Riforma della scuola secondaria superiore

 

 

 

 



Parte la riforma della scuola secondaria superiore

Il 4 febbraio u.s. il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera definitivo ai regolamenti relativi alla riforma dei licei, degli istituti professionali e tecnici. Si partirà, quindi, nell’a.s. 2010-2011, con le prime classi ed entro il 26 marzo p.v. le famiglie dovranno presentare le domande di iscrizioni sulla base dei nuovi indirizzi. Sarà cura delle scuole, come sempre, fornire tutte le informazioni necessarie per l’orientamento. Allo scopo il Ministero ha messo a disposizione una brochure con le informazioni essenziali, una “google maps” per poter rintracciare la scuola superiore alla quale ci si intende iscrivere, una guida molto articolata di 130 pagine.

Siamo tutti, però, consapevoli che, malgrado tali aiuti, le azioni di orientamento non potranno essere analoghe a quelle degli anni passati e che questa prima fase informativa potrà presentare alcuni problemi: le regioni avrebbero potuto associare la riforma con il dimensionamento e la riorganizzazione dell’offerta formativa sul territorio – operazione sensata che avrebbe cambiato gli attuali assetti – ma poche sono quelle riuscite nell’intento; le tabelle di confluenza, note da diversi mesi, hanno subito alcune recenti modifiche che hanno conseguentemente cambiato le prime ipotesi riorganizzative; molte istituzioni scolastiche, infatti, sulla base delle prime tabelle, avevano già ipotizzato e pubblicizzato (malgrado i richiami alla cautela da parte degli uffici scolastici regionali) l’attivazione di indirizzi nuovi per arricchire l’offerta formativa; le confluenze dal vecchio al nuovo ordinamento sono state di fatto realizzate dal sistema informativo secondo alcuni automatismi; ma allo stato attuale (1° marzo 2010) non tutte le istituzioni scolastiche sanno con esattezza su quanti indirizzi possono contare in quanto sembrano possibili aggiustamenti in itinere alle tabelle fornite dal sistema. Tutto ciò fa presupporre che le scuole si troveranno a gestire una fase molto delicata e che ad esse sono richiesti: un forte impegno, una certa prudenza e molta intelligenza.

 

Le parole chiave

I contenuti e le caratteristiche della riforma vengono presentati con alcune parole chiave, sintetizzate in quattro slogan:

  • stop alla frammentazione
  • meno ore più approfondimento
  • qualità e modernizzazione
  • nel territorio, aperti al lavoro

L’aspetto più rilevante, quello che salta subito agli occhi, è la drastica riduzione degli innumerevoli indirizzi presenti attualmente nelle secondarie. Se si intende apportare nel tempo un miglioramento reale nel sistema scolastico italiano questo rappresenta sicuramente un primo passo, tanto importante quanto ineludibile.


Qualche dato

a.    I Licei si articolano in 396 indirizzi e 51 progetti assistiti. La riforma prevede 6 licei (classico, scientifico, linguistico, artistico, musicale e coreutica, scienze umane), di questi solo tre hanno la possibilità di opzioni (indirizzi): lo scientifico ha la possibilità di attivare le “scienze applicate”; il liceo delle scienze umane ha l’opzione “economico-sociale”, mentre al liceo artistico è data la possibilità di avere ben sei indirizzi.

b.    Gli istituti tecnici attualmente sono divisi in 10 settori e 39 indirizzi (ci sono, di fatto, 204 tipologie di istituti tecnici). La riforma prevede due settori (tecnologico ed economico) e undici indirizzi.

c.    Gli istituti professionali sono articolati in 5 settori e 27 indirizzi. La riforma prevede due settori (dei servizi ed industria e artigianato) e sei indirizzi.

Con il secondo slogan (meno ore più approfondimento) si dice che la riduzione del numero delle ore di lezione in tutti gli indirizzi è finalizzato a rendere più sostenibile il carico orario delle lezioni per gli studenti, recependo quanto ci viene raccomandato nelle indicazioni degli organismi internazionali (OCSE). Però si deve altresì considerare che si tratta di ore effettive di 60 minuti, conseguentemente la riduzione oraria è solo virtuale per gli studenti che verranno comunque ad usufruire di un monte ore effettivo quasi superiore a quello vigente. Per i docenti, invece, si tratta di una riduzione drastica. Molti di essi si troveranno, numerosi, nelle liste dei perdenti posto.

 

Una riforma epocale?

È indubbio che un’azione di contenimento delle scelte, di razionalizzazione mirata, di organicità sia la condizione di base per incamminarsi verso un processo innovativo che dovrebbe migliorare la qualità del nostro sistema d’istruzione e di formazione. Ma questa riforma è stata salutata come “epocale”. Su questo molti osservatori hanno espresso non poche perplessità. In realtà la riforma appare come una sobria scelta di continuità rispetto alla tradizione, seppure migliorata nei punti critici e depurata di alcune “abitudini” poco professionali che si erano radicate nel tempo (es. ore di 50 minuti).

