Verso un nuovo concorso per dirigente tecnico

Tra leadership culturale e garanzia di legalità (G. Cerini) - Quale identità per i nuovi ispettori (M. Spinosi)

 

Tornano gli ispettori?

Ora che il concorso ispettivo è stato bandito si accelerano i tempi per la presentazione delle carte, si scruta tra le pieghe del programma per cogliere qualche indizio circa la preparazione, ma forse non si riflette a sufficienza sull’identità del dirigente tecnico (alias ispettore), sulla consistenza (culturale, professionale, giurisdizionale) del suo profilo. Forse una ricognizione, sia pure sommaria, attorno a questa funzione – che svolgiamo tra l’altro personalmente da oltre vent’anni – può aiutare ad affrontare con più convinzione una prova concorsuale che si presenta comunque assai impegnativa.

La funzione ispettiva (ma è proprio il caso di richiamarla in questo modo così autoritativo?) viene parzialmente ridisegnata all’interno del Regolamento di riassetto del Ministero della Pubblica Istruzione, recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (DPR 21 dicembre 2007, n. 260) e resosi necessario dopo lo “spacchettamento” degli ambiti della Ricerca e dell’Università dal precedente assetto ministeriale unitario (MIUR). È un profilo assai sbrigativo, che non annulla le declaratorie professionali ancora vigenti (nel Testo Unico dell’Istruzione del 1994), da rivisitare alla luce della normativa generale sulla dirigenza pubblica (dal d.lvo 165/2001 in poi), ma che lascia trasparire un orientamento esplicito del potere politico nei confronti di questo corpo tecnico.

Il comma 5 dell’art. 2 del Regolamento citato, così recita:

“Il corpo ispettivo, composto dai dirigenti investiti dell'esercizio della funzione
ispettiva tecnica, è collocato, a livello di amministrazione centrale, in posizione di dipendenza funzionale dal Capo del Dipartimento per l'istruzione, e, a livello periferico, in posizione di dipendenza funzionale dai dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali, per lo svolgimento dei compiti che la legge attribuisce a tale funzione anche con riferimento ai fenomeni del bullismo, delle devianze giovanili, dell'assiduità della frequenza e della continuità delle prestazioni da parte dei docenti. Le modalità di esercizio della funzione ispettiva tecnica sono determinate con apposito atto di indirizzo del Ministro.”

L’interpretazione data alla funzione non è certamente esauriente (ed infatti si rimanda ad un successivo atto di indirizzo del Ministro), ma l’insistenza sui compiti di vigilanza su alcuni fenomeni scolastici che oggi assumono il carattere di allarme sociale (come il bullismo, l’assentesimo, il docente “fannullone” ecc.) rischia di far perdere all’ispettore tecnico quel carattere di esperto di alta professionalità a disposizione del sistema scolastico che veniva, sia pure faticosamente delineato, nel quadro normativo precedente. È vero che strumenti e momenti di controllo e di repressione (o di prevenzione, come meglio sarebbe in campo educativo) sono sempre più richiesti in ogni ambito della società civile: si pensi alla sicurezza sul lavoro, alle frodi fiscali, alla regolarità delle posizioni assicurative e previdenziali, alla tutela dell’ambiente, al corretto funzionamento della giustizia. Non c’è campo della vita privata (e pubblica) che oggi non richieda sistemi di tutela e di verifica del rispetto di elementari diritti e doveri prescritti per altro dalla Costituzione.

Spesso è l’Amministrazione pubblica a darsi “occhi” per vigilare, “inspicere”, verbo da cui deriva certamente la terminologia utilizzata per descrivere anche popolarmente una funzione (quella ispettiva) che l’aplomb ministeriale di “dirigente tecnico” certamente rende più sfumata ed aleatoria. In altri casi il legislatore sembra non fidarsi di questa capacità di autotutela che le pubbliche amministrazioni dovrebbero esercitare normalmente. Infatti vediamo svilupparsi in questi ultimi anni autorità indipendenti, come il Garante per la protezione dei dati personali, il Garante per la concorrenza e il mercato, il Garante per le telecomunicazioni ecc. (fino al recente “mister prezzi”), quasi per far fronte con strumenti innovativi al bisogno di protezione di diritti e interessi che non sono solo “formali”, ma attengono alla sfera di una piena cittadinanza. Già incombono poi le logiche della “class action” in cui i singoli portatori di interessi “lesi” sono visti come titolari di istanze non meramente privatistiche e soggettive. In questo contesto giuridico in movimento si dovrà collocare la nuova funzione degli ispettori del Ministero della Pubblica istruzione, al confine tra funzioni di leadership culturale ed una domanda crescente di tutela, di correttezza e di qualità dell’azione delle istituzioni pubbliche (e tra di essa la scuola).

