valore di ciò che è stato realizzato e a riappropriarsi degli assunti pedagogici che hanno orientato il loro lavoro. Per il gruppo di lavoro la pratica della documentazione rappresenta uno strumento di autovalutazione e autoformazione che consente il passaggio dal fare esperienza all'avere esperienza.

 

Valutare

La documentazione, intrecciata all'osservazione, riveste un ruolo importante nella verifica e valutazione delle proposte educative e per la loro riprogettazione.

Un'esperienza che, in base alle evidenze raccolte, si rivela significativa per l'interesse, la partecipazione e l'operosità dimostrate dai bambini e per i progressi che si sono evidenziati a livello delle loro capacità, può essere valutata di qualità e può entrare a far parte del repertorio delle buone pratiche del gruppo di lavoro.

Nel panorama nazionale dei servizi educativi e delle scuole dell'infanzia, l'esperienza dei nidi è quella che ha maggiormente accreditato, a livello operativo e non solo teorico, la valutazione come strumento fondamentale della professionalità educativa. In particolare, la valutazione della qualità del contesto educativo è diventata oggetto di attenzione e di pratica da parte dei gruppi di lavoro dei nidi d'infanzia, ed è stata assunta e pensata con una funzione formativa, nella prospettiva del miglioramento delle pratiche. Non mira a giudicare i risultati ottenuti dai bambini o le prestazioni degli educatori, e neppure ad assegnare, su un piano più generale, voti di qualità ai singoli servizi. È una modalità valutativa che consente agli educatori di riflettere, di esplicitare e di condividere la fisionomia del proprio servizio e le idee che lo ispirano, per poi affrontare l'analisi delle diverse dimensioni del contesto educativo, per valutare se quanto si sta facendo è una pratica di qualità. La qualità educativa viene definita nel confronto e nella negoziazione nell'ambito del gruppo di lavoro, dove si condividono valori, idee e obiettivi su come il servizio è e su come dovrebbe o potrebbe essere. L'approccio valutativo nei servizi educativi è democratico, è soggetto ad un processo continuo di negoziazione, dando voce a tutti gli attori, in primo luogo alle famiglie intese come partner educativi e co-attori della crescita dei bambini.

Questo approccio alla valutazione viene indicato nelle procedure per l'accreditamento, che richiedono ad ogni servizio di realizzare percorsi sistematici di autovalutazione della qualità, col supporto del coordinatore quale garante del processo valutativo. Questa valutazione nelle sue modalità operative deve essere condivisa nell'ambito del coordinamento pedagogico territoriale.

 

3. Lavorare con i bambini

Il gesto educativo di cura nel quotidiano

Il gesto educativo - parole, tono della voce, sguardi, modi di toccare, prendere, offrire e ricevere - è un gesto tenero e delicato, filo conduttore lungo la giornata che assicura la connessione tra tutte le esperienze del bambino, da quelle dedicate ai bisogni funzionali del corpo a quelle di libero movimento, dalle attività di gioco a quelle di esplorazione, manipolazione e scoperta.

È un gesto di cura che va verso il bambino per prenderlo in braccio, chinarsi e guardarlo negli occhi durante il cambio, porgergli il cibo, offrirgli un oggetto accompagnando l'azione con le parole in un gioco di reciprocità, avvicinarsi e guardarlo mentre è impegnato in un'attività riconoscendo il valore dell'impegno, attendere la sua iniziativa, sorridergli quando riesce a frenare un gesto impulsivo, raccogliere un gruppo intorno a sé in tranquillità, per una lettura. È la capacità di ascolto e di relazione sensibile e supportante dell'educatore che si traduce in gesti, i quali esprimono un'accoglienza incondizionata e comunicano al bambino un'accettazione piena e valorizzante che lo sostiene nella fiducia in sé e nel suo agire autonomo.

Il gesto educativo non è irriflesso, immediato, familiare: è un gesto ponderato che si costituisce a partire da un pensiero riflessivo, il quale non frena il sentimento di spontaneità e di immediatezza, bensì lo governa, traducendo il moto di affetto che si accende spontaneo nei confronti del bambino in un gesto attento e rispettoso.

 

Favorire la partecipazione dei bambini

L'intervento ponderato dell'educatore deve tenere conto della partecipazione del bambino anche di pochi mesi, che può sempre intervenire attivamente, mettervi la sua competenza anche in lunghe e complesse sequenze come quelle della cura del corpo.

La partecipazione del bambino avviene se l'educatore esegue le sue azioni rallentando e ponendo delle pause e delle interruzioni che gli consentono di vedere e riconoscere la tensione partecipativa, il moto accennato e di riaccomodare il suo intervento per includere i gesti, i movimenti del bambino, evitando in tal modo di anticiparli o di sostituirsi a lui. Le stesse pause, anche accompagnate da brevi verbalizzazioni, risultano essere per il bambino un invito implicito o esplicito a dare il suo contributo attivo, a esserci quanto può e quando vuole.

Questo aspetto di proposta interrogativa aperta connota anche altre modalità d'interazione con il bambino o con il gruppo di bambini, come gli interventi intesi ad espandere e ampliare progressivamente il linguaggio, quando, ad esempio, l'educatore offre lo spazio per commentare un evento accaduto o riprende il tema di una conversazione del giorno precedente per rilanciarlo al gruppo, o ancora quando sostiene i racconti dei bambini ripetendo ad eco per incoraggiarli a continuare, oppure dando parole ai sentimenti e alle emozioni.

 

Sostenere i bambini nelle loro attività

Osservando i bambini, individualmente e in gruppo, si rilevano situazioni che possono suggerire diversi interventi dell'adulto: ci sono situazioni nelle quali si lascia loro, senza interromperli, il tempo necessario per provare e riprovare per raggiungere un modo efficace, preciso, sicuro in un'attività, in un gioco, nella soluzione di un problema (camminare, costruire una torre con dei blocchi, comporre e ricomporre un puzzle o cimentarsi in una costruzione complessa). In altre situazioni l'educatore può farsi osservare mentre mostra, con precisione, un possibile uso del materiale, oppure indicare ai bambini di osservare compagni già più competenti.

Il tempo e la tranquillità, accompagnati dallo sguardo attento e partecipe dell'adulto, sono dunque sostegni all'azione, all'impegno, alla perseveranza nel raggiungere maggiore destrezza in un gesto, in un'attività, e prepararsi ad affrontare la soluzione di problemi sempre più sfidanti.

L'adulto può sostenere il bambino anche espandendo le azioni che osserva e orientandole verso una maggiore finalizzazione e complessità, cercando di interpretare quello che egli si propone: porgere un oggetto o un pezzo di costruzione se il bambino sembra cercarlo con lo sguardo o sembra non trovare come procedere nella sua attività, chiedere che cosa intenda fare o costruire, fornirgli un appoggio, o un'indicazione verbale ("Prova a ..."). Questi gesti hanno valore affettivo ("Ti guardo, cerco di capire quello che cerchi di fare, mi interessa: aiutami ad aiutarti") e costruttivo, sostenendo ed espandendo i tentativi messi in atto e le competenze emergenti.

Gli interventi degli adulti hanno anche il compito di promuovere, in tutte le situazioni della giornata, l'acquisizione delle prime regole. È un compito delicato che implica comunicazione e condivisione con i genitori su aspetti e comportamenti che possono essere da loro valutati diversamente e con diverse priorità. L'educatore, forte della condivisione di finalità e strategie con il gruppo di lavoro, sarà il primo modello e agirà con la finalità di rendere progressivamente consapevoli i bambini del senso e della necessità di alcune regole per poter stare bene insieme, dei limiti ai loro desideri e impulsi necessari per il benessere degli altri bambini e di tutti, delle norme per garantire la sicurezza e il senso di un ritmo ordinato, anche se non rigido, della giornata. Nella proposta e nel sostegno all'interiorizzazione delle prime regole, è fondamentale rapportarsi ai bambini con rispetto, considerandoli interlocutori che, a loro volta, al pari dell'adulto, propongono e possono, negoziando, diventare garanti della regola.

 

Riconoscere e sostenere la socialità

Chiamare i bambini per nome, salutarli quando entrano al mattino e quando vanno a casa, attirare l'attenzione all'arrivo dei compagni, riconoscere l'identità di ciascuno è il primo passo affinché i bambini si riconoscano per poi conoscersi.

