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Circolare INPDAP 16.05.1996, n. 29

Art. 5, d.p.r. 1032/73..

La Corte Costituzionale con sentenza n. 106 dei dì 26 marzo - 4 aprile 1996, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie speciale - n. 15 del 10/4/1996, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 del D.P.R. 1032/73 "nella parte in cui esclude che, nell'assenza delle persone ivi indicate, l'indennità di buonuscita formi oggetto di successione per testamento o, in mancanza, per legge".

Come è noto, il citato articolo, come modificato dall'art. 7 della legge 177/76, stabilisce che, in caso di morte in attività di servizio del dipendente statale, l'indennità nella misura che sarebbe spettata al dipendente stesso, compete, nell'ordine, al coniuge superstite agli orfani, ai genitori, ai fratelli e sorelle.

Sul presupposto che la buonuscita costituisce diritto patrimoniale autonomo che sorge in capo all'iscritto all'atto della cessazione dal servizio e che si trasferisce "iure proprio" ai superstiti innanzi indicati nella ipotesi di decesso dell'iscritto medesimo, è stata esclusa l'applicazione delle norme sulla successione legittima e testamentaria.

Invero, la Corte Costituzionale - come già in precedenza aveva stabilito per gli iscritti all'ex INADEL (sentenza 319 del 1991) integrando l'art. 3, comma 2, della legge 152/68 - sotto il riflesso che l'indennità di buonuscita va "ricondotta nella categoria generale dei trattamenti di fine rapporto nel settore pubblico, riconoscendo a tutti questi trattamenti - in stretta analogia con quelli del settore privato - l'essenziale natura di retribuzione differita, pur se legata ad una concorrente funzione previdenziale", ritiene "contrastante con l'art. 36 della Costituzione ogni disposizione che privi, per qualsiasi ragione, il lavoratore o i suoi aventi causa del trattamento di fine rapporto, facendosi applicazione del risalente principio, secondo cui la retribuzione dei lavoratori - tanto quella corrisposta nel corso del rapporto del lavoro quanto quella differita, ai fini previdenziali, all

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