 

Come cambia il governo “tecnico” della scuola?

Le scuole sono oggi largamente autonome. Questo principio gode addirittura di una copertura costituzionale. Soggetti e strutture della Pubblica Istruzione devono re-interrogarsi sulla loro mission. Anche il corpo ispettivo non sfugge a questa esigenza di riposizionamento, come del resto tutta l’amministrazione scolastica, servente e garante allo stesso tempo. In particolare ci interessano qui le modalità di esercizio di funzioni di natura tecnica, essendo gli ispettori la massima espressione della competenza tecnica della scuola.

Colpisce, allora, che al comma sesto dell’art. 7 del citato Regolamento di riforma del Ministero (Dpr 260/2007) appaiano molto arricchite le competenze degli Uffici Scolastici Provinciali, per gli opportuni richiami a funzioni di governance locale delle risorse (e di rapporti con gli enti locali per la programmazione del servizio scolastico), ma addirittura “rimpolpate” con l’assegnazione di compiti in materie strettamente tecniche e pedagogiche, che un tempo sarebbero state attribuite sicuramente agli ispettori tecnici.

Recita infatti il testo del Regolamento di riforma dell’amministrazione:

“L'Ufficio scolastico provinciale, di cui al comma 2, svolge le funzioni relative alla assistenza, alla consulenza e al supporto, agli istituti scolastici autonomi per le procedure amministrative e amministrativo-contabili; alla gestione delle graduatorie e alla formulazione di proposte al direttore regionale ai fini dell'assegnazione delle risorse umane ai singoli istituti scolastici autonomi; al supporto e alla consulenza agli istituti scolastici per la progettazione e innovazione della offerta formativa e alla integrazione con gli altri attori locali; al supporto e allo sviluppo delle reti di scuole; al monitoraggio dell'edilizia scolastica e della sicurezza degli edifici; allo stato di integrazione degli alunni immigrati; all'utilizzo da parte delle scuole dei fondi europei; al raccordo ed interazione con le autonomie locali per la migliore realizzazione dell'integrazione scolastica dei diversamente abili, alla promozione ed incentivazione della partecipazione studentesca; al raccordo con i comuni per la verifica dell'osservanza dell'obbligo scolastico; alla cura delle relazioni con le RSU”.

C’è un evidente intreccio di compiti amministrativi e di compiti tecnici, a livello provinciale e regionale (USP e USR). Ricordiamo, in proposito, che un’iniziale ipotesi di costituzione di Centri Servizi a supporto dell’autonomia (da affiancare ai vecchi Provveditorati agli Studi, ricondotti ad una funzione amministrativa) fu – forse troppo frettolosamente – archiviata all’atto della emanazione dei regolamenti di riforma dell’am­ministrazione scolastica, sulle soglie del 2000. Prevalse, allora, la preoccupazione di non duplicare strutture e servizi di intermediazione tra scuole autonome e articolazioni dell’am­ministrazione, offrendo maggiore credito all’ipotesi della costituzione di reti di scuole. Queste, sulla base, dell’art. 7 del Regolamento dell’autonomia (Dpr 275/1999) possono dar vita anche a strutture, centri risorse, laboratori territoriali per la “formazione, la ricerca, la documentazione, l’orien­tamento”. Anche in questo caso siamo in presenza di una possibile erosione di funzioni tecniche e di compiti di supporto professionale che avrebbero potuto essere ricondotte all’impulso progettuale del corpo ispettivo.