L'esperienza quotidiana di bambini e adulti che interagiscono nei servizi educativi genera delle piccole comunità che hanno sempre caratteri specifici e sono fatte di scambi, esplorazioni, apprendimenti. L'esperienza sociale tra bambini è il cuore dei servizi educativi per l'infanzia ed è ormai riconosciuta come fondamentale per lo sviluppo sociale, affettivo e cognitivo. È possibile analizzarne l'articolazione molteplice che si rivela in giochi, legami, conversazioni, amicizie. L'adulto è membro, e in parte regista, dei gruppi, nel senso che li studia, li osserva e cerca di guidarli ad esprimere in modo sempre più articolato le loro intenzioni. I bambini, per parte loro, sono soliti osservare mostrando interesse per un evento, un oggetto, uno scambio comunicativo; il bambino che osserva può attirare l'attenzione di un altro o di altri e l'adulto, a sua volta, può sostenere la loro curiosità, la comune scoperta, il senso di tensione e meraviglia che esprimono, sottolineare ciò che il piccolo ha notato o rilanciare l'attenzione su qualcosa che ancora nessuno ha notato. Lo sguardo, i gesti, le parole dell'adulto, dunque, sostengono le esplorazioni, gli scambi, comunicativi tra i bambini sia riprendendo e rilanciando le spontanee ricerche dei bambini, sia introducendo materiali che favoriscano l'esplorazione congiunta o possibili variazioni sul tema.

 

Parlare con i bambini

Nei servizi educativi i bambini apprendono a comunicare e a parlare in situazioni diverse da quelle familiari. Durante questi scambi è importante ascoltarli in modo attivo e dialogare con la consapevolezza che il linguaggio e le modalità di comunicazione degli adulti influenzano l'esperienza linguistica dei bambini e il loro ruolo come interlocutori.

Nel corso della giornata educativa si producono una grande varietà di scambi e pratiche linguistiche: all'inizio sono le parole dell'educatore che descrivono, danno voce a emozioni e stati d'animo dei bambini, che accompagnano le pratiche di cura e le attività per sollecitare la partecipazione e che poi diventano scambi di parole, domande e risposte, letture e narrazioni, dialoghi, conversazioni in piccoli e grandi gruppi, discussioni. Sono scambi durante i quali gli adulti si trovano a rispondere e ad offrire un repertorio ricco e calibrato di parole, frasi, modi di dire. Partecipando a questi scambi con gli adulti, i bambini portano i loro suoni, le loro parole (anche di altra lingua), ne apprendono altri, esplorano che cosa si può fare con le parole, come si costruisce una frase, quanti significati possono assumere i termini, come si conversa, come ci si regola nel rispetto dei turni, come si provano diversi registri, come si scherza, si racconta, si decide qualcosa insieme. Imparano anche ad essere curiosi, a giocare con le parole, a inventarne di nuove che diventano il "lessico familiare" del gruppo.

L'adulto ascolta e propone, consapevole che la varietà delle pratiche comunicative che offre ai bambini li aiuta a diventare parlanti e ascoltatori nella/e loro lingua/lingue. Anche con gli albi illustrati e la lettura ad alta voce in gruppo o individualmente si possono offrire ai bambini repertori linguistici ricchi e vari, diversi da quello parlato.

Gli educatori svolgono un ruolo di modello e di sostegno nel processo di acquisizione delle capacità linguistiche e comunicative: in tutti i momenti della giornata nominano oggetti o situazioni, descrivono elementi del contesto, riprendono ed espandono il lessico e le strutture sintattiche, raccontano ciò che stanno facendo insieme, problematizzano, cercano di interpretare ciò che i bambini provano ad esprimere, riformulando i loro tentativi. Osservano e guidano verbalmente, con discrezione e opportune pause, l'attività e i tentativi dei bambini di eseguire un compito, di risolvere un problema, mostrando come la parola possa guidare l'azione. Attraverso le anticipazioni e qualche spiegazione, l'educatore comunica ai bambini più piccoli che cosa succederà, sostiene la loro capacità di orientarsi e di affrontare i cambiamenti che li riguardano.

La consapevolezza e il controllo del proprio linguaggio, del ritmo, del tono e del volume della propria voce e delle emozioni che convoglia, lo sforzo di chiarezza, l'attesa sono molto importanti. Per parlare efficacemente con i bambini bisogna cogliere le occasioni e cercare una varietà di situazioni naturali e coinvolgenti, nelle quali parlare con precisione e misura, evitare formule automatiche e stereotipate. Anche il silenzio dell'adulto è parte della comunicazione, perché lascia il tempo del pensiero e la scelta di prendere la parola al bambino, e accetta il tempo della latenza o del ritiro dei bambini che non parlano ancora o che affrontano una seconda lingua. Tutti i bambini vanno incoraggiati a esplorare nuove parole e strutturare frasi via via più complesse, a provare registri diversi nelle diverse situazioni e attività.

L'esplorazione linguistica riguarda anche le lingue straniere: l'inglese, oggi lingua veicolare, e le altre lingue presenti in sezione. Innestare nella quotidianità educativa altre sonorità e prosodie è un modo per consentire ai bambini di prendere familiarità con altre lingue, esserne curiosi e accostarsi ad esse nel periodo ottimale per il loro sviluppo. Anche la lingua dei segni può essere condivisa e sollecitare a interagire con chi parla senza usare la voce.

 

4. Lavorare tra adulti

Comunicare con i genitori

La comunicazione con i genitori è una componente essenziale della professionalità educativa. Si tratta di una comunicazione che ascolta e accoglie le emozioni, i pensieri, le scelte, le preoccupazioni e le richieste, considerandoli elementi indispensabili sia per conoscere i bambini, sia per creare le basi del rapporto di collaborazione che si andrà sviluppando nel tempo. La comunicazione con uno o entrambi i genitori, in presenza o a distanza, per i primi colloqui conoscitivi o per parlarsi quando c'è un problema, e la gestione degli incontri di sezione vanno preparate con cura. La comunicazione richiede un lavoro profondo su di sé per essere convinti che il partenariato con i genitori è essenziale, che essi sono le figure più importanti per i loro figli, che riconoscersi e legittimarsi reciprocamente è necessario per poter collaborare e permettere al bambino di percepire che i suoi educatori, la sua mamma e il suo papà si conoscono, si rispettano, hanno fiducia l'uno nell'altra e che, dunque, anche lui può avere fiducia.

L'uso della comunicazione a distanza, nei suoi aspetti relazionali e tecnici, è una nuova competenza da sviluppare nella professionalità degli educatori. Sono gli educatori che entrano nelle case e, dunque, la delicatezza è opportuna e necessaria nella gestione dei Legami Educativi a Distanza[6].

 

Lavorare in gruppo

Il gruppo di lavoro, sia quando coinvolge il personale educativo di una sezione, sia quando riguarda sottogruppi impegnati in un progetto, sia quando include tutti gli operatori del servizio, è l'espressione di una socialità adulta, vivace, fatta di voci individuali che cercano di comporsi in decisioni condivise e coerenti con gli obiettivi. Il gruppo di lavoro costituisce il luogo principale di confronto, riflessione e decisione degli operatori per favorire l'integrazione e la produttività del lavoro educativo. È la condizione per creare l'identità del servizio percepita dai genitori ed è un modello importante dello stare e lavorare insieme per i bambini.

Gli strumenti e le strategie professionali, se condivise in tempi dedicati, diventano patrimonio comune. Il gruppo, sostenuto dal coordinatore pedagogico, diventa una squadra, innesca collaborazioni, condivide conoscenze su ciascuna bambina e ciascun bambino e rende più fluidi e sicuri i necessari scambi o sostituzioni perché i bambini percepiscono di essere oggetto dell'attenzione di tutti.

Nel gruppo ci si confronta sulle osservazioni, si sviluppano e si condividono i progetti, si analizza e seleziona la documentazione, si discute dell'organizzazione generale e di quella dei gruppi, si preparano gli ambientamenti e gli incontri con i genitori, si concordano le forme di comunicazione tra il personale (note, diari, ecc.) e con i genitori. Il gruppo verifica e valuta il proprio lavoro, i progetti attuati, gli obiettivi raggiunti, dotandosi di strumenti adeguati e condivisi.

Il gruppo sostiene il singolo operatore, in una condivisione di responsabilità, guida il neoarrivato a far proprie conoscenze, prassi e metodologie, affianca chi si trova ad affrontare una situazione imprevista, una difficoltà nei rapporti con un bambino o una famiglia, un momento di stanchezza o calo di motivazione. La professione educativa, infatti, come tutte le professioni di aiuto e di relazione, è ricca di stimoli, sfide e soddisfazioni, ma anche densa di difficoltà, incomprensioni, fatiche: affrontare le situazioni in gruppo, mettendo insieme una pluralità di punti di vista, competenze, esperienze, alleggerisce il peso individuale e può generare energie che aiutano a superare i momenti più impegnativi.

