Dalla “Summer School” di Ischia un messaggio costruttivo

La Summer School Ischia 2015 è stata una delle prime occasioni di incontro pubblico tra operatori scolastici dopo l’approvazione definitiva della “Buona Scuola. I “nuovi scenari” delineati nelle varie sessioni del convegno (Autonomia, Dirigenza, Professionalità, Valutazione) ben rappresentano le sfide che il nostro sistema educativo dovrà affrontare nei prossimi mesi, anche alla luce delle novità introdotte dalla Legge n. 107/2015. Il punto a cura di Giancarlo Cerini.

Tempo di Summer School

La “Summer school” Tecnodid di Ischia (19-21 luglio 2015) ha confermato la collaudata capacità della casa editrice di “Notizie della Scuola” di costruire momenti significativi di dibattito, approfondimento e confronto argomentato sui temi “caldi” della scuola italiana (e quest’estate la “temperatura” è veramente “hot” e non solo per merito/demerito dell’anticiclone delle Azzorre!). Gli “scenari” delineati nella scansione delle sessioni del convegno (autonomia, dirigenza, professionalità, valutazione) ben rappresentano le sfide che il sistema educativo italiano deve affrontare nei prossimi mesi, anche alla luce delle novità delineate dalla legge 107 del 13 luglio 2015. Coincidenza ha voluto che il seminario rappresentasse una delle prime occasioni di incontro pubblico tra operatori scolastici, dopo l’approvazione definitiva della legge intitolata alla “Buona Scuola”. E tempestivamente l’editore (ma ricordiamo che Tecnodid/Formazione è anche agenzia formativa riconosciuta dal MIUR) ha proceduto a mettere a disposizione dei partecipanti un agile fascicolo con il testo della legge, quasi a rendere più maneggevole la lettura – non semplice – dei 212 commi in cui si snoda l’articolo 1 (unico) del provvedimento. Ed è già in cantiere una quaderno monografico di “Voci della Scuola” per scandagliare le “parole chiave” della legge 107/2015 che – al di là delle diverse e legittime interpretazioni - rappresenta comunque un possibile punto di svolta delle politiche scolastiche, il segnale di una ripresa di attenzione e di voglia di rilancio.

 

Lo scenario giuridico

Nell’analisi dei diversi aspetti della legge si è scelto un approccio strettamente tecnico, per evitare che la polemica politica (a favore o contro) prendesse il sopravvento sulle questioni di merito. Non ci si è nascosto il quadro difficile nei rapporti tra la politica (in generale), l’opinione pubblica, il mondo della scuola e le sue rappresentanze professionali e sindacali, e il fatto che siano in gioco questioni rilevanti di natura politica, ma il desiderio era di evitare sterili contrapposizioni e di provare a scavare nel “senso” delle norme e nella loro praticabilità (cosa cambia per la scuola e quali spazi operativi si aprono fin dal prossimo settembre). Così, Sergio Auriemma, vice procuratore della Corte dei Conti e valente giurista, ha affrontato di petto il profilo giuridico delle due riforme in campo (perché oltre alla “Buona Scuola” è in dirittura d’arrivo anche la riforma della Pubblica Amministrazione targata Madia), inserendole nel lungo processo di evoluzione legislativa per qualificare l’azione pubblica in termini di efficacia, di efficienza e di equità. Questo nonostante le incertezze sugli assetti della Repubblica (ove le fortune del federalismo sembrano in declino) e con una governance del tutto aleatoria, anche nella scuola, ove si sente la mancanza di una riforma degli organi collegiali. Ha sottolineato il valore di alcune scelte del legislatore, invitando a cogliere e distinguere nell’articolato gli obiettivi generali (le opportunità), i principi e criteri direttivi (i limiti) e le modalità di attuazione (le discrezionalità). Ha esemplificato alcune innovazioni in materia di potenziamento di una autonomia scolastica “incompiuta”, del nuovo profilo “strategico” del dirigente scolastico, della spinta verso una meglio definita professionalità (con i connessi corollari di responsabilità, valutazione e premialità). Ha segnalato come la delega per il nuovo Testo Unico delle leggi sull’istruzione (e di quella, parallela, per la stesura di regolamenti per materie omogenee) possa rappresentare un punto di svolta per mettere ordine nella giungla normativa che si è stratificata nel corso degli anni.