Da uno sguardo, seppure di superficie, la prima ipotesi Moratti-Bertagna (con la riduzione a quattro anni della scuola superiore) e la stessa riforma Berlinguer (che aveva ipotizzato il settennio per la scuola di base) sarebbero state entrambe molto più innovative e di rottura. Sappiamo, però che quando si vanno a toccare abitudini radicate nella storia, nella vita e nelle abitudini più profonde delle persone, un cambiamento radicale diventa difficile da realizzare e da gestire. Meglio allora optare per modesti restyling. È dentro il processo di restyling che inseriamo la riduzione degli indirizzi, la riconduzione delle ore a 60 minuti e la relativa diminuzione (formale) del numero complessivo del monte ore, ma anche la pari dignità del percorso dei tre settori (licei, tecnologico e professionale): questione che in anni non lontani ha fatto a lungo discutere. Certo è che la quinquennalizzazione degli istituti professionali se risolve il dilemma sulla “pari dignità” ne lascia aperti altri: il problema delle qualifiche, della tipologia delle qualifiche, dei rapporti con le regioni, della tenuta stessa del quinquennio.

 

Un aiuto al contenimento della spesa pubblica

È anche noto, però, che la riforma coniuga esigenze di cambiamento con bisogni di natura economica. Non si tratta come è avvenuto in passato di “riformare” investendo sul processo di cambiamento, anzi al contrario: la situazione di crisi, che ha colpito non solo l’Italia, ha imposto la politica dei risparmi e dei tagli, senza escludere alcun settore, neanche quelli più vitali come la sanità, la ricerca e la scuola.

Anche se nessuno può ignorare gli effetti della crisi (la disoccupazione è quello più evidente), anche se è “difficile” recuperare fondi per investire su settori strategici (come sarebbe ovvio), resta il fatto che la riduzione delle risorse non rende credibile l’ipotesi che una riforma (seppure sobria e continuista) possa migliorare la qualità degli esiti formativi degli studenti. Non sarà facile evitare il malcontento che seguirà l’annunciata riduzione degli organici. La nostra preoccupazione è che passi tra gli studenti, gli insegnanti, tra tutti coloro che si dedicano alla scuola un messaggio negativo, che essi, cioè, non rappresentino una risorsa importante, ma solo uno spreco per l’economia e un ingombro per l’amministrazione. Un tale messaggio non favorirà di certo un clima positivo, che è condizione prima per poter realizzare qualsiasi cambiamento.

 

È possibile rimotivare al cambiamento?

Probabilmente ci saranno richieste di conservare ciò che, fino ad oggi, ha funzionato bene; alcuni chiederanno, con giustificazioni di varia natura, di mantenere anche alcune situazioni spurie (ore di 50 minuti, rigidità delle cattedre, lo stesso monte ore disciplinare…). Ma non sono queste le strategie da assecondare. Si tratta piuttosto di offrire alternative credibili (seppure all’interno dell’attuale crisi economica) volte a rimotivare i docenti, ad aiutare a costruire logiche di sistema, a migliorare la governance.

La didattica, specialmente negli istituti superiori, è ancora prevalentemente basata sulla lezione ex cathedra, sul manuale, su “lavagna e gesso”. L’approccio laboratoriale rappresenta una scelta eccezionale anziché un modo normale di affrontare l’insegnamento. Si dice da decenni che bisogna porre al centro lo studente, ma esso continua ad essere, molto spesso, solo destinatario di informazioni. Da sempre si condivide la necessità di individualizzare e personalizzare l’intervento didattico ma, di fatto il fare scuola  resta una “pratica” pressoché identica per tutti.

Anche se è necessario garantire una base culturale uguale per ogni studente (è quella che permette ad ognuno di diventare cittadino responsabile), è tuttavia importante che la scuola offra contestualmente una serie di opportunità grazie alle quali ognuno possa ritrovarvi le proprie “vocazioni”.

Negli annunci ufficiali risuona l’idea che “qualità e modernizzazione” sono alla base dello spirito di questa Riforma, cioè “una scuola nuova al passo con i tempi, in cui si privilegia la qualità dell’insegnamento rispetto alla quantità del carico orario e all’eccessivo numero di materie”. Ma la qualità, la professionalità, il miglioramento delle pratiche didattiche non sono processi spontanei che avvengono solo perché qualcuno ne ravvisa la necessità. C’è bisogno di un impegno forte, di una progettualità seria, di idee vincenti accompagnate da interventi operativi non fugaci ma continui e sistematici.

È possibile pretendere di essere accompagnati in questo processo di cambiamento anche in piena crisi economica? È possibile investire sulle idee e sulle persone che sanno portarle avanti?

I docenti sono consapevoli dei loro compiti, ma hanno costantemente bisogno di essere rimotivati. Diversamente è facile cadere nel disinteresse, nell’inerzia, nella passività, se non addirittura in atteggiamenti negativi e controproducenti. E alla scuola per crescere servono, invece, persone che abbiano passioni, curiosità ed emozioni sempre vive.

Resta ancora la risorsa dell’autonomia. Ma anche qui dobbiamo ricordare che i fondi dedicati sono diminuiti vertiginosamente rispetto al passato e che, tuttavia, poche sono state le scuole che hanno dimostrato di saperne usufruire. Neanche l’autonomia è un dato su cui fondare la garanzia dei risultati. L’autonomia non ha raggiunto la sua maturità, malgrado sia passato un decennio: essa va ancora accompagnata, incoraggiata e sostenuta.

Mariella Spinosi

 

 

Piano degli studi dei sei licei con i relativi indirizzi