 

Lavorare nella prospettiva della continuità

La continuità, interpretata alla luce del nuovo sistema integrato, richiede agli educatori di allargare la propria visione da un lato verso il futuro e lo sviluppo dei bambini anche dopo la loro uscita dai servizi educativi verso la scuola dell'infanzia e dall'altro verso il territorio. È una prospettiva che richiede di verificare e consolidare le proprie competenze professionali e di condividerle e confrontarsi in forme sistematiche e collaborative con la scuola dell'infanzia, con altri servizi che incontrano i bambini e le loro famiglie come i servizi sanitari, culturali, sociali. Nel sistema integrato la continuità può essere intesa come unitarietà della traiettoria che il bambino compie nel suo sviluppo, come ricerca di coerenza e di innovazione nel sostenere questo processo e, per gli educatori dei più piccoli, come capacità di avere una visione ampia sia dello sviluppo che si proietta nel futuro possibile (continuità verticale) sia della pluralità dei contesti nei quali i bambini vivono o che incontrano (continuità orizzontale).

La continuità intesa come progetto di raccordo e di transizione tra il servizio educativo e la scuola dell'infanzia si basa sulla collaborazione tra professionisti dell'educazione e, come indicato nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, si traduce nella costruzione di pratiche innovative e in sintonia con l'idea di un percorso educativo completo e organico in cui ai bambini sia riconosciuto il diritto ad apprendimenti e socialità graduali e congruenti con il momento che stanno attraversando e la loro storia.

 

Conoscere e agire sull'organizzazione

Ogni servizio educativo è anche un sistema organizzativo la cui struttura dipende dalle scelte dell'ente gestore, dalla dotazione di competenze professionali e di risorse umane e finanziarie investite, nel rispetto degli standard normativi. La struttura rende visibili a tutti i membri dell'organizzazione gli obiettivi generali, i compiti e le posizioni di ciascuno, le relazioni tra le posizioni, le regole e le procedure operative. Con la Carta del servizio l'ente comunica alle famiglie gli aspetti fondamentali dell'offerta educativa e il complesso delle relazioni tra chi eroga il servizio e chi ne fruisce.

Il sistema organizzativo disegnato a livello gestionale costituisce un punto di riferimento per gli educatori e il gruppo di lavoro, perché fornisce i criteri guida di comportamento e i livelli generali di riferimento ai quali la loro azione deve uniformarsi, per assicurare la stabilità nello svolgimento dei compiti istituzionali e la sostenibilità del servizio. Alcuni aspetti dell'organizzazione, pertanto, sono vincolanti, altri sono passibili di interpretazioni operative funzionali da parte del gruppo di lavoro. Un elemento importante dell'organizzazione è la ciclicità dei turni, che deve essere oggetto di una riflessione che tenga in considerazione alcuni momenti particolarmente sensibili: l'accoglienza e la comunicazione con genitori e bambini in arrivo e in uscita, il passaggio comunicativo con il collega del turno successivo, il saluto ai bambini all'inizio e il commiato al termine del turno personale. Condividere come gruppo di lavoro questi passaggi sviluppa forza professionale e coerenza, poiché ciascun educatore nel proprio lavoro sa di rappresentare anche i colleghi e deve essere in grado di ascoltare e di fornire risposte, punti vista pensati e sedimentati nel confronto collegiale.

La compresenza tra educatori nei vari momenti della giornata consente lo svolgimento delle attività nel rispetto dei diritti e dei bisogni dei bambini, offrendo loro la possibilità di usufruire di tutti gli spazi, di occasioni di libero movimento ed espressività, anche in piccolo gruppo. Consente anche di sviluppare la propria professionalità attraverso l'osservazione reciproca, lo scambio di punti di vista, il confronto, la riflessione per la progettazione educativa, contribuendo alla formazione di una comunità professionale.

 

Capitolo 5

Un ambiente accogliente e propositivo

La qualità educativa richiede ambienti definiti e attrezzati con cura, accessibili a tutti, belli e sicuri, arredi e materiali scelti con attenzione, condizioni organizzative, spazi, tempi, progettazioni contestualizzati e condivisi. Per garantire un ambiente di crescita inclusivo e tale da consentire lo sviluppo delle potenzialità di tutti i bambini, l'organizzazione è attenta al clima sociale che promuove il benessere dei bambini e degli adulti e consente loro di partecipare attivamente e serenamente a ogni momento della giornata. Tradurre nella concretezza i diritti dei bambini, gli obiettivi e le proposte educative mette in azione la professionalità di coloro che operano nei servizi educativi per l'infanzia nel definire un'organizzazione coerente che contemperi la dimensione individuale e quella collettiva nella vita quotidiana.

 

1. Un'accoglienza attrezzata: le condizioni fondamentali

La qualità dell'offerta educativa dei servizi per l'infanzia si realizza attraverso la progettazione di un ambiente attrezzato ad accogliere il fluire dei cambiamenti nella crescita di ogni bambino, le relazioni tra bambini e tra bambini e adulti.

Un contesto educativo realmente accogliente e inclusivo è il risultato di un insieme di aspetti oggettivi e soggettivi: relazioni, spazi, tempi, arredi e materiali costituiscono la trama e la struttura portante di un'organizzazione che accoglie le variabilità, gli imprevisti, le scoperte, le possibilità, i cambiamenti di ogni giorno. Ciascun elemento è determinante nella costruzione di un ambiente ad alta intensità pedagogica e educativa.

L'attenzione è posta sulle caratteristiche di ogni bambina e di ogni bambino, con l'obiettivo di creare un luogo capace di accogliere e promuovere il benessere di tutti, con un'attenzione che dal singolo arriva al gruppo.

La quotidianità dell'esperienza educativa lungo l'arco della giornata si arricchisce via via di abitudini, di ritmi, di emozioni, di autonomie, di apprendimenti; per questo necessita di un'organizzazione tesa ad armonizzare i molteplici aspetti di vita, le azioni di cura e il gioco, la personalizzazione delle strategie relazionali bambini-adulto e la socialità ricca di possibilità di incontro. Evitare nella quotidianità la frammentazione dei tempi di routine e di gioco, incoraggiare le transizioni fra esperienze e spazi, corrispondere alla naturale curiosità dei bambini e alla loro spinta all'esplorazione sono fondamentali per organizzare un servizio educativo.

Particolare attenzione va data al clima sociale, che fa da sfondo ai diversi contesti esperienziali: a titolo di esempio la frenesia dell'azione educativa, l'eccesso di rumore e di colore, l'utilizzo di musiche sovrastanti non favoriscono la concentrazione, la comunicazione e l'ascolto, non incoraggiano all'esplorazione e al consolidamento delle autonomie. La ricerca di una sintonia fra gli elementi di un contesto deve essere oggetto di attenta progettazione.

Un ambiente attrezzato si arricchisce dei segni e delle tracce in divenire attraverso forme di documentazione, rivolte innanzitutto ai bambini, che con discrezione donano carattere alle pareti e ai passaggi e accompagnano lungo il flusso delle esperienze. Sono segni tangibili di idee condivise fra adulti e tra adulti e bambini, rileggibili e riconoscibili e per questo fonti di rassicurazione e di appartenenza.

Con queste attenzioni l'ambiente svolge anche la funzione di supporto alla comunicazione tra gli adulti, sia per il personale educativo sia per le famiglie. L'ambiente si caratterizza ogni giorno e accoglie i genitori, li rende partecipi di ciò che bambini e adulti stanno scoprendo insieme, offre materiali per il dialogo, per il passaggio di informazioni, favorendo il confronto e la trasparenza delle strategie educative.

 

2. Gli spazi

Gli aspetti architettonici

La progettazione dello spazio di un nido, di una sezione primavera o di un servizio integrativo per l'infanzia esprime l'investimento di una comunità locale verso i suoi cittadini più piccoli e perciò deve essere capace di coniugare il corretto inserimento nel contesto generale (urbano, ambientale e sociale) con la visione dialogata e interdisciplinare di amministratori, progettisti, educatori e pedagogisti, allo scopo di sviluppare condizioni che offrano un'esperienza qualificata e significativa ai bambini e alle loro famiglie.