 

Lo scenario culturale

Mario Dutto, già direttore generale MIUR e studioso di levatura internazionale, ha rivendicato l’esigenza di una “burocrazia utile” capace di costruire politiche di sostegno ad un sistema oggi assai articolato e diffuso, che sembra però aver smarrito il riferimento alle sue grandi tradizioni ed ai suoi veri maestri. Un eccesso di normazione può soffocare le spinte migliori all’iniziativa, all’eccellenza, alla qualità. Occorre scoprire i fattori di successo (i bravi “presidi”, i bravi insegnanti, il contesto sociale che stimola) e impostare programmi per prendersi cura delle risorse “invisibili” che spesso sono trascurate (la formazione dei docenti, la cultura della collaborazione, il dialogo aperto con la comunità, lo sguardo internazionale contro la mediocrità). Il dirigente scolastico, come avviene in tutta Europa e non solo, deve volgere il suo sguardo a ciò che avviene nelle classi (nell’ultimo miglio della sua organizzazione), contribuire a migliorare gli esiti dei ragazzi ed il loro benessere, stimolare la professionalità degli insegnanti. In Italia meno del 20% dei dirigenti si fa vedere nelle classi del suo istituto (rispetto al 60% della media OCSE). Dovrà essere un leader per l’apprendimento (leadership for learning), sapendosi districare nella selva normativa, attraverso una visione di lungo respiro, che vada oltre gli affanni del quotidiano. Servono capacità manageriali (e l’Italia non è ben piazzata nei confronti internazionali) ed occorre investire nella preparazione e formazione del dirigente, sapendo che il suo compito prioritario è quello di far crescere la risorsa “insegnante”. Per lui si attaglia la metafora della vela d’altura, piuttosto che il piccolo cabotaggio sotto costa. Un programma ambizioso che però è l’unica via d’uscita dal rischio di marginalità della scuola italiana nel contesto internazionale.

 

Lo scenario professionale

Damiano Previtali, ora dirigente al MIUR per il Sistema nazionale di valutazione, ha ripercorso la lunga storia del binomio autonomia-valutazione, con i generosi tentativi di dar vita ad un sistema organico in grado di tenere insieme i diversi piani della valutazione, da quello degli allievi a quello delle scuole e, da ultimo a quello delle professionalità (dirigenti e insegnanti). La risposta positiva delle scuole, con oltre il 98,5% delle istituzioni impegnate nel processo di autovalutazione e di elaborazione del RAV, segnala che è stato capito il significato di una valutazione orientata alla conoscenza, alla comparazione, al benchmark e dunque alla riflessività come chiave del miglioramento. Su questa cultura condivisa della valutazione (messa a fuoco anche in importanti progetti sperimentali: VSQ, VALES, VM, ecc.) è ormai maturo il tempo per tradurre in azione l’impegno alla valutazione della dirigenza (e la legge 107/2015 offre alcuni strumenti in proposito, come i nuovi incarichi ispettivi e la messa a punto di indicatori di risultato), andando oltre gli approcci sperimentali di questi anni e gettando le basi per un sistema capace di tenere insieme la valutazione della scuola (ed in essa l’attenzione agli esiti, sia in termini di apprendimenti che di competenze chiave che di outcome a distanza), ed il contributo apportato dai dirigenti e dagli insegnanti al suo “valore aggiunto”. È stata poi presentata una possibile articolazione del modello di valutazione, che fa perno su strumenti (come il RAV), contenuti (valorizzare il merito), reputazione (tramite questionari), sviluppo professionale (portfolio personale) e che ha come perimetri normativi il Dpr 80/2013 (Regolamento SNV), la Direttiva 11/2014 (le priorità), la legge 107/2015 (le procedure).

 

Lo scenario organizzativo

Mario Castoldi, alla luce del suo costante rapporto con scuole e reti impegnate nei processi di valutazione e miglioramento,  ha tratteggiato con dovizia di esemplificazioni le strategie del miglioramento, il passaggio più difficile ma più veritiero a cui le scuole saranno chiamate dal prossimo settembre. Se l’autovalutazione non può tradursi in mero adempimento compilativo, a maggior ragione un programma di miglioramento deve sapere coinvolgere l’intera comunità scolastica, scegliere oggetti e campi d’azione significativi e non marginali, essere sostenibile e praticabile, appoggiarsi su professionalità ad hoc ed essere presidiato dal dirigente scolastico. È giusta la centratura sugli esiti degli allievi, in termini di output e outcome interni ed esterni (risultati scolastici, Invalsi, competenze di cittadinanza, esiti a distanza), ma non vanno trascurati gli esiti di processo, su cui la scuola si deve assumere specifiche responsabilità. Gli strumenti elaborati nell’ambito delle migliori sperimentazioni e dai cultori della valutazione e della qualità, offrono spunti di interesse per mettere ordine all’effervescenza delle scuole: lo schema STP (Situation, Target, Plan) consente di delineare il miglioramento come un problem solving in cui rimettere a fuoco gli oggetti di analisi (non basterà un’occhiata veloce ai 49 indicatori del RAV), delineare una mappa dei traguardi e dei risultati desiderabili (anche con target quantificabili), strutturare le fasi di un miglioramento sostenibile. Valutazione (DPR 80/2013) e Autonomia (Legge 107/2015) disegnano un contesto integrato e complementare in cui si esplicano le responsabilità e l’iniziativa dei diversi soggetti della comunità scolastica, attraverso uno sguardo che deve saper coniugare visione strategica (i grandi obiettivi) e condizioni di esercizio.

