Si torna, finalmente, a parlare di Indicazioni per il primo ciclo

Circolare ministeriale 18 aprile 2012, n. 31: Revisione delle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Servizio redazionale di Mariella Spinosi.

Tre anni fa (eravamo nel marzo del 2009) si accolse con molto interesse le dichiarazione di intenti dei decisori politici di assegnare alle scuole la responsabilità della revisione delle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.

Così in effetti emergeva dal DPR del 20 marzo 2009, n. 89 che prorogava di un triennio la messa alla prova delle attività predisposte dalle istituzioni scolastiche e annunciava che si sarebbe data particolare importanza agli esiti di tali attività a partire da un apposito monitoraggio.

In questi tre anni tuttavia le scuole sono state prese da altre urgenze, a causa soprattutto della riduzione delle risorse organiche, ed hanno conseguentemente affievolito l’interesse e l’impegno sulle Indicazioni, relegandole alle buone (o meno buone) routine didattiche.

D’altra parte, neanche a seguito dello stesso DPR 89/2009 è emersa una particolare attenzione istituzionale al problema, tale da favorire la trasformazione degli intenti in atti concreti. Ed è noto che qualsiasi annuncio rischia di non produrre gli esiti sperati se non è accompagnato da sollecitazioni e investimenti mirati.

Allo scadere del triennio si torna necessariamente sulla questione. Una circolare (la n. 31 del 18 aprile 2012), che si fa apprezzare per la sua chiarezza, annuncia una serie di azioni finalizzate alla stesura, entro il 31 agosto 2012, di un testo definitivo, dopo una attenta revisione dei testi precedenti.

 

Si parte dal documento del 2007

La circolare 31/2012 mette bene in evidenza che la base del processo di revisione e consolidamento è il documento “Indicazioni per il curricolo” di cui al DM 31 luglio 2007, sciogliendo definitivamente alcuni possibili dubbi conseguenti alla dizione del comma 3 dell’art 1 del DPR 89/2009 laddove si diceva che “in sede di prima attuazione del regolamento (…) si applicano le Indicazioni nazionali di cui agli allegati A, B, C e D del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, come aggiornate dalle Indicazioni per il curricolo di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 31 luglio 2007”.

La scelta ci appare opportuna e sensata perché le Indicazioni del 2007 hanno avuto sicuramente alcuni meriti, tra cui:

  • la semplificazione terminologica rispetto alle Indicazioni nazionale del 2004;

  • l’attenzione al curricolo verticale e alle competenze;

  • la riconsegna alla scuola e ai suoi protagonisti della gestione dei processi di innovazione;

  • la centralità della classe come gruppo, la promozione dei valori di cittadinanza e dei legami cooperativi, il rispetto e la tutela dell’ambiente, la cura dell’affettività e della relazione;

  • la tensione verso il nuovo umanesimo nella consapevolezza delle responsabilità di ognuno nei confronti del futuro dell’umanità;

  • la ricomposizione dei grandi oggetti della conoscenza per superare la frammentazione delle discipline.

La scelta di ripartire da un testo che le scuole hanno ben accolto condividendone natura, obiettivi e linguaggio, rappresenta un punto di forza. Ma non va trascurato il fatto che le scuole stanno vivendo un momento assai delicato. L’investimento di energie che si chiede a dirigenti e docenti su questo tema dovrà essere necessariamente supportato con buoni strumenti, non necessariamente dispendiosi, ma tali da far sentire tutti protagonisti o, comunque, parti fondamentali del processo in atto. Come fare?

 

Modalità di lavoro

La circolare 31/2012 indica in premessa tre punti importanti del processo di revisione: il termine di scadenza (31 agosto 2012); la base di partenza (Indicazioni 2007); il tipo di iter di consultazione delle scuole (breve ma intenso).

Questi punti appaiono assai condivisibili e, quindi, degni di apprezzamento. È, pertanto, dovere e responsabilità di tutti attivarsi per garantire, all’intera operazione, buoni risultati.

Ciò non significa tuttavia ignorare le difficoltà che si possono incontrare, proprio a partire da alcune fragilità dell’impianto, radicate a monte, a causa soprattutto del silenzio istituzionale negli anni 2009-2012. Anzi, solo evidenziandole si ha la possibilità di superarle.

C’è, innanzitutto, una prima debolezza: quella legata ai tempi per attuare l’intero processo. Di fatto, se consideriamo che la circolare è datata 18 aprile e che potrà diventare operativa, nella migliore delle ipotesi, nel mese di maggio; se pensiamo che gli Uffici scolastici regionali non sono stati ancora direttamente coinvolti per il necessario coordinamento territoriale; se aggiungiamo, come prima accennato, le attuali difficoltà delle scuole… tutto ciò può creare qualche preoccupazione sulla realizzabilità della tabella di marcia, annunciata nello stesso documento.