In caso di nuova struttura è auspicabile che un servizio educativo sia collocato all'interno di un Polo per l'infanzia, quale contesto privilegiato di integrazione del percorso di educazione e istruzione zerosei: prima di procedere con nuove costruzioni si può valutare la possibilità di riqualificare alcuni spazi all'interno delle scuole dell'infanzia già in funzione. Allo stesso modo, i servizi integrativi possono essere organizzati negli spazi di nidi già esistenti, con orari di funzionamento diversi. Se tale via non è percorribile, per le nuove edificazioni, anche in caso di servizi in contesto domiciliare, è da preferire la vicinanza con altri edifici scolastici già esistenti, evitando comunque la prossimità alle grandi arterie di viabilità cittadina, fonte di inquinamento acustico e atmosferico.

L'accessibilità del servizio deve essere comoda e sicura, pensata per bambini che si muovono utilizzando anche passeggini o tenendo per mano un adulto e l'accesso all'edificio e alle sue pertinenze sarà sempre custodito, controllato e privo di barriere architettoniche.

Il dimensionamento degli spazi interni ed esterni di un servizio educativo per l'infanzia è stabilito dai regolamenti regionali, che definiscono caratteristiche strutturali e rapporti spazio/bambini per le diverse tipologie, con ampie differenze tra una Regione e l'altra, che si auspica siano quanto prima maggiormente coordinate fra loro. Tuttavia, seppure in assenza di riferimenti condivisi, i nidi e i servizi integrativi hanno sviluppato un'articolazione prevalente degli spazi interni che prevede soluzioni architettoniche aperte e fluide, in cui i diversi ambienti organizzati per funzioni sono connessi l'uno all'altro creando una griglia interrelata di opportunità educative.

Il progetto architettonico garantisce il rispetto di alcune caratteristiche strutturali quali, ad esempio, pavimenti caldi su cui sdraiarsi o gattonare, finestre basse che consentano ai bambini di guardare all'esterno, controsoffitti per attutire i rumori, pareti lavabili e con cenni cromatici che possono fare da sfondo alla documentazione, elementi e trasparenze per un'interconnessione fluida tra interno ed esterno, la presenza di spazi di cura, di lavoro, di connessione e transito, ovvero tutti quegli elementi a misura di bambino e pensati per fruitori non convenzionali che vivono gli ambienti attraverso tutti i sensi.

 

L'organizzazione dello spazio interno ed esterno

È necessario uno sforzo di creatività per pensare lo spazio dal punto di vista del bambino, tenendo conto della sua altezza, delle posizioni che assume - i piccoli sono spesso a terra o sdraiati - affinché tutti siano a proprio agio e possano essere attivi ed esplorativi ma anche concentrarsi o riposare in tranquillità.

Gli ambienti e tutti gli elementi che li definiscono e li arredano, sempre puliti, sicuri e stimolanti, consentono ai piccoli di muoversi liberamente in autonomia e protezione, in uno spazio attraente e ricco di opportunità da esplorare e conoscere, quali occasioni per intrattenere relazioni con gli altri bambini e con gli adulti, sperimentare e sviluppare apprendimenti.

Nei servizi educativi avviene il primo incontro tra la dimensione individuale e quella comunitaria, di piccolo e di grande gruppo. I bambini, infatti, si confrontano con una dimensione nuova che prevede di negoziare con gli altri i propri bisogni, tempi e interessi, ma possono ritrovare il calore dei luoghi familiari, che tengono traccia della loro presenza (le fotografie, gli elaborati grafici) e conservano piccole cose personali (un orsacchiotto, una copertina).

Gli spazi interni ed esterni sono articolati e connotati per le diverse funzioni che assolvono e per le opportunità di esperienze che offrono. La connessione fra spazi interni ed esterni è una relazione fondamentale per la progettazione di un servizio. Giardini, cortili, aree verdi aprono l'esperienza alla conoscenza diretta del mondo. Il rapporto fra interno ed esterno, la fluidità nei passaggi, l'autonomia nei percorsi sono oggetto di studio accurato per un progetto educativo quotidiano fondato sulla crescita, le cui componenti sono la salute, la relazione, l'apprendimento.

L'organizzazione dei contesti interni ed esterni è finalizzata ad accogliere il gioco lasciando liberi i bambini di esplorare, di muoversi per soddisfare curiosità, fare scoperte, provare e riprovare, incontrare le azioni degli altri, rispecchiarsi e riconoscersi.

Qualsiasi scelta rispetto all'organizzazione degli spazi deve essere condivisa all'interno del gruppo di lavoro e rimanere stabile per un tempo che consenta ai bambini di elaborare e interiorizzare la propria mappa concettuale dello spazio, quale presupposto per facilitare comportamenti di autonomia.

L'interno

La sezione è l'ambiente di riferimento di un gruppo stabile di bambini. La contiguità con altri spazi - quali i servizi igienici, le zone per il riposo dove è prevista la frequenza per l'intera giornata, eventuali atelier/laboratori/spazi attrezzati - favorisce un'organizzazione quotidiana articolata dell'esperienza dei bambini oltre una vasta gamma di relazioni.

Accanto e fra le sezioni si articolano solitamente spazi di connessione (ingresso, corridoi, piazze) che creano occasioni per incontri di grande gruppo in cui, per una parte limitata nel tempo della giornata, i bambini si incontrano prima e dopo la divisione nei gruppi/sezione, anche con chi li accompagna. È opportuno che siano organizzati in modo da risultare accoglienti per un gruppo di persone che può variare nel numero e nella composizione.

Nei nidi e nelle sezioni primavera possono essere presenti laboratori o atelier (ad esempio della manipolazione, della pittura e del teatro...), spazi attrezzati anche nell'impiantistica e caratterizzati da diversi linguaggi. I laboratori sono luoghi magici, evocativi, dove i bambini si dedicano ad esperienze creative che consentono l'espressione personale. I laboratori possono essere collocati fuori dalla sezione e frequentati a turno da piccoli gruppi, anche in situazioni di intersezione, in modo che sia garantita la concentrazione dei bambini sull'attività proposta.

Oltre agli spazi interni dedicati ai bambini, il servizio ospita ambienti destinati al personale per l'igiene, le riunioni del gruppo di lavoro, gli incontri con le famiglie e lo svolgimento di tutte quelle attività di programmazione, documentazione e produzione di materiali che si realizzano in tempi diversi dall'attività frontale. La cucina e/o la zona per il porzionamento dei pasti completano la dotazione degli ambienti interni del servizio educativo che prevede una frequenza per l'intera giornata. La cucina, laddove presente, svolge una funzione di contatto sensoriale olfattivo rilevante: odori che rimandano a quelli familiari e a cosa sta succedendo altrove e che preannunciano quello che succederà dopo.

L'esterno

Lo spazio esterno è un elemento prezioso e indispensabile di un servizio per l'infanzia, anche per quelli in contesto domiciliare, che dovrebbe garantire un forte legame visivo e funzionale tra interno ed esterno. È importante che i bambini abbiano la possibilità di vedere fuori, di uscire con facilità e sicurezza e trattenersi all'esterno in situazioni confortevoli. Ovunque possibile, lo spazio all'aperto è un giardino; nei centri urbani può essere un terrazzo o una superficie esterna pavimentata. Nell'impossibilità di assicurare uno spazio verde adeguato nella struttura, può essere previsto un percorso protetto per accedere a uno spazio verde pubblico, con un uso programmato riservato al servizio educativo. Gli spazi esterni favoriscono il movimento in libertà, giochi nuovi e imprevisti, la scoperta del mondo naturale e l'esperienza della biodiversità; devono essere spazi sicuri, ma con discontinuità nel terreno per salire e scendere da rilievi, possibilità di arrampicarsi... In uno spazio aperto progettato in sicurezza i bambini possono nascondersi, rincorrersi e, soprattutto, scoprire gli insetti, gli uccelli, le piante, percependo il naturale scorrere del tempo e il mutamento delle stagioni. Anche semplici cortili possono offrire la possibilità di osservare piantine che crescono dove è loro possibile e prendersene cura.

Lo spazio esterno può offrire situazioni di gioco simbolico, di incontro e racconto, di esperienze laboratoriali, attività motorie, giochi di equilibrio, esperienze con l'acqua, percorsi di ricerca, esplorazione, scoperta e di incontro con la natura. L'esterno necessita di un progetto tanto curato e dettagliato quanto quello che si riserva agli spazi interni.