 

Una funzione che viene da lontano

Ricordiamo che la funzione ispettiva fu riordinata nell’ambito della stagione dei “decreti delegati” del 1974, non a caso, un periodo caratterizzato da una forte domanda di partecipazione e di interazione “orizzontale” tra i diversi soggetti del sistema istruzione. Cambiò il ruolo dei capi di istituto (chiamati a presiedere un collegio dei docenti) e cambiò anche il ruolo dell’ispettore, non più anello intermedio di una catena gerarchica monocratica tra Provveditore agli Studi e Direttore didattico, ma piuttosto figura di staff, a latere dell’amministrazione attiva, con compiti certamente ancora di natura ispettiva, ma soprattutto di carattere tecnico e progettuale, di vicinanza alle scuole impegnate nei primi processi di innovazione, formazione, ricerca, documentazione. Un apposito decreto delegato era dedicato al presidio di queste nuove funzioni tecniche, anche mediante l’istituzione degli IRRSAE, oggi in fase di scioglimento e rifunzionalizzazione nell’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica.

 

Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, art. 397 - Funzione ispettiva

1. La funzione ispettiva concorre, secondo le direttive del Ministro della pubblica
istruzione e nel quadro delle norme generali sull'istruzione, alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione, affidate alle istituzioni scolastiche ed educative.

2. Essa è esercitata da ispettori tecnici che operano in campo nazionale, in campo regionale e provinciale.

3. Gli ispettori tecnici contribuiscono a promuovere e coordinare le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado; formulano proposte e pareri in merito ai programmi di insegnamento e di esame e al loro adeguamento, all'impiego dei sussidi didattici e delle tecnologie di apprendimento, nonché alle iniziative di sperimentazione di cui curano il coordinamento; possono essere sentiti dai consigli scolastici provinciali in relazione alla loro funzione; svolgono attività di assistenza tecnico-didattica a favore delle istituzioni scolastiche ed attendono alle ispezioni disposte dal Ministero della pubblica istruzione, dal sovrintendente scolastico regionale o dal provveditore agli studi; prestano la propria assistenza e collaborazione nelle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente nell'ambito del circolo didattico, dell'istituto, del distretto, regionale e nazionale.

4. Gli ispettori tecnici svolgono altresì attività di studio, di ricerca e di consulenza tecnica per il Ministro, i direttori generali, i capi dei servizi centrali, i sovrintendenti scolastici e i provveditori agli studi.

5. Al termine di ogni anno scolastico, il corpo ispettivo redige una relazione sull'andamento generale dell'attività scolastica e dei servizi.

Ne è risultata una funzione certamente “ibrida”, un po’ retaggio della tradizionale azione di controllo ed ispezione (le c.d. ispezioni disposte), di intervento in situazione in caso di conflitti o di contenzioso, o addirittura di repressione dei comportamenti non legittimi. Va ricordato che non spetta all’ispettore l’irrogazione di sanzioni o di emanazione di atti, di competenza dell’amministrazione attiva, ma di ricognizione istruttoria e – semmai – di proposta di provvedimenti; comunque sempre su istanza disposta dall’autorità amministrativa. A fianco di questa, però, prepotentemente si sviluppò anche il lato promozionale, di sostegno alla ricerca ed alla formazione del personale, fortemente intrecciata con i processi di innovazione, sia della scuola di base (con la stagione d’oro degli anni Ottanta, con il rinnovamento dei programmi didattici del ’79, dell’’85, del ‘91), sia nella scuola secondaria superiore (con i cosiddetti progetti di sperimentazione “assistita” spesso guidati o ispirati da ispettori tecnici operanti al Ministero).

Sembrava dunque possibile coniugare le funzioni di “magistratura della scuola” (una sorta di organo interno di autocontrollo e correzione) con le più ariose funzioni di animazione culturale, orientamento pedagogico, supporto alla incipiente voglia di protagonismo culturale della scuola. Tutti ricordano la convincente formulazione coniata da Massimo Severo Giannini, uno dei nostri massimi studiosi di diritto amministrativo, che vedeva l’azione ispettiva funzionale al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia della pubblica amministrazione; una funzione di regolazione, di prevenzione, di anticipazione delle eventuali patologie attraverso impulsi di natura tecnica, culturale, professionale. Ma questa intuizione ha stentato a prendere quota e sarebbe ingeneroso attribuirne la causa alla sola prevalenza dell’elemento amministrativo nella vita della scuola (o all’endemico conflitto tra tecnici ed amministrativi). Tra l’altro, lo stesso corpo ispettivo fu attratto (si attrasse da sé?) verso l’omologazione con la dirigenza amministrativa (con la legge 27/12/1989 n. 417) che unificò i ruoli della dirigenza tecnica.