 

Modalità di lavoro – Tabella di marcia

FASE 1 – Monitoraggio

Restituzione alle scuole degli esiti del monitoraggio svolto secondo le indicazioni date con C.M. n. 101/2011.

FASE 2 – Prima bozza

Predisposizione di una prima bozza del documento sulla base degli esiti del monitoraggio, della consultazione diretta delle scuole e dei contributi degli esperti. Si terrà conto, inoltre, delle memorie inviate dalle società scientifiche, dalle associazioni disciplinari e professionali e dalle organizzazioni sindacali già audite in occasione della elaborazione delle Indicazioni nazionali del 2007.

FASE 3 – Consultazione telematica

Consultazione telematica delle scuole sui nodi principali della bozza del nuovo testo.

FASE 4 – Testo definitivo

Il testo definitivo, integrato con le modifiche suggerite dalla consultazione, dopo un’ultima revisione linguistica e grafica, verrà adottato mediante regolamento ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1998, n. 400.

 

Tutte le azioni enunciate nella tabella di marcia devono, dunque, essere contenute in un arco temporale contrassegnato dalla pubblicazione degli esiti del monitoraggio (vedi nota MIUR 2 aprile 2012, prot. n. 2085) e dalla deadline del 31 agosto 2012, data ultima per l’emanazione del testo definitivo. Cerchiamo di capire meglio tutti i passaggi.

 

Prima fase: monitoraggio

Il monitoraggio, come è ben precisato dalla nota citata del 2 aprile u.s., non aveva l’obiettivo di rilevare l’orientamento delle scuole in merito alla scelta o all'attuazione delle Indicazioni nazionali (2004) o delle Indicazioni per il Curricolo (2007), non aveva una finalità referendaria rispetto all'una o all'altra opzione. Aveva invece lo scopo di capire come insegnanti e dirigenti stanno reagendo all'impatto dell’autonomia sul primo ciclo, conoscere, quindi, il contesto di riferimento all'interno del quale le scuole hanno sperimentato “Indicazioni” e “riforme del sistema”. Si voleva conoscere altresì le modalità con cui gli operatori scolastici hanno percepito e attuato il cambiamento complessivo, partendo dagli strumenti offerti dall'autonomia scolastica.

Gli intenti, almeno sul piano teorico, appaiono degni di apprezzamento per alcune ragioni facilmente intuibili, come quella, per esempio, di evitare l’accentuazione del conflitto Indicazioni/2004 e Indicazioni per il curricolo/2007, o quella di eludere le possibile reazioni negative a seguito di domande troppo dirette e, contestualmente, di far emergere una visione d’insieme interrelando le diverse risposte.

Tuttavia, se vogliamo leggere correttamente gli esiti del monitoraggio, abbiamo bisogno di tener presente il contesto culturale ed umorale delle scuole.

I tre anni di silenzio che l’hanno preceduto hanno affievolito, come è stato detto, l’attenzione e l’impegno dei docenti intorno alle Indicazioni, coivolti soprattutto sulle modifiche ordinamentali e sui tagli agli organici. Pochi Uffici scolastici regionali sono stati in grado di avviare sul monitoraggio azioni di sensibilizzazione. Purtroppo molti osservatori (es. Sindacati, Associazioni, gli stessi UUSSRR…) hanno registrato che tale operazione è stata considerata molto marginale, in molti casi relegata alle azioni residuali dell’ “impiegato” momentaneamente meno coinvolto nella gestione.

Alcuni esiti appaiono tuttavia in sintonia con la percezione avvertita dalla maggior parte delle persone di scuole. Per esempio: il 61% delle scuole ha visto nelle Indicazioni per il curricolo l’elemento principale di cambiamento; il 96% ha predisposto attività di ampliamento dell’offerta formativa; sembra che il 95% abbia praticato la continuità verticale, anche se lo strumento prevalente utilizzato resta quello delle commissioni.

Questi ed altri dati riguardano tuttavia il quadro dello stato dell’arte dell’autonomia piuttosto che la messa alla prova delle Indicazioni e confermano, senza aggiungere altro, quanto già ampiamente intuibile attraverso evidenze empiriche.

Resta il fatto che l’esigenza di un quadro di riferimento unitario per il primo ciclo e per la scuola dell’infanzia è un obiettivo condiviso da tutti, come quello di uscire dall'attuale ambiguità. Ma, alla luce delle precedenti considerazioni, sarà necessario aumentare l’impegno di tutti perché tale esigenza possa essere veramente soddisfatta. Non possiamo ignorare che fino ad oggi sono mancati alcuni presupposti basilari: il pieno e reale coinvolgimento di tutti gli operatori scolastici; un collegamento trasparente con le migliori prassi; un ampio dibattito nel Paese in modo da portare a valore e sintesi i diversi “pensieri” presenti nella società perché essa possa riconoscersi nella scuola del paese.