 

Gli arredi

Gli arredi modulano lo spazio per offrire abitabilità e funzionalità alle relazioni. Per arredare e allestire l'ambiente interno occorre innanzitutto considerare la tridimensionalità dello spazio: ampiezza, altezza, larghezza vanno valutate in relazione alle esperienze prevalenti e agli scopi educativi. Per l'ambiente esterno l'arredo va scelto in modo da essere sicuro, accessibile ed esplorabile a seconda dell'età, evitando quelle attrezzature che i bambini possono trovare nei parchi gioco. Sia all'interno, sia all'esterno vanno privilegiati materiali naturali ed ecosostenibili, con una prevalenza di colori tenui.

Per i piccoli del primo anno di vita l'arredo deve essere pensato per situazioni comode e tranquille e al contempo stimolanti dal punto di vista senso-percettivo; il pavimento è la superficie da privilegiare con tappeti e pedane utili a organizzare esperienze simultanee a piccoli gruppi per le prime esplorazioni con gli oggetti in interazioni di vicinanza con gli educatori. I mobili con caratteristiche autoportanti, oltre a delimitare piccole zone, devono possedere i dispositivi utili a consentire i primi spostamenti.

Gli arredi, anche collocati nella stanza e non solo accostati alle pareti, rendono articolato l'ambiente: zone morbide dove sostare in tranquillità per le prime esplorazioni e, quando necessario, per il riposo, tane dove nascondersi da soli o in coppia in quel gioco dello scomparire e dell'apparire che piace tanto ai piccoli, angoli per il gioco simbolico e costruttivo, atelier per manipolare le materie plastiche-fluide-farinose. Una molteplicità di luoghi, caratterizzati da diversa qualità dei materiali, favorisce l'integrazione multisensoriale e la funzione euristica del gioco, quali aspetti fondamentali dell'apprendimento, della rappresentazione dello spazio e delle relative relazioni topologiche. Un'attenzione specifica va data a costruire situazioni quotidiane per la narrazione con appositi espositori per libri di vario genere e materiali, accuratamente selezionati.

Gli arredi vanno pensati non solo per la loro funzione specifica ma anche come elementi capaci di evocare suggestioni di gioco e offrire la possibilità di modificare lo spazio. Talvolta mobili pensati per contenere materiali vengano svuotati completamente per diventare piccole case, con la funzione di "contenere" i bambini stessi. È importante osservare l'impegno dei bambini per utilizzare arredi (ad esempio tavoli abbinati a sedie) per creare un ambiente funzionale e di supporto al gioco: spostare, combinare, nascondere, ritrovare, creare, esercitare la propria forza, riuscire in piccole sfide e costruire insieme un ponte, un treno, una tana...

Anche la scelta degli arredi e della loro disposizione va compiuta in prospettiva inclusiva[7], affinché ciascuno possa usufruire dell'ambiente in modo attivo, libero, autonomo e confortevole.

Non va trascurata la facilitazione che gli arredi possono offrire agli adulti nello svolgimento delle attività di comunicazione con i bambini, di osservazione, di cooperazione nel gioco e delle azioni di cura. Si tratta di un'attenzione dedicata al benessere fisiologico dell'adulto e alle posture che deve assumere ricorrentemente in relazione ai bambini sia nel momento del gioco sia in quello della cura. Le posture, infatti, sono importanti anche per favorire l'interazione e la comunicazione con i bambini e le prime autonomie: sedute per il pranzo che si modificano in relazione alle capacità di gestione di stoviglie e posate, culle, lettini e altre soluzioni per il sonno che consentano ai più grandi di coricarsi e alzarsi da soli, fasciatoi per il cambio dotati di scalette per il raggiungimento in autonomia... L'organizzazione ordinata di arredi e materiali utili alle attività di cura favorisce la continuità dell'interazione con i bambini, riducendo gli allontanamenti alla ricerca del materiale necessario.

 

I materiali

Scegliere e selezionare i materiali è un aspetto fondamentale della progettazione sia per gli ambienti interni sia per quelli esterni. La conoscenza delle qualità dei materiali deve essere oggetto di studio e di ricerca per il personale educativo.

È importante scegliere materiali che possono essere combinati in infiniti modi, quali quelli provenienti dall'ambiente naturale, materiali di riciclo, oggetti di vita quotidiana con caratteristiche sensoriali, forme, dimensioni, consistenze e tessiture differenti, dotati di interessanti sonorità e qualità termiche. Giocattoli e materiali più o meno strutturati vanno scelti con particolare attenzione in relazione alle attività esplorative e di esercizio che favoriscono.

Il grado di semplicità dei materiali è proporzionale alla possibilità di ciascun bambino di essere pienamente autore del gioco: sperimentare le proprietà fisiche degli oggetti, comprenderne le reazioni all'azione, attribuire loro nuovi significati nella finzione sono componenti di una trama che forma la mente e dà struttura alle successive tappe della crescita. Materiali quali legno, metallo, stoffa, cartone, pietra, sabbia, sostanze solide, liquide, vischiose, ecc. stimolano quella libertà creativa generativa dei linguaggi che i bambini iniziano a fare propri nei primi tre anni.

I materiali, infatti, vengono investiti di funzioni simboliche e diventano mezzi con cui i bambini, anche nella relazione con altri, iniziano piccole storie, attraverso le quali interpretano, reinventano e organizzano i propri vissuti.

Ognuno deve poter esplorare il mondo con le risorse di cui dispone. I materiali possono dunque aumentare il grado di inclusività dell'ambiente educativo proponendo integrazioni che costituiscono alternative valide in relazione a differenti bisogni. I sensi hanno una pluralità di funzioni e l'integrazione multisensoriale matura grazie anche alle opportunità dell'ambiente. Ad esempio, si guarda anche annusando e ascoltando, si ascolta toccando e assaggiando. L'allestimento dei materiali nello spazio deve essere semplice e calibrato quantitativamente. Troppi materiali possono dar luogo a confusione, a fatiche cognitive e a comportamenti emotivi sproporzionati. Una scelta attenta e sobria di materiali organizzati per tipologia dà luogo ad una ricchezza di esplorazioni significativa per l'apprendimento individuale e in piccolo gruppo. La cura dei materiali e il loro ordine permettono di percepirne le potenzialità e il valore. Il ricambio del materiale usurato, le integrazioni, l'introduzione progressiva di nuovi elementi in relazione alle osservazioni e verifiche degli educatori donano vitalità all'ambiente rinnovando interessi e curiosità.

 

3. I tempi

I tempi del servizio e i tempi dei bambini

In un servizio educativo il tempo è la variabile più delicata della progettazione poiché ha a che fare sia con gli aspetti istituzionali sia con la percezione e la sensibilità professionale. La progettazione dei tempi, dei ritmi e dei contenuti delle attività quotidiane tiene conto dei vincoli istituzionali e organizzativi legati alla tipologia, ai tempi di apertura del servizio educativo, agli orari di lavoro e al numero degli operatori, alle modalità di frequenza offerte alle famiglie (ad esempio, tempo corto o tempo lungo), alla presenza o meno del momento del pranzo o del riposo, alla programmazione delle pulizie degli ambienti.

È importante, però, che i tempi dell'organizzazione e i tempi degli adulti non prevalgano sui tempi dei bambini. Il tempo "giusto" da ricercare costantemente è dunque una variabile fondamentale.

La quotidianità del servizio può essere frazionata, sincopata oppure resa fluida e dilatata. L'idea che guida e che orienta le scelte educative è quella della creazione di un contesto inclusivo, capace cioè di accogliere ogni bambina e ogni bambino con le proprie caratteristiche. Questo richiede una forte assunzione di responsabilità, conoscenza e consapevolezza da parte degli adulti.

Bambini anche piccoli, all'interno di un contesto che soddisfa i bisogni di gioco, relazione e movimento, riescono a stare per tempi lunghi concentrati o sanno anche aspettare. Non "spezzettare" o interrompere sovente le attività è una delle strategie per dilatare il tempo a disposizione.

Pur con differenze dovute allo sviluppo e all'età, i bambini piccoli hanno bisogno di esperienze concrete per conoscere il mondo circostante, per interiorizzare concetti, per costruire connessioni fra le prime scoperte e trovare strategie. Nel gioco essi ampliano progressivamente la capacità di sperimentare equilibri instabili, manipolare, fare cadere oggetti, svuotare, riempire, impilare, costruire, imitare portando piccole o grandi modificazioni alle sequenze di un gioco, arrivare a fare ipotesi... e tutto ciò richiede tempo per ripetere, consolidare, regredire e rilanciare, in un continuo equilibrio tra stabilità e flessibilità, ripetizione e cambiamento.