 

Verso un riposizionamento dell’ispettorato

Oggi si rimpiange una funzione di assistenza tecnica alle scuole, di cui si sente l’esi­genza, ma che non è facile da re-interpretare. Le scuole sono gelose della loro recente autonomia (anche se qualche volta si trasforma in autarchia competitiva). L’am­minis­trazione scolastica è alla ricerca di una sua rilegittimazione (anche di fronte ai rischi di una erosione di funzioni da parte di Regioni ed autonomie locali, evento che dopo il Titolo V è più che probabile). Il corpo ispettivo appare “incerto” sul suo futuro, non rinnovato nei suoi effettivi (ben venga il nuovo concorso, anche se è mancata una riflessione in corso d’opera sulle funzioni di un moderno corpo ispettivo) ed interpreta spesso in maniera “random” i propri compiti. Le nuove Agenzie nazionali, ANSAS e INVALSI, sono impazienti di esercitare a tutto tondo i compiti di supporto tecnico alla scuola e di valutazione di sistema (forse avvalendosi anche del contributo degli ispettori?). Come si vede il panorama è assai affollato e non è semplice dirimere e precisare le diverse funzioni in un’ottica di complementarietà e di sinergia. L’ultima direttiva ministeriale che ha regolamentato con un certo dettaglio la funzione degli ispettori è addirittura del 1991 (Dm 12/9/1991, n. 274).

Restano aperti numerosi interrogativi circa la collocazione professionale del corpo ispettivo. Oggi, in un sistema educativo che tende a frammentarsi anche a seguito dell’emer­gere delle autonomie – non solo scolastiche – diventa molto forte il richiamo a funzioni di garanzia e rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali. È vero che questo compito dovrebbe essere affidato ad un autorevole sistema nazionale di valutazione, che però non esaurisce le esigenze di verifica dello stato di salute della scuola, tanto più se si dovesse puntare solo su test di apprendimento e monitoraggi su scheda. Servono visite alle scuole, audit e analisi in situazione, interazione con testimoni qualificati e decisori, interpretazione dei dati e capacità di indicare prospettive di sviluppo. Così pure, dovremmo riparlare di formazione in servizio e ricerca didattica, di valutazione e di valorizzazione delle professionalità (di dirigenti e docenti), di autovalutazione e di rendicontazione sociale, di consulenza e supervisione per i curricoli. Chi meglio di un corpo autorevole di professionisti di comprovata competenza può svolgere queste compiti così essenziali per il miglioramento della qualità dell’istruzione?

Dispiace che incalzati dagli eventi si rischi ora di orientare la funzione ispettiva prevalentemente verso una logica di gestione del contenzioso (umano, professionale, giuridico, amministrativo, processuale, ecc.). Sarebbe un vero impoverimento del sistema, che riconfermerebbe un’idea distorta che sta prendendo piede nella nostra scuola, cioè che gli eventuali conflitti abbiano bisogno di un giudice (nemmeno interno al sistema scolastico, ma addirittura nel foro giudiziario) per essere risolti, dimenticando che quando si arriva alle sanzioni, alla repressione, all’attribuzione di torti e colpe (sia pure da parte di un giudice giusto e imparziale), il rapporto educativo si è già interrotto, il danno “pedagogico” si è prodotto e nessun risarcimento potrà ripristinarlo.