Per queste ragioni, sarebbe buona cosa mirare ora, per quanto sia possibile, a rimotivare prima di ogni altra cosa tutto il personale della scuola attraverso sensate e realistiche forme di partecipazione.

 

Seconda fase: predisposizione di una prima bozza

Predisporre una bozza e far intervenire le scuole in merito è un’azione indispensabile per evitare (come spesso è accaduto in passato) che le decisioni arrivino dall’alto e che non producano conseguentemente gli effetti sperati. In genere, però, secondo le migliori tradizioni (si pensi per esempio alla lunga gestazione del Regolamento dell’autonomia), una bozza viene preparata da una apposita commissione, dopo una serie di attività: predisposizioni di documenti provvisori, seminari tematici, coinvolgimento di tecnici, consultazione dei soggetti direttamente e indirettamente interessati… Ma queste, pur essendo azioni molto importanti che garantiscono la partecipazione, richiedono tempi lunghi e ritmi diversi da quelli imposti dalle scadenze istituzionali.

La circolare 31/2012 vorrebbe rassicurarci dichiarando che la bozza verrà formulata sulla base:

  • degli esiti del monitoraggio;

  • della consultazione diretta delle scuole;

  • dei contributi degli esperti;

  • delle memorie inviate dalle società scientifiche, dalle associazioni disciplinari e professionali e dalle organizzazioni sindacali.

Relativamente al monitoraggio, in realtà, per le ragioni già espresse, gli esiti non ci sembrano particolarmente significativi e fondanti.

La consultazione costituisce sempre lo strumento principe, ma la circolare non ci dice come saranno sentite le scuole. Nella nota si annuncia, infatti, una consultazione telematica “sulla bozza”, non “sulla preparazione della bozza”.

Si ignorano, inoltre, i nomi degli esperti che invieranno i contributi e come questi verranno considerati insieme alle memorie delle associazioni e dei sindacati consultati. Ci piacerebbe conoscere inoltre il “soggetto” (commissione tecnica, gruppo redazionale, o altro) chiamato ad assumersi la responsabilità dell’operazione. La pubblicità dei nomi (tanto più se di bravi professionisti) avrebbe permesso alle scuole di sentirsi maggiormente parte del processo; la segretezza crea invece diffidenza e distanza.

Essendo ancora nelle fasi preliminari, siamo sicuri che un ulteriore apporto informativo e un coinvolgimento più diretto potrebbero garantire una maggiore partecipazione e, conseguentemente, anche risultati migliori. Per esempio si potrebbe chiedere agli uffici scolastici regionali di non limitarsi solo a diffondere la circolare ma a farsi da tramite per la consultazione diretta delle scuole, a realizzare focus e seminari anche al fine di approfondire gli esiti del monitoraggio e di capire meglio i possibili sviluppi. Nella circolare si dice che verranno valutati tempi e modi per organizzare incontri a livello nazionale o regionale per raccogliere le esperienze più significative. Ma il rinvio di tale importante operazione potrebbe compromettere la tabella di marcia che già non lascia margini temporali. Sollecitiamo quindi una maggiore tempestività in modo che gli stessi uffici regionali possano predisporre fin da subito le condizioni che rendano fattibile il processo.

 

Terza fase: Consultazione telematica

Sarebbe smentire i tempi se rifiutassimo gli strumenti telematici per mettere alla prova la bozza, che dovrà costituire la base per il documento finale delle Indicazioni.

Ma la consultazione, pur avendo un valore in sé, non garantisce di per sé il risultato. Dobbiamo tener conto di alcuni fattori: la consapevolezza dell’importanza dell’azione; la voglia di esprimersi per offrire un contributo; quindi il sentirsi parte del processo; ma anche, più banalmente, poter fruire di un sistema telematico che non si frapponga come ostacolo, che non crei eccessive difficoltà tecniche.

Se le scuole capiranno il senso della richiesta, se non la sentiranno lontana dalle priorità del momento, se non saranno sopraffatte da altre urgenze, il risultato della consultazione potrà sicuramente produrre effetti. È necessario, per queste ragioni, che tutta l’operazione sia preceduta da azioni di sensibilizzazione, che possano riportare la questione delle Indicazioni tra le attuali priorità dei docenti e dei dirigenti.

 

Quarta fase: Testo definitivo

Il termine inderogabile per la stesura del testo definitivo è quello del 31 agosto 2012, ma è importante che non ci siano incidenti di percorso e che si apportino contestualmente alcuni correttivi migliorativi. Non possiamo ignorare che le operazioni, come abbiamo visto, sono complesse e delicate e che il tempo a disposizione è molto limitato. Un rischio potrebbe essere quello di non arrivare alla stesura finale, ma peggio ancora è di arrivarci con un testo scadente o non riconosciuto dagli insegnanti.