I tempi distesi favoriscono tutti i bambini, anche quelli meno sicuri, facilitando un passaggio naturale dal gioco individuale a quello parallelo e alle aggregazioni spontanee di piccolo gruppo. C'è, inoltre, l'opportunità per gli educatori di verificare il livello di partecipazione e di inclusione di ciascuno, di espandere il gioco proponendo esperienze sempre nuove che attivano lo stupore, la meraviglia e il desiderio di ripeterle. L'intervento discreto, ma evolutivo, dell'adulto rafforza l'autostima del singolo, che si sente riconosciuto, approvato e sostenuto, e riconosce l'importanza delle esperienze fatte nel piccolo gruppo, che ampliano le esperienze individuali.

 

Preavvisare e desincronizzare

Una programmazione efficace riduce i tempi di attesa (attendere che tutti si vestano per uscire, terminino di mangiare...), facendo sì che non diventino tempi vuoti, momenti che interrompono le attività, creano stasi o impediscono attività interessanti e soddisfacenti (giocare, uscire, muoversi, fare...). Queste attese, che si verificano quando i tempi individuali non corrispondono a quelli della collettività e ai tempi degli adulti, se non ben gestite possono trasformarsi in occasione di stress e di insofferenza.

Se necessità organizzative esigono l'interruzione di attività dei bambini, il rispetto richiede che essi siano preavvisati per tempo, motivando il cambiamento. Questo offre un lasso di tempo nel quale anche il bambino piccolo si predispone all'imprevisto o all'attività successiva. All'interno del tempo organizzato e oggettivo, deve comunque essere garantita la dimensione soggettiva del tempo, fatta di pause e ritmi altamente personali.

Una strategia utile è quella della desincronizzazione, cioè evitare che tutti facciano le stesse cose nello stesso tempo e questo è possibile nei servizi educativi perché la compresenza del personale consente di svolgere esperienze diverse in simultanea.

 

La giornata e la quotidianità

Il ritmo della giornata si inserisce in un tempo di vita per ogni bambino e per i suoi genitori attraverso una ciclicità di andata e ritorno.

I servizi educativi sono luoghi del quotidiano in cui i bambini fanno esperienze che, giorno dopo giorno, si ripetono con piccole diversità ed aggiustamenti, in un continuo equilibrio tra ripetizione e cambiamento. La ripetizione è alla base della costruzione di pratiche quotidiane condivise, le quali generano una regolarità che permette ai bambini di anticipare gli eventi e in qualche modo di controllarli nella ricerca di modalità, che consentano di star bene con gli altri. La variazione permette l'introduzione di novità, l'accostamento a nuovi contesti, esperienze e scoperte.

L'organizzazione del quotidiano è strumento per facilitare l'identificazione dei significati dell'esperienza da parte di ciascun bambino e per sostenere la progressiva conquista dell'autonomia, intesa come acquisizione di consapevolezza di se stesso e della propria collocazione nell'ambiente, come capacità e possibilità di controllarlo, di padroneggiare gli avvenimenti, di provocare cambiamenti e di essere riconosciuto come interlocutore nella relazione. L'organizzazione pensata e problematizzata dagli educatori attraverso la partecipazione dei bambini favorisce la comprensione di ciò che accade e un adattamento attivo alle regole e ai ritmi della giornata. Gli aspetti organizzativi della vita nel servizio educativo costituiscono, dunque, un elemento fondamentale che dà forma all'esperienza psicologica e sociale del bambino e ne sostiene lo sviluppo.

Il ritmo della giornata - fatto di azioni, andamenti vivaci, pause, routine, cambiamenti - tende all'armonia e all'integrazione dei vari contesti di esperienza del bambino e pone particolare attenzione alle transizioni. Tutti i momenti sono ricchi di potenzialità di conversazioni, di scambi individualizzati, di occasioni per promuovere l'autonomia e l'apprendimento.

Le attività ricorrenti, quali l'accoglienza e il commiato, e le cosiddette routine, come i pasti e il riposo, i momenti di igiene personale, sono fondamentali per il benessere, per promuovere il riconoscimento dei ritmi, dei bisogni e delle relazioni.

L'accoglienza e il saluto riguardano l'avvio e la chiusura della giornata. Sono caratterizzati dall'incontro fra il bambino, il genitore, l'educatore. La qualità del gesto e dei contenuti comunicativi sono fondamentali per l'accoglienza all'ingresso e per il commiato a fine giornata, tanto da influire in maniera significativa sulla serenità nei legami al momento del distacco (dai genitori prima, dagli educatori poi) e del ritrovarsi.

Nei servizi educativi che prevedono la permanenza per l'intera giornata, i momenti del pranzo e delle merende favoriscono, tramite la partecipazione a un momento collettivo, la condivisione di un'esperienza che riguarda la nutrizione, il gusto, il rapporto col cibo e con le novità, norme di condotta, regole di convivenza sociale e buone maniere in un'atmosfera serena. Per i bambini più piccoli il pasto è una delle principali occasioni per una relazione personale ed intima con l'adulto, che nei primi mesi di vita li alimenta in braccio e più avanti li accompagna nel passaggio verso il seggiolone e al tavolo insieme agli altri, seguendone i ritmi e le capacità, con la cura di offrire loro situazioni che possano padroneggiare. La gradualità e l'evoluzione sociale dei modi con cui l'adulto organizza e gestisce la routine del pasto lungo i tre anni testimonia al bambino quanto lo considera un interlocutore cui prestare attenzione e dar voce, in modo che possa partecipare sempre più autonomamente.

Il cambio del pannolino e dei vestiti è una situazione di grande intimità personale. Il cambio richiede un'organizzazione che consenta all'educatore di concentrarsi, anche se per un tempo breve e prezioso, sul singolo e sui gesti condivisi e ricorrenti che permettono di cogliere il messaggio "sei tu, ci ritroviamo io e te". È un momento delicato durante il quale sia l'educatore sia il bambino devono sentirsi a proprio agio nel contatto fisico, è occasione per comunicare guardandosi negli occhi e per attivare con opportune strategie la partecipazione attiva che si manifesta con i più piccoli nell'attenzione condivisa, nei movimenti che assecondano l'adulto, nella capacità di questi di segnalare e attendere la sua reazione collaborativa, nei più grandi nella collaborazione ai gesti di igiene e vestizione. L'utilizzo del bagno per i bambini più grandi, con l'acquisizione delle prime autonomie (riconoscere il proprio bisogno, abbassarsi i pantaloni o alzare la gonna, collaborare a togliere il pannolino, lavarsi e asciugarsi le mani, guardarsi e riconoscersi nello specchio) anche attraverso l'osservazione e la collaborazione con gli altri, richiede tempo, partecipazione discreta, attenta e paziente dell'adulto.

Il sonno, più frequente e frammentato nei bambini più piccoli, concentrato nel primo pomeriggio per i più grandi, è importante per il benessere ed è un tempo delicato, legato ai ritmi familiari oggi assai diversificati tra loro. Momenti di riposo e rilassamento, accompagnati da attività tranquille, si possono prevedere per tutti, il sonno non può essere imposto. Non per tutti i bambini abbandonarsi al sonno è facile: nei più piccoli questo abbandono è spesso legato all'allattamento; i più grandi possono esitare perché hanno paura di lasciarsi andare e sono legati a riti speciali pomeridiani o serali. Il riposo è una routine che non deve essere vissuta come un obbligo ma come un momento di piacere, così come un risveglio dolce, incoraggiato dal progressivo movimento e da suoni non troppo forti nell'ambiente. Addormentarsi e svegliarsi in un luogo diverso da quello domestico implica fiducia, consapevolezza che l'educatore è vicino, protegge questo momento ed è felice di accogliere al risveglio. Il clima emotivo del contesto del riposo (es. la penombra anziché il buio, gli oggetti rassicuranti e personali, il volume attenuato dei suoni...) è fondamentale per infondere serenità, fiducia e disponibilità all'abbandono.

 

4. Le esperienze educative

Le situazioni che ritmano la giornata nei servizi educativi e quelle di gioco sono ricche di occasioni per osservare e ascoltare i bambini, coglierne interessi, idee, curiosità, conoscenze, abilità, autonomie e ampliarli, non solo nel momento stesso in cui si manifestano, ad esempio mettendo a disposizione nuovi materiali, denominando oggetti e situazioni, offrendo nuove suggestioni, sostenendo l'attenzione, ma anche attraverso le esperienze educative intenzionalmente predisposte. Il gruppo di lavoro progetta i tempi, gli spazi, i materiali, gli spunti per esperienze che favoriscano la socialità e la relazione, il piacere del confronto, dell'osservazione reciproca e dell'imitazione generativa, la ricerca di risposte attraverso l'esplorazione, la progressiva conquista di autonomie personali. Non si tratta di esperienze di insegnamento formalizzato, quanto della predisposizione di contesti che agiscano globalmente sulle diverse aree di sviluppo - affettive, cognitive, linguistiche, espressive, sociali - dei bambini: la proposta di un oggetto sconosciuto da esplorare, di un albo illustrato, di un materiale del quale scoprire le potenzialità espressive possono costituire spunti per l'avvio di percorsi intenzionali aperti, non predefiniti negli esiti, ma tutti da costruire insieme in relazione alle risposte e all'interesse dei bambini, attivi protagonisti del processo.