 

Un futuro per i “civil servant”

Di fronte a questa constatazione resta pur sempre un margine (stretto) di iniziativa: la presenza di un gruppo professionale autorevole, accreditato, competente sul piano culturale, tecnico e giuridico, può rappresentare una risorsa per il sistema educativo, un “volano” di comportamenti virtuosi da utilizzare anche per far fronte alle emergenze sociali (il bullismo, la dispersione, la mancanza diffusa di senso civico e di rispetto, anche dentro le istituzioni scolastiche), ben sapendo che la migliore azione di contrasto alla “patologia” è di natura preventiva, che occorre sviluppare una funzione di deterrenza che si gioca sulla qualità della scuola e dei suoi operatori. Dunque sulla formazione ed il reclutamento di dirigenti e docenti pienamente all’altezza, sul loro accompagnamento nella professione, sulla costante azione di formazione permanente e aggiornamento, di ascolto e interlocuzione con chi è impegnato in aule sempre più complesse. Quante volte viene richiesto dalla base anche solo un confronto su ciò che si fa nella scuola, una conoscenza di punti di eccellenza e di “buone pratiche”, un concreto aiuto nei casi in difficoltà?

Crediamo, allora, che ci sia ancora spazio per una funzione ispettiva di stampo “europeo”, anche se non è facile districarsi tra i diversi modelli praticati in Europa: dagli accreditati ispettori di sua maestà britannica (ormai introvabili, visto che si sta esternalizzando il servizio ispettivo) alla fitta rete di ispettori francesi molto “dentro” le scuole (“schieramento mobile del ministro sul territorio” ebbe a definirli qualche osservatore malizioso). Che ne sarà degli Ispettori della nostra Repubblica? Basterà un’iniezione di nuove energie professionali per rilegittimare un ruolo storico? Basterà ripristinare il concorso pubblico per salvare una funzione in tempi di “spoil system” selvaggio? Basterà re-inventare le funzioni tecniche di supporto all’autonomia per rivendicarne una pubblica utilità ai fini del miglioramento del sistema educativo? Sarà forse necessario delimitare il campo di azione professionale ad una onesta “ispezione” di garanzia per la correttezza, imparzialità e adeguatezza del funzionamento del sistema, anche per rimuovere con più decisione le zone di malfunzionamento?

Probabilmente sarà l’insieme di queste spinte e controspinte a caratterizzare la prossima generazione di ispettori della Repubblica; un corpo professionale diventa quello che è anche per meriti (e demeriti) di chi ne fa parte. L’auspicio è allora che l’imminente concorso sia la fucina di nuovi ispettori con la voglia di giocare fino in fondo il ruolo di “servant civil”, avendo come solo padrone la Carta Costituzionale che, all’art. 97, ammonisce circa l’imparzialità della pubblica amministrazione e dei suoi funzionari, che sono al “servizio esclusivo della Nazione” (art. 98).

Giancarlo Cerini

 



QUALE IDENTITA' PER I NUOVI ISPETTORI


Dopo una lunga attesa

Sono passati 19 anni dall’ultimo concorso ispettivo bandito: si era, nell’oramai lontano, 1989. Ora, finalmente nella Gazzetta del cinque febbraio 2008 (IVa serie speciale, n. 10) è stato pubblicato un nuovo bando che prevede ben centoquarantacinque (145) posti di dirigente tecnico da assegnare agli uffici dell'amministrazione centrale e periferica.

Questo nuovo “evento” nella pubblica amministrazione sollecita subito una prima domanda un po’ “impertinente”: se per quasi vent’anni non si è ritenuto necessario reclutare nuovi ispettori, è forse perché si è capito che, di tale funzione, la scuola avrebbe potuto anche farne a meno? La risposta non è semplice. Se fino ad oggi, gli stessi indugi nelle politiche scolastiche sembravano suggerire una risposta positiva (Sì! Se ne può fare a meno), ora la scelta di questo concorso riapre molte speranze, non solo per tanti bravi docenti e dirigenti scolastici ai quali viene offerto uno sbocco professionale, quanto piuttosto per la scuole autonome che hanno bisogno di figure competenti in grado di dare supporto tecnico, assistenza e consulenza; ma anche per la stessa l’amministrazione che vede, in questo momento, nei dirigenti tecnici (forse un po’ riduttivamente) un riferimento certo per arginare fenomeni di devianze giovanili e bullismo, e per “controllare le prestazioni dei docenti”. È quanto, infatti, viene suggerito nel recentissimo regolamento per la riorganizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione (DPR 21 dicembre 2007, n. 260, comma 5, art. 2), dove si coglie sicuramente un’esigenza reale, ma con qualche rischio: quello di limitare la funzione tecnica ad un’azione di “controllo” enfatizzando gli aspetti negativi (pur esistenti) nella nostra scuola.