 

La leadership condivisa

La struttura per “stanze tematiche” della summer school ha consentito anche di proiettare le riflessioni teoriche verso dimensioni operative e professionali, a partire da una analisi di prima mano dei contenuti della legge 107/2015. Così Mariella Spinosi si è inoltrata tra i meandri dei 212 commi del testo legislativo per estrapolarne i riferimenti al profilo strategico del dirigente scolastico, alla ricerca dei nuovi strumenti normativi per lui delineati dalla legge, al netto però del polverone mediatico incautamente creatosi attorno al preside “sceriffo” ed alle numerose metafore collegate. Il profilo del dirigente si inserisce nell’alveo dei decreti legislativi 165/2001 e 150/2009, già di per sé ricchi di indicazioni per una dirigenza senza tentennamenti. Si tratta ora di soppesare i nuovi compiti di “indirizzo” esplicitati in merito alla definizione del piano triennale dell’offerta formativa, le responsabilità in ordine ai risultati (meglio raccordati alla strategia valutazione-miglioramento del Dpr 80/2013 - Sistema nazionale di valutazione), gli spazi discrezionali per la gestione delle risorse umane e strumentali, la previsione di uno staff allargato di collaboratori. Il tutto corredato dall’opportuno contrappasso di una valutazione dell’azione dirigenziale, corredata di nuovi parametri (in cui ritorna l’esigenza di una valorizzazione/valutazione delle risorse professionali e di uno stile di leadership comunque da condividere). Guglielmo Rispoli ha ancorato le riflessioni sul ruolo del dirigente alle impellenti esigenze di coerenza, chiarezza normativa, con richiamo ai contesti reali di esercizio della funzione.

 

Tra merito e impegno

Giancarlo Cerini si è cimentato in alcune “prove tecniche” sui nodi più controversi della legge 107/2015. Dalla scelta dei docenti dagli ambiti territoriali (per la quale ha richiamato l’esigenza di contemperare la scelta/iniziativa dei docenti e la valutazione di adeguatezza da operarsi da parte della scuola accogliente) alla attribuzione degli incentivi per il merito (per la quale ha messo in evidenza lo spazio sperimentale che si apre nei prossimi tre anni, per mettere alla prova – in ogni scuola - criteri di valorizzazione professionale). Tra i diversi criteri ipotizzati (riconoscimento di impegni e risultati, premialità selettiva per quote prefissate, raggiungimento di standard con crediti potenzialmente alla portata di tutti, distribuzione secondo criteri reputazionali) è possibile provare a sperimentare modelli capaci di coniugare riconoscimenti individuali e salvaguardia del lavoro collaborativo. Sulla stessa prospettiva si è mossa Antonia Carlini, che ha collegato le politiche per il merito con la costruzione di una strategia di governance organizzativa in grado di valorizzare le diverse componenti della comunità scolastica, senza “isolare” il dirigente.

 

Una valutazione per migliorare

Maria Teresa Stancarone ha richiamato gli elementi di cultura dell’organizzazione e della valutazione che irrobustiscono il profilo del dirigente. Il RAV (Rapporto di Autovalutazione) consente di uscire dall’autoreferenzialità tipica della scuola, di posizionarla nel confronto con benchmark e dati, di ricercare una credibilità nei confronti degli stakeholder con cui misurare la propria identità strategica. L’autovalutazione non resta confinato tra gli adempimenti amministrativi se diventa uno strumento di apprendimento organizzativo, ove il processo di miglioramento consente una rappresentazione critica della scuola, delle sue potenzialità, delle scelte da compiere, attraverso l’apporto di molti sguardi, e in una dinamica partecipata, situata, plurale. Elisabetta Giustini ha arricchito la riflessione insistendo sull’esigenza di un piena valorizzazione delle professionalità già in atto nelle scuole migliori, ove si stanno sperimentando ipotesi di bilancio di competenze per gli operatori, per il loro dovuto riconoscimento.

 

Al dunque….

A Ischia (Summer School 2015) è stato possibile, con serietà e serenità, confrontarsi con i contenuti innovativi della legge 107/2015, intrecciandoli con le tracce di buona scuola che già esistono nel nostro paese. Se sarà possibile, dal prossimo settembre, mantenere questo passo anche nelle scuole, attraverso un generoso coinvolgimento del mondo della scuola nell’attuazione dei provvedimenti legislativi e nel loro continuo miglioramento, potremo immaginare quella svolta positiva per il nostro sistema educativo, da tutti auspicata, ma sempre appesa al filo delle riforme “mancate”.

 

Giancarlo Cerini