 

5. L'organizzazione della comunità educativa

L'organizzazione delle attività quotidiane è tesa a mantenere la flessibilità utile a realizzare gli obiettivi di accoglienza, inclusione e accessibilità previsti dalla normativa e a consentire la ricerca e l'innovazione pedagogica. La pratica educativa necessita di riferimenti organizzativi che regolino, sul versante istituzionale, l'accesso dei bambini al servizio e, sul versante relazionale, la loro accoglienza promuovendo ambientamento, apprendimento, crescita sociale e affettiva.

L'accesso ai servizi educativi si basa sull'identificazione del numero dei posti disponibili e della relativa tipologia. Si tratta di garantire alle famiglie e ai bambini l'esercizio di un diritto con trasparenza, equità e buona programmazione. Il tipo di frequenza è legato a scelte familiari, a cui concorrono aspetti di conciliazione e, laddove l'esperienza è più consolidata, una crescente aspettativa di natura educativa e culturale.

Nei nidi i moduli organizzativi più comuni sono le sezioni, ovvero gruppi di bambini, definiti numericamente e spesso in relazione al criterio dell'età. Ad ogni sezione viene attribuita un'unità minima di educatori in relazione al rapporto numerico stabilito dalle normative regionali, eventualmente potenziato per garantire l'inclusività se presente una bambina o un bambino con disabilità. Le sezioni spesso sono identificate fin dalle origini con termini ricavati sempre in base all'età e ai criteri dell'accesso, quali "piccoli, medi, grandi", oppure da altre definizioni che ne sottolineano maggiormente l'identificazione relazionale.

La maggior parte dei nidi è organizzata al proprio interno sul percorso dei cambiamenti di crescita: la sezione o il gruppo cambia spazio durante i due o tre anni di frequenza. Si rappresenta così, attraverso lo spazio, la crescita, privilegiando una progettazione per contesti accoglienti dei cambiamenti evolutivi. Nelle sezioni per età miste e nei servizi integrativi che tengono insieme bambini di età diverse, il contesto è organizzato per accogliere al meglio i diversi livelli di autonomia e sviluppo dei bambini.

Il gruppo/sezione come unità stabile nel tempo è il luogo di accoglienza della coppia bambino- genitore e di ambientamento di ciascuno in relazione agli altri; la sedimentazione delle relazioni è la base di partenza verso altri contesti. Occorre dunque tenere presente il carattere di apertura e di scambio fra sezioni e gruppi per offrire ai bambini le numerose possibilità che si sviluppano nell'incontro fra piccoli vicini per età.

 

Una discussione aperta: finalità, curricolo e progettazione

A conclusione di questi primi Orientamenti, documento aperto che si colloca in continuità e coerenza con le Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, si propone una riflessione sull'interpretazione dei concetti di finalità, curricolo e progettazione declinati sulla prima infanzia. Sono temi delicati, che hanno tradizioni e riferimenti specifici nell'ambito dello zerotre, e trovano nella scuola dell'infanzia svolgimento nelle Indicazioni nazionali per il curricolo. Qui vengono riletti nella prospettiva del sistema integrato, invitando al confronto, alla sperimentazione e alla ricerca, aprendo a prospettive condivise tra i due segmenti.

 

1. Le finalità dei servizi educativi per l'infanzia

Le finalità, insieme ai diritti dei bambini e delle bambine, sono i valori che orientano l'azione educativa e che vengono perseguite per tutti nelle forme più adatte allo sviluppo e alle disposizioni di ciascuno. Le finalità qui dichiarate per i bambini fino a tre anni sono basate sulla cultura e sulle esperienze dei servizi educativi:

- la costruzione dell'identità con l'affermazione del primo senso del sé, del benessere e della sicurezza in un ambiente allargato, rispettoso, nel quale si sia riconosciuti e si impari a riconoscere gli altri;

- il primo sviluppo dell'autonomia, in un ambiente che incoraggi i bambini nel perseguire la padronanza del proprio corpo e il primo contenimento delle emozioni, senza fretta, nella convinzione che progredire nell'autonomia favorisce la consapevolezza di sé, l'apertura agli altri, la voglia di fare e di imparare;

- la motivazione ad apprendere, attraverso la piacevolezza e le sfide delle prime esperienze di imparare ad apprendere e la percezione di quello che si sa fare, che ancora non si sa fare e di quello che si prova piacere a fare;

- l'imparare a vivere insieme in serenità ed armonia, attraverso le prime esperienze in una comunità che sostiene la spinta naturale alla socialità.

Queste quattro finalità sono intrecciate tra loro e sottendono a ogni proposta educativa e all'organizzazione dell'ambiente e sono coerenti con quelle delineate dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia.

 

2. Il curricolo, la progettazione

Le Linee pedagogiche, nella parte IV dal titolo Curricolo e progettualità: le scelte organizzative, aprono la strada alla prospettiva di lavorare per creare un curricolo unitario zerosei e fanno altresì riferimento al concetto di progettazione, che sta alla base delle esperienze nei servizi educativi per l'infanzia.

Curricolo e progettazione sono la cornice e l'azione che insieme promuovono i diritti, le finalità e la crescita dei bambini "in un equilibrato intreccio tra gli aspetti cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici e spirituali" attraverso un approccio olistico che metta sempre in connessione le esperienze offerte sia nei servizi educativi sia nelle scuole dell'infanzia.

La prospettiva del curricolo non fa ancora parte dei riferimenti principali di tutti coloro che sono impegnati, oggi, nel lavoro con i bambini da zero a tre anni. Ciò è in parte dovuto alla diffidenza derivata da interpretazioni distorte della prospettiva curricolare delineata dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, talvolta tradotta in scelte operate dagli adulti e percepite come predefinite e uguali per tutti.

Il curricolo, viceversa, va contestualizzato in relazione alla grande variabilità dello sviluppo tra zero e tre anni, alla valorizzazione della libertà individuale, all'apertura alle proposte per i bambini che caratterizza molte esperienze nelle quali le scelte progettuali sono radicate nell'osservazione, nelle risorse e nelle opportunità dell'ambiente, nei talenti e nella cultura degli educatori, nel confronto collegiale.

Il curricolo, perciò, per costruire una prospettiva culturalmente integrata, può e deve essere inteso come un orizzonte di riferimento che implica lo sforzo creativo e la partecipazione congiunta di educatori, bambini, genitori, coordinatori, per delineare i valori e le finalità del servizio nel quale si iscrivono progetti educativi densi, caratterizzati dall'attenzione alla ricerca di connessioni tra le esperienze e le competenze, che possono raggiungere obiettivi ricchi e imprevisti.

È un'idea di curricolo che prevede una progettazione composta non da un elenco di contenuti da sviluppare, quanto piuttosto da intenzionalità larghe, proposte aperte e opportunità da organizzare per sostenere la manifestazione e lo sviluppo delle potenzialità dei bambini e per il riconoscimento e la valorizzazione della diversità di ciascuno e di tutti.

Il curricolo non significa un'anticipazione dell'insegnamento dei saperi, bensì la capacità degli adulti di riconoscere, facendo riferimento anche ai sistemi simbolico-culturali, un significato più ampio alle esperienze percettive, motorie, comunicative, esplorative ed espressive dei bambini, intravvedendo e suggerendo la possibilità di apprendimenti, strutturazioni, rappresentazioni, che progressivamente aprono a processi di simbolizzazione.

Il curricolo verticale zerosei - recitano le Linee pedagogiche - "prefigura la costruzione di un continuum inteso come condivisione di riferimenti teorici, coerenza del progetto educativo e scolastico, intenzionalità di scelte condivise".