 

Un organico assottigliato e senza ricambio generazionale

Ma quanti ispettori servono al nostro sistema d’istruzione e di formazione? L’organico ne prevede ora 407, ma erano quasi 700 nel 1974. In servizio ce ne sono attualmente meno di 200, di cui una quota reclutata, negli ultimi anni, su base politica, nella percentuale massima consentita dalla legge (comma 5 bis, art. 19 della legge 165/2001[1]). L’operazione, seppure conforme alla norma, ha suscitato diffuse perplessità, se non palesi critiche. Molti hanno pubblicamente rilevato che tra i prescelti si sono letti nomi di docenti già in pensione, di funzionari amministrativi e dirigenti scolastici la cui produzione scientifica non è stata mai resa pubblica. In realtà la normativa limitava il numero delle nomine solo al 5 per cento dell’organico esistente, ma l’assenza prolungata dei concorsi pubblici, il mancato ricambio generazionale, con il conseguente aumento dell’età media, hanno contribuito a peggiorare non solo l’immagine degli ispettori, ma la sostanza stessa della funzione rendendola del tutto marginale nelle azioni di governo della scuola.

Se  in questo quadro, sicuramente critico, sono emerse, a volte, alcune figure di alto profilo professionale e culturale ciò è avvenuto per una serie di fortunate coincidenze, accom­pagnate da sicuri meriti personali, non certo per un investimento mirato dell’amministrazione sulla categoria.

 

Da un profilo all’altro

E pensare che quella degli ispettori è una storia importante. Risale alla legge Casati del 1859, che riteneva tale figura di grande rilievo nel sistema scolastico. È nel 1911 però, con la legge Daneo-Credaro, che se ne definì l’assetto, rimasto sostanzialmente immutato fino alla legge delega del 30 luglio 1973, n. 477.

Esistevano due tipologie di ispettori: quelli centrali (ex art. 10 TU n. 577/1928) e quelli periferici (ex art. 14 del TU cit). I primi erano alle dirette dipendenze del Ministero, i secondi  dei provveditorati agli studi e assegnati agli uffici subprovinciali dell’amministrazione, cioè alle cosiddette circoscrizioni. Gli ispettori scolastici periferici avevano funzioni di natura prevalentemente burocratico-amministrativa: vigilanza sulle scuole elementari, rilascio dei certificati di servizi, irrogazioni di sanzioni disciplinari….

L’articolo 4 della legge 477/1973 (poi trasfuso nell’art. 397 del TU D.lgs 297/1994) provvederà al suo totale riordino. Il nuovo assetto prevedeva professionisti esperti e di alto profilo a disposizione  dell’amministrazione scolastica non solo per l’accertamento tecnico didattico, ma anche per supportare le azioni di aggiornamento e di sperimentazione che, come è noto, in quegli anni iniziavano ad uscire dal pionierismo dei grandi maestri e delle scuole di avanguardia per essere rilanciate sull’intero territorio nazionale, mettendo così alla prova le responsabilità della scuola reale, come garante dei risultati (primo passo verso l’autonomia).

È qui che gli ispettori incominciano ad assumere una valenza tecnica concorrendo “alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione, affidata alle istituzioni scolastiche” e svolgendo altresì “attività di studio, di ricerca e di consulenza per il Ministro, i direttori generali, i capi dei servizi centrali, i sovrintendenti scolastici e i provveditori agli studi”. Essi mantengono, ma solo in via residuale, alcune competenze tipicamente ispettive. Si faceva, infatti, riferimento, nello stesso articolo, ad “ispezioni disposte dal Ministero della pubblica istruzione, dal sovrintendente scolastico regionale o dal provveditore agli studi”.