Va ricordato che i docenti nel 2007 hanno salutato positivamente il documento delle Indicazioni per il curricolo, senza tuttavia ignorare gli elementi di criticità. Ciò è avvenuto perché vi si ritrovavano temi appartenenti alla cultura pedagogica corrente. Ricordiamo, per esempio, l’importanza assegnata all’unitarietà del curricolo, alla scuola come ambiente di apprendimento, alla costruzione sociale della conoscenza, ai valori della cittadinanza e della convivenza democratica, alla centralità della persona che apprende, al modello laboratoriale. In tal modo il documento del 2007 ha permesso alla scuola di acquisire una maggiore coscienza dei propri saperi professionali, di riappropriarsene e di enfatizzarli.

Se il nuovo documento intende superare alcuni limiti, comunque presenti nel testo del 2007, deve ripartire dalla cultura diffusa, rilanciarla utilizzando contestualmente tutti gli strumenti che aiutano a correggere ciò che non sta funzionando.

Si potrebbe ripensare, per esempio, alla scelta (assai debole) del documento del 2007 di aggregare le discipline in aree. Va ricordato, a questo proposito, che il comma 2 dell’articolo 4 del Regolamento dell’autonomia affidava già alla scuola tale compito: Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro: (…) l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari”.

Se poi pensiamo all’organizzazione quotidiana della vita scolastica ci rendiamo conto che l’assegnazione ai docenti di un gruppo di discipline avviene, nella maggior parte dei casi, per motivi di natura organizzativa; a volte anche in virtù delle competenze degli stessi insegnanti; comunque sempre sulla base degli organici d’istituto.

Anche se prendiamo in considerazione la disciplina in sé non possiamo non convenire che essa costituisce già un ambito o un’area. Va, inoltre, ricordato che qualsiasi tipo di aggregazione “imposto per legge” non potrà mai garantire tout court una visione unitaria del sapere.

Ciò non significa, tuttavia, che la scelta delle Indicazioni 2007 non abbia aiutato a ragionare sulle relazioni tra i saperi, a superare una didattica frontale ed espositiva, andando alla ricerca di modalità di insegnamento più attive e partecipate. Ma sono ragioni deboli perché gli stessi risultati possono essere conseguiti con altri mezzi.

 

Profili e competenze

Nella circolare si dichiara con molto coraggio che la definizione dei profili di competenze dovrà essere chiara e priva di ambiguità anche al fine di consentire una coerente definizione del modello nazionale di certificazione di competenze.

Crediamo che questo sia il punto più ambizioso a causa, soprattutto, della debolezza, su questo materia, della nostra cultura pedagogica nazionale. A parziale riprova ricordiamo che nelle Indicazioni 2007 non si parla di standard, non vengono indicati gli oggetti della valutazione esterna, non si specifica quali traguardi devono esser certificati (e se devono essere certificati), non si entra nel merito di modelli nazionali di valutazione e di certificazione delle competenze, ma si Interpreta lo “stato dell’arte” della “cultura valutativa nazionale”, la si ripropone alle scuole come oggetto di riflessione attraverso gli strumenti dell’autonomia didattica, organizzativa e, soprattutto, di ricerca. E ciò che le scuole hanno tentato di fare in questi anni sollecitate anche da altri fronti (indagini OCSE-PISA, prove Invalsi, sperimentazioni sulla valutazione esterna…)

La scelta stessa di una termologia ambigua ed intrigante come “traguardi per lo sviluppo delle competenze” confermava l’attenzione al processo in atto piuttosto che agli esiti. Solo nel termine “traguardi” si poteva intravedere l’intento dello Stato nazionale ad assumersi una precisa responsabilità nei confronti delle giovani generazioni. Ma tale responsabilità veniva subito attutita dal concetto di “sviluppo” che stava a sottolineare l’idea di processualità, di cambiamento. Le “competenze”, collegate al termine sviluppo, mettevano altresì in luce la propria natura mutazionale e situazionale, la loro validità temporanea, la capacità di mobilitare e coordinare altri saperi e abilità.

L’ambizione del nuovo testo è, dunque, quello di sciogliere tali ambiguità e di pervenire alla definizione di profili di competenze riconoscibili ed identificabili attraverso un modello nazionale di certificazione. Ma qui bisogna rapportarsi anche con il modello di certificazione già esistente per l’obbligo d’istruzione (DM 27 gennaio 2010, n. 9) e con quanto nel frattempo è stato elaborato per la certificazione al termine del primo ciclo d’istruzione.

 

Mariella Spinosi