Così inteso, il curricolo è allora la bussola che consente di esplorare con libertà le possibilità di approfondimento e di innovazione che offrono i bambini, attraverso l'interazione tra loro e con l'ambiente nel gioco e nelle attività, ed è rispecchiato dagli spazi, dai tempi, dagli arredi, dall'allestimento dei materiali e dall'organizzazione. È una sfida importante per costruire un sistema integrato zerosei nel quale si dialoghi in modo aperto e reciprocamente arricchente. Dalla vita in comune, dall'esperienza quotidiana, dai momenti di convivialità e di intimità, ma anche dalla cultura personale degli educatori, dai loro interessi e abilità, dalle opportunità dell'ambiente e del territorio, dal confronto nel gruppo di lavoro e dallo scambio con le famiglie possono nascere proposte da lanciare ai bambini, lasciandole sviluppare ed evolvere senza definirne in anticipo l'esito, ma sempre dopo una preparazione e uno studio attento e competente che consenta agli adulti di essere registi, guide, alimentatori delle possibilità. Le opportunità di gioco sono centrali se interpretate come spunti e proposte di esperienza per consentire ai bambini di esplorare la realtà, scoprire nuovi interessi e svilupparli in contesti intenzionalmente predisposti, ma in direzioni aperte.

La progettazione, ben fondata e coerente, costantemente documentata, implica una ricerca aperta, libera da esiti e soluzioni obbligate. Pone il problema, presuppone che i primi progettisti siano i bambini accompagnati da adulti preparati e curiosi, che alimentano la ricerca, forniscono materiali e aiutano a valutare la fattibilità delle proposte, ma non impongono tempi o soluzioni predefinite. È un processo, perseguito intenzionalmente, di esperienze e di apprendimenti che qualche volta si esaurisce perché la curiosità dei bambini è sazia, altre volte cresce, si prolunga, si dipana, richiede nuove ipotesi, riflessioni, conversazioni e mette in gioco nuove competenze stimolate dalla curiosità, dallo spirito di avventura e di costruzione che riesce a scatenare. Una buona progettazione, esito di un impegno collegiale del gruppo di lavoro, coinvolge sempre più campi di esperienza e permette ai bambini di lavorare insieme per un fine comune. È, in sintesi, una prima esperienza di ricerca tra adulti e bambini.

La contrapposizione tra curricolo che imbriglia e progettazione che libera è fittizia. Ma lo è anche quella tra una progettazione che non raggiunge obiettivi validi e un curricolo che ha l'esclusiva della razionalità. Un buon curricolo fa pensare, ragionare insieme, richiede osservazione e conoscenza delle potenzialità dei bambini per mettere a disposizione le migliori opportunità senza definire un punto di arrivo obbligato, anche perché i bambini sono capaci di andare oltre e di scoprire vie alternative per raggiungere le loro mete. Una buona progettazione, che pure si basa sull'osservazione e va alla ricerca delle possibilità e delle provocazioni del contesto, non solo coinvolge i bambini nella scelta e nell'impegno in che ciò che si farà, ma si interroga anche rispetto a quali abilità, quali strumenti il bambino potrà mettere in gioco e quali potrebbe meglio esercitare.

 

3. Le conquiste possibili

I bambini da zero a tre anni vanno accompagnati nell'esplorazione del mondo e nei loro percorsi di incontro con i sistemi simbolico-culturali con sempre maggiore piacere, curiosità, padronanza dei linguaggi e consapevolezza degli oggetti culturali e naturali, siano essi strumenti musicali, foglie, lenti di ingrandimento, pozzanghere, tablet, insetti, albi illustrati, pallottolieri, fotografie (la lista è aperta...).

Per affrontare questi percorsi i bambini hanno bisogno di sentirsi sicuri, autonomi, di apprendere a costruire le abilità necessarie, esplorare con tutti i sensi in modo progressivamente più differenziato e mirato, muoversi con sempre maggiore destrezza e precisione, esprimere le loro emozioni in forme sempre più articolate e controllate, confrontarsi con gli altri attraverso i gesti e il linguaggio, imparare a esprimere quello che sentono e scoprono attraverso molti linguaggi, a confrontarsi con gli altri con misura e rispetto per scoprire e risolvere problemi, costruire giochi, conversare, discutere, fare e star bene insieme.

Nelle pagine di questi primi Orientamenti si è scelto di indicare finalità e riferimenti metodologici e di non proporre elenchi di attività, in modo che siano gli stessi educatori, nel loro lavoro, a costruire contesti di vita e di apprendimento in situazione, di osservazione e rilancio. Nel testo, tuttavia, sono presenti riferimenti ed esempi pertinenti per i bambini da 0 a 3 anni, che non vengono proposti come tappe o traguardi definiti, bensì come possibilità da esplorare e come una mappa da costruire in ciascun servizio dagli educatori, per sostenere, con apertura mentale, confronto collegiale e senza improvvisazioni, tutti i bambini e le bambine nell'avventura dello sviluppo.

Le esperienze di apprendimento si sviluppano in ambienti ricchi, con la regia di adulti orientati verso le possibili conquiste dei bambini:

- riconoscere il proprio corpo, le sue potenzialità, le sue parti;

- utilizzare il corpo per entrare in contatto con il mondo fisico e sociale;

- discriminare e riconoscere le qualità sensoriali di oggetti e materiali, maturando progressivamente il senso del bello insito nell'ordine, nell'armonia, nel ritmo, nell'accostamento di suoni, odori, colori, sapori, forme, movimenti;

- ascoltare, comprendere e comunicare, verbalmente e non, in modo da entrare in dialogo con gli altri;

- scoprire il piacere di lasciare traccia di sé nell'ambiente, modificarlo, creare attraverso il movimento, il segno grafico, la pittura, la manipolazione, l'utilizzo della voce, la produzione di ritmi;

- osservare la realtà circostante e porsi domande, fare ipotesi, tentare risposte;

- relazionarsi con l'altro, condividere, collaborare, stringere amicizie, compiere le prime negoziazioni, interiorizzare regole e limiti imposti dal rispetto dell'ambiente e dell'altro da sé.

In conclusione, questi temi mirano a proseguire il confronto aperto dalle Linee pedagogiche tra tutti i servizi educativi dell'infanzia e tra questi e la scuola dell'infanzia sui percorsi di apprendimento dei bambini in una prospettiva di continuità e a porre le basi per la costruzione di una nuova cultura comune integrata.

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[1] Nel presente documento la Commissione Nazionale ha discusso a lungo, con diverse posizioni espresse dai componenti, su come utilizzare i termini di bambina/o, educatrice/educatore, coordinatrice/coordinatore al fine di non appesantire il testo. È stato deciso, in continuità con le Linee pedagogiche e con il linguaggio istituzionale e amministrativo collegato alla dimensione del profilo professionale, di utilizzare in prevalenza il genere grammaticale maschile per indicare tutte le persone che si incontrano all'interno dei servizi educativi indipendentemente dal genere. Si è ben consapevoli che la funzione educativa è svolta in realtà da una netta maggioranza di donne e si ritiene imprescindibile un intervento per aumentare in questo settore le presenze maschili in una logica di maggiore equilibrio di genere nelle professioni educative e di cura della prima infanzia.

[2] Il Pilastro europeo dei diritti sociali (Doc. 13129/17), Parlamento europeo, Consiglio dell'Unione europea, Commissione europea, novembre 2017, art. 11 "Assistenza all'infanzia e sostegno ai minori": a. I bambini hanno diritto all'educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità

[3] Raccomandazione del Consiglio europeo del 22 maggio 2019

[4] Come già indicato nelle Linee pedagogiche, nota 20, "le politiche per l'infanzia e l'adolescenza sono oggetto di una rinnovata attenzione dell'opinione pubblica e dei decisori politici nell'ambito delle scelte necessarie per un nuovo welfare che richiedono nuovi strumenti normativi e il concorso di più soggetti. Il D-L 12 luglio 2018, n. 86 (convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 97), affida al Presidente del Consiglio funzioni di indirizzo e coordinamento di tali politiche, con il coinvolgimento dei diversi Ministeri (Famiglia, Istruzione, Politiche Sociali, ecc.). In materia di servizi educativi per l'infanzia la norma citata richiama e conferma le competenze del Ministero dell'Istruzione".

[5] Articolo 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104

[6] Orientamenti pedagogici sui LEAD: Legami Educativi a Distanza - Un modo diverso per fare nido e scuola dell'infanzia, Commissione nazionale zerosei, 13 maggio 2020

[7] Una proposta interessante è quella dell'Universal Design for Learning (Progettazione Universale per l'Apprendimento), progettazione di oggetti e ambienti utili per tutti, indispensabili per qualcuno, che non richiedono adattamenti o ausili speciali.