Nel corso degli anni Settanta ed Ottanta, quindi, la figura ispettiva è oggetto di interessanti interventi istituzionali (definizione e successiva unificazione dei ruoli, riorganizzazione per aree e per coordinamenti centrali e regionali, reclutamento a cadenza biennale…).

 

[1] Esso recita: “Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti”.

 

 

Che cosa si chiede oggi ai nuovi ispettori?

Ancora per alcuni anni si sarebbe potuto continuare sulla stessa lunghezza d’onda, la-sciando la funzione del dirigente tecnico nella completa residualità fino alla fuoriuscita dal servizio dell’ultimo ispettore; oppure si sarebbe potuto affrontare con decisione il proble-ma, rinviando, però, ancora una volta, il concorso pubblico. Si è preferito invece una via in-termedia, quella di garantire alla scuola un contingente in più di dirigenti tecnici senza in-taccarne l’attuale assetto generale, ma apportando indirettamente alcune modifiche con spo-stamenti di responsabilità dall’asse tecnico-pedagogico all’asse giuridico-amministrativo. Una scelta questa dettata, probabilmente, dall’esigenza di dare risposte credibili e ben strumentate alle nuove emergenze sociali di tutto il sistema formativo.

Questo nuovo bando di concorso potrebbe rappresentare, dunque, il primo passo verso un’inversione di tendenza rispetto agli scenari finora descritti, anche una prima boccata di ossigeno alle tante esigenze delle scuole autonome. Ma, permanendo pressoché immutato il quadro giuridico di riferimento, si è reso necessario riproporre un tipo di reclutamento mol-to simile a quello dei precedenti concorsi, con alcune lievi variazioni. Ci limitiamo a fare un cenno su due aspetti significativi del bando: le prove d’esame e la commissione di concorso.

 

Prove di esame – Il quid novi è la prova preselettiva prevista dall’art. 19 del DPR 272/2004. Si dice infatti che “Nel caso in cui il numero dei candidati sia pari o superiore a tre volte il numero dei posti (…) messi a concorso, può essere prevista una prova preselet-tiva per determinare l'ammissione dei candidati alle successive prove scritte. Il bando di concorso stabilisce i criteri di superamento della prova preselettiva. L'esito della prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale di merito. La predisposizione dei test preselettivi può essere affidata a qualificati istituti pubblici e privati. La prova prese-lettiva può essere gestita con l'ausilio di società specializzate”.

Nello specifico, è stato stabilito, che verrà ammesso alle successive prove scritte un numero di candidati pari a dieci volte il numero dei posti messi a concorso per ogni settore e sottosettore. Si tratta, a ben guardare, di una selezione molto a maglie larghe che non do-vrebbe destare particolari preoccupazioni.

Per le prove d’esame vere e proprie, sarebbe stato lecito attendersi la riproposizione dell’art 422 del del testo unico (D.Lgs 297/1994) che prevedeva, per la prima prova scritta, argomentazioni di tipo pedagogico-didattico, per la seconda, questioni socio-culturali di carattere generale e, per la terza, temi relativi agli ordinamenti scolastici con particolari ri-ferimenti ai paesi della comunità europea.

In realtà l’attuale bando sposta l’attenzione sul diritto amministrativo, sulla contabilità di stato e sulla legislazione scolastica, sostituendo le richieste della prima prova (argomen-tazioni di natura pedagogico-didattiche) con questioni (che risulteranno sicuramente più o-stiche per gli insegnanti che vorranno provarci) riguardanti l’organizzazione, il funziona-mento amministrativo, la gestione delle istituzioni scolastiche, lo stato giuridico del perso-nale della scuola.

 

 

Art. 422 D.Lgs 297/1994

Bando di concorso 5 febbraio 2008

1. I concorsi per titoli ed esami di ispettore tecnico constano di tre prove scritte e di una prova orale. (…)
4. Nei concorsi relativi ai contingenti per la scuola materna ed elementare, la prima prova scritta verte su problemi pedagogico-didattici con particolare riguardo al tipo di scuola; la seconda su argomenti socio-culturali di carattere generale; la terza sugli ordinamenti scolastici italiani ed esteri, con particolare riguardo a quelli dei Paesi della Comunità europea.
5. Nei concorsi relativi ai contingenti per la scuola media e per gli istituti di istruzione secondaria superiore, la prima prova scritta verte su problemi pedagogico-didattici; la seconda su argomenti attinenti agli insegnamenti compresi nei relativi settori disciplinari; la terza sugli ordinamenti scolastici italiani ed esteri, con particolare riguardo a quelli dei Paesi della Comunità europea.

Le tre prove scritte vertono su diritto amministrativo, contabilità di stato e legislazione scolastica, con particolare riguardo alle seguenti tematiche:

  organizzazione, funzionamento amministrativo, gestione delle istituzioni scolastiche, ivi comprese quelle paritarie, e stato giuridico del personale della scuola;

  ordinamento degli studi, con particolare riguardo alle tipologie di istruzione: primarie e secondarie. I sistemi scolastici stranieri, con specifico riferimento a quelli dei Paesi dell'Unione Europea;

  argomenti attinenti agli insegnamenti impartiti nello specifico grado di scuola e, relativamente alla scuola secondaria, ai settori cui il concorso si riferisce.

 

Commissione esaminatrice – Una cosa è certa: la profilo dell’attuale ispettore tecnico non rappresenta più un modello professionale per i prossimi new entry. Ce lo dimostra la scelta che gli estensori del bando di concorso hanno fatto nell’utilizzare l’articolo 4 del DPR 24 settembre 2004, n. 272, riguardante il regolamento di accesso alla qualifica di dirigente, al posto dell’articolo 421 del testo unico (D.Lgs 297/1994) che prevedeva, nella commissione anche la presenza di un ispettore tecnico insieme a tre docenti universitari e ad un funzionario della pubblica amministrazione.

Anche questo costituisce un segnale di spostamento dell’asse culturale: dal piano pedagogico, la cifra cioè che caratterizzava l’atipicità del dirigente tecnico, al piano giuridico amministrativo, che avvicinerà sempre di più il dirigente tecnico a quello amministrativo.

È una questione importante che dovrà, in futuro, ridiventare oggetto di profonda riflessione e di accurate scelte.

 

 

 

 

 

Art. 421 D.Lgs 297/1994

Art. 4 DPR 24 settembre 2004 n. 272

1.    Le commissioni dei concorsi a posti di ispettore tecnico sono nominate con decreto del direttore generale o capo del servizio centrale competente e sono composte da:

a) tre docenti universitari, dei quali almeno due che professino un insegnamento compreso nel settore disciplinare di cui trattasi;

b) un funzionario dell'amministrazione della pubblica istruzione con qualifica di dirigente;

c) un ispettore tecnico.

2.    Almeno un terzo dei componenti della commissione esaminatrice deve essere di sesso femminile, salvo motivata impossibilità.

3.    Per i concorsi relativi al contingente per gli istituti d'arte e i licei artistici, i membri di cui alla lettera a) sono scelti, a seconda del tipo di concorso, anche tra i direttori ed i docenti delle Accademie di belle arti, dei Conservatori di musica, dell'Accademia nazionale di danza e dell'Accademia nazionale d'arte drammatica

4.    Il presidente è nominato tra i membri di cui alla lettera a) del comma 1.

 

1.  La commissione esaminatrice del concorso è nominata con decreto dell'Organo di governo dell'amministrazione che indice il concorso, ed è composta da un numero dispari di membri, di cui uno con funzioni di presidente.

2.  Il Presidente della commissione è scelto tra magistrati amministrativi, ordinari, contabili, avvocati dello Stato, dirigenti di prima fascia, professori di prima fascia di università pubbliche o private designati nel rispetto delle norme dei rispettivi ordinamenti di settore.

3.  I componenti sono scelti tra dirigenti di prima fascia delle amministrazioni pubbliche, professori di prima fascia di università pubbliche o private, nonchè tra esperti di comprovata qualificazione nelle materie oggetto del concorso.

4.  Le funzioni di segretario sono svolte da personale appartenente all'area professionale C.

5.  La commissione esaminatrice può essere integrata da uno o più componenti esperti nelle lingue straniere oggetto del concorso e da uno o più componenti esperti di informatica.

6.  Almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso è riservato alle donne.

 

 

Mariella